Poesie d'Autore migliori


Scritta da: Valeria S
in Poesie (Poesie d'Autore)

Per il mio cuore

Per il mio cuore basta il tuo petto,
per la tua libertà bastano le mie ali.
Dalla mia bocca arriverà fino in cielo
ciò che stava sopito sulla tua anima.

È in te l'illusione di ogni giorno.
Giungi come la rugiada sulle corolle.
Scavi l'orizzonte con la tua assenza.
Eternamente in fuga come l'onda.

Ho detto che cantavi nel vento
come i pini e come gli alberi maestri delle navi.
Come quelli sei alta e taciturna.
E di colpo ti rattristi, come un viaggio.

Accogliente come una vecchia strada.
Ti popolano echi e voci nostalgiche.
Io mi sono svegliato e a volte migrano e fuggono
gli uccelli che dormivano nella tua anima.
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    Scritta da: Silvana Stremiz
    in Poesie (Poesie d'Autore)

    Capitano! Mio Capitano!

    O Capitano! Mio Capitano! Il nostro viaggio tremendo è terminato,
    la nave ha superato ogni ostacolo, l'ambìto premio è conquistato,
    vicino è il porto, odo le campane, tutto il popolo esulta,
    occhi seguono l'invitto scafo, la nave arcigna e intrepida;
    ma o cuore! Cuore! Cuore!
    O gocce rosse di sangue,
    là sul ponte dove giace il Capitano,
    caduto, gelido, morto.

    O Capitano! Mio Capitano! Risorgi, odi le campane;
    risorgo - per te è issata la bandiera - per te squillano le trombe,
    per te fiori e ghirlande ornate di nastri - per te le coste affollate,
    te invoca la massa ondeggiante, a te volgono i volti ansiosi;
    ecco Capitano! O amato padre!
    Questo braccio sotto il tuo capo!
    È solo un sogno che sul ponte
    sei caduto, gelido, morto.

    Non risponde il mio Capitano, le sue labbra sono pallide e immobili,
    non sente il padre il mio braccio, non ha più energia né volontà,
    la nave è all'ancora sana e salva, il suo viaggio concluso, finito,
    la nave vittoriosa è tornata dal viaggio tremendo, la meta è raggiunta;
    esultate coste, suonate campane!
    Mentre io con funebre passo
    Percorro il ponte dove giace il mio Capitano,
    caduto, gelido, morto.
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      Scritta da: Silvana Stremiz
      in Poesie (Poesie d'Autore)

      Anche questa mattina mi sono svegliato

      Anche questa mattina mi sono svegliato
      e il muro la coperta i vetri la plastica il legno
      si sono buttati addosso a me alla rinfusa
      e la luce d'argento annerito della lampada

      mi si è buttato addosso anche un biglietto di tram
      e il giallo della parete e tre righe di scritto
      e la camera d'albergo e questo paese nemico
      e la metà del sogno caduta da questo lato s'è spenta

      mi si è buttata addosso la fronte bianca del tempo
      e i ricordi più vecchi e la tua assenza nel letto
      e la nostra separazione e quello che siamo

      mi sono svegliato anche questa mattina
      e ti amo.
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        Scritta da: Silvana Stremiz
        in Poesie (Poesie d'Autore)

        Lettera alla madre

        "Mater dolcissima, ora scendono le nebbie,
        il Naviglio urta confusamente sulle dighe,
        gli alberi si gonfiano d'acqua, bruciano di neve;
        non sono triste nel Nord: non sono
        in pace con me, ma non aspetto
        perdono da nessuno, molti mi devono lacrime
        da uomo a uomo. So che non stai bene, che vivi
        come tutte le madri dei poeti, povera
        e giusta nella misura d'amore
        per i figli lontani. Oggi sono io
        che ti scrivo. " - Finalmente, dirai, due parole
        di quel ragazzo che fuggì di notte con un mantello corto
        e alcuni versi in tasca. Povero, così pronto di cuore
        lo uccideranno un giorno in qualche luogo. -
        "Certo, ricordo, fu da quel grigio scalo
        di treni lenti che portavano mandorle e arance,
        alla foce dell'Imera, il fiume pieno di gazze,
        di sale, d'eucalyptus. Ma ora ti ringrazio,
        questo voglio, dell'ironia che hai messo
        sul mio labbro, mite come la tua.
        Quel sorriso m'ha salvato da pianti e da dolori.
        E non importa se ora ho qualche lacrima per te,
        per tutti quelli che come te aspettano,
        e non sanno che cosa. Ah, gentile morte,
        non toccare l'orologio in cucina che batte sopra il muro
        tutta la mia infanzia è passata sullo smalto
        del suo quadrante, su quei fiori dipinti:
        non toccare le mani, il cuore dei vecchi.
        Ma forse qualcuno risponde? O morte di pietà,
        morte di pudore. Addio, cara, addio, mia dolcissima mater."
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          Scritta da: Eclissi
          in Poesie (Poesie d'Autore)

          In una notte bianca

          Ah, non avevo chiuso la porta,
          le candele non avevo acceso,
          non sai come, stanca,
          non mi risolvevo a coricarmi.

          Guardare come si spengono le macchie
          d'abeti nel buio del crepuscolo,
          inebriandomi al suono d'una voce
          che somiglia alla tua.

          E sapere che tutto è perduto,
          che la vita è un maledetto inferno!
          Oh, io ero sicura
          che saresti tornato.
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            in Poesie (Poesie d'Autore)

            Da poesia in forma di rosa - il libro delle croci

            Da quel gabbione uscii...
            Nessuno mi guardava.
            Per quale distrazione?
            Per quale pensiero immerso
            senza pietà nel cuore?
            Per quale esclusiva
            incomunicabile passione?
            Come una vecchia carta,
            un pezzo di giornale trascinato
            sul lastrico dal vento,
            vagavo, ignorato, contro i cantoni
            di marmo e ottone,
            gli alberelli severi del Nord,
            i vetri di una Banca...
            Il futuro dell'uomo!
            Nessuno sapeva più nulla della pietà,
            della speranza: sapevano
            in questa accanita città,
            solamente il futuro, come già seppero la vita.
            Ognuno l'aveva in cuore,
            passione quotidiana, scontata
            novità, luce della nuova storia.
            E io senza più capire
            cos'aveva potere d'importargli,
            di avere per loro significato
            di farli ridere, di farli piangere,
            ero un vecchio pezzo di giornale,
            trascinato dal nuovo vento
            tra i loro piedi di Angeli.
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