Scritta da: Giuliana Z.
in Poesie (Poesie personali)
Gabbiano lagunare
Bella è venezia
al calar del sole,
il gabbiano stride
di un canto goffo.
Soave il suo volo
libra nell'aria
a interpretar il suo ruolo.
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Bella è venezia
al calar del sole,
il gabbiano stride
di un canto goffo.
Soave il suo volo
libra nell'aria
a interpretar il suo ruolo.
Oggi fuori piove... la pioggia cade fitta sui tetti zampillando ovunque... scivolando sui nitidi vetri della finestra schizzando e spruzzando le gocce una dietro l'altra... oltre gli scuri.
Ascolto il vento tra i miei capelli
tra gli alberi spogli e le foglie sul sentiero
come lacrime rossastre che avvolgono
bello l'autunno con il suo magico silenzio
e il mormorio del ruscello spumoso
la terra zuppa d'acqua, dalle, intense piogge
il mio spirito raccoglie ogni sensazione
come un fanciullo curioso di ogni novità,
grazia e leggiadria nel bosco spoglio
infiniti tappeti rossi delle foglie morte
la luce del giorno è breve, si prepara
il sentiero per l'inverno...
saggio e incandescente autunno nel cuore.
Dormono appesi
alle nuvole care questi sogni che la memoria
non cancella nel primo vento
e così s'agita l'animo indomito dei miei giorni.
Siamo come le onde
che non si arrendono
perché tutto
è destinato a passare,
anche il male
tranne il mare.
Sul muro della memoria ascolto la vita
di un paese sorto da echi di speranze
racchiusi in caverne di tufo millenario
dove sono nascosti tramonti e pianti.
Sento l'alito di uomini, donne e bambini
riscaldare il tempo racchiuso sui muri
dove le conchiglie marcano i millenni
della storia trascorsa sotto sole e luna.
La nostra vita umana ha tracciato strade
su questa nostra terra calpestata da passi.
Le grida di dolore, gioie, preghiere e morte
vagano nell'aria e la notte le chiude nei fiori.
Sulle anziane mura di città e paesi con storia
giacciono le voci, i nomi, la bellezza e allegria
di gente che ci ha tracciato gli umani cammini
regalandoci la speranza di incontrarci con Dio.
Al crepuscolo della nostra umana vita:
quando i giorni si allungano sotto il sole
le sere stentano a richiamare le stelle
gli occhi si chiudono per capire il silenzio
allora qualche lacrima scenderà solitaria
a lavare ricordi che ci nascondiamo dentro.
Il tempo ci ha scolpito il volto con molte rughe
dove abbiamo accartocciato i sogni realizzati
mentre certe voci giovanili si sentono lontano
come un eco racchiuso nella nostra memoria
che trasporta gli anni maturati nel duro lavoro
oggi chiusi negli acciacchi che l'età non perdona.
I nostri giorni trascorrono appesi a tanti ricordi
che ci invitano a dialogare con vecchie fotografie
dove i volti e i sorrisi ci parlano e ci interrogano
masticando il tempo trascorso chiuso negli occhi.
Le ore ce le marca l'orologio della torre silenziosa
che ci invita a tornare a casa appoggiati al bastone.
Tutti noi che abbiamo la fortuna di essere vecchi
ringraziamo il grande inventore dei bei tramonti
dove riposano tenui raggi di sole che si nasconde.
Aggrappiamoci con gioia alla nostalgia passata
in attesa che sboccino i fiori del nostro autunno
per portarceli sulla bara come ultimo nostro bacio.
Durante un passeggio lungo campi verdi di foraggio
dopo una curva i miei occhi si riempiono di colore:
sono i rossi papaveri aperti che salutano il tramonto
prima che arrivi la notte a chiudere gli occhi al giorno.
Mi fermo e ammiro il campo trapunto di chiazze vive
che la lieve brezza primaverile accarezza con dolcezza
mentre i tanti petali soffici e delicati s'inchinano al sole
che lentamente scende sul tramonto con delicatezza.
Racchiudo il momento in una foto mentre il sole scende.
Il rosso dei papaveri lentamente perde il suo splendore
per perdersi lenta nell'ombra mentre la luce si nasconde.
Mi incammino meditando sul rosso simbolo dell'amore.
Affido ai papaveri il messaggio degli amori teneri, delicati.
Alle rose rosse la gran passione dei primi amplessi amorosi.
Alle buganville color sangue una lunga vita agli sposi santi.
Gli altri colori li nascondiamo nel cuore per altre occasioni.
In un piccolo verde bosco fluviale
senza cammini né grandi animali
mi hanno accompagnato uccelli
invitandomi dolcemente a cantare.
Il sottobosco era pieno di alte erbe
tappeto verde che copriva le ferite
di tronchi abbattuti dal forte vento
con rami secchi vestiti di silenzio.
Un pomeriggio tiepido primaverile
mi accompagnava senza mormorare
mentre con un bastone e uno zaino
respiravo sentendo la natura cantare.
Mancava solo una bella pioggerellina
per dare un tocco di decorazione nuova
a questo bosco lasciato come Dio vuole
senza un aiuto alla natura che muore.
Nel giorno della mia dipartita,
squilli pure il cellulare.
In un meriggio assolato,
starò seduta sul muretto
ad osservare le scorribande
delle lucertole tra le fessure
dei mattoni.