Poesie d'Autore migliori


Scritta da: Silvana Stremiz
in Poesie (Poesie d'Autore)

Inno

Al mattino, al meriggio, al fosco crepuscolo -
tu hai udito il mio inno, Maria!
In affanno e letizia - nel bene e nel male -
tu, madre di Dio, ancora rimani con me!
Quando più liete per me scorrevan le Ore,
e non una nuvola oscurava il mio cielo,
la tua grazia trepida guidava a te
l'anima mia perché non si smarrisse;
e ora che il Destino per me più addensa
le sue tempeste e in me confonde presente
e passato, fa' che almeno risplenda il futuro
e per me irraggi dolce speranza di te!
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    Scritta da: Silvana Stremiz
    in Poesie (Poesie d'Autore)

    Da "Avvento Notturno" Avorio

    Parla il cipresso equinoziale, oscuro
    e montuoso esulta il capriolo,
    dentro le fonti rosse le criniere
    dai baci adagio lavan le cavalle.
    Giù da foreste vaporose immensi
    alle eccelse città battono i fiumi
    lungamente, si muovono in un sogno
    affettuose vele verso Olimpia.
    Correranno le intense vie d'Oriente
    ventilate fanciulle e dai mercati
    salmastri guarderanno ilari il mondo.
    Ma dove attingerò io la mia vita
    ora che il tremebondo amore è morto?
    Violavano le rose l'orizzonte,
    esitanti città stavano in cielo
    asperse di giardini tormentosi,
    la sua voce nell'aria era una roccia
    deserta e incolmabile di fiori.
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      Scritta da: Silvana Stremiz
      in Poesie (Poesie d'Autore)

      Arano

      Al campo, dove roggio nel filare
      qualche pampano brilla, e dalle fratte
      sembra la nebbia mattinal fumare,
      arano: a lente grida, uno le lente
      vacche spinge; altri semina; un ribatte
      le porche con sua marra paziente;
      ché il passero saputo in cor già gode,
      e il tutto spia dai rami irti del moro;
      e il pettirosso: nelle siepi s'ode
      il suo sottil tintinnio come d'oro.
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        Scritta da: Silvana Stremiz
        in Poesie (Poesie d'Autore)
        Perché ti vedi giovinetta e bella,
        tanto che svegli ne la mente Amore,
        pres'hai orgoglio e durezza nel core.
        Orgogliosa sè fatta e per me dura,
        po' che d'ancider me, lasso, ti prove:
        credo che 'l facci per esser sicura
        se la vertù d'Amore a morte move.
        Ma perché preso più ch'altro mi trove,
        non hai respetto alcun del mì dolore.
        Possi tu spermentar lo suo valore.
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          Scritta da: Silvana Stremiz
          in Poesie (Poesie d'Autore)

          Pasqua

          A festoni la grigia parietaria
          come una bimba gracile s'affaccia
          ai muri della casa centenaria.

          Il ciel di pioggia è tutto una minaccia
          sul bosco triste, ché lo intrica il rovo
          spietatamente, con tenaci braccia.

          Quand'ecco dai pollai sereno e nuovo
          il richiamo di Pasqua empie la terra
          con l'antica pia favola dell'ovo.
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            Scritta da: Marzia Ornofoli
            in Poesie (Poesie d'Autore)

            Sonetto alla libertà da Eleuteria

            Non che io ami i tuoi figli, i cui occhi vuoti
            Vedono solo l'ansia che li opprime
            e le cui menti nulla sanno, e nulla vogliono sapere...
            Ma il ruggito delle tue democrazie,
            i tuoi regni di terrore, le tue grandi anarchie
            Come il mare rispecchiano le mie passioni più selvagge
            Dando un fratello alla mia rabbia: libertà
            Soloper questo le tue urla sgraziate
            Mi sono gradite; altrimenti tutti i re potrebbero
            Togliere ogni diritto alle nazioni con le fruste
            Insanguinate o cannoni traditori, e io
            Resterei indifferente... Invece,
            Invece questi cristi ce muoiono sulle barricate,
            Dio sa che sono con loro in qualche cosa.
            Composta venerdì 31 luglio 2009
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              Scritta da: Marzia Ornofoli
              in Poesie (Poesie d'Autore)

              È pieno inverno

              È pieno inverno, sono nudi gli alberi
              Tranne là dove si rifugia il gregge
              Stringendosi sotto il pino.
              Belano le pecore nella neve fangosa
              Addossate al recinto. La stalla è chiusa
              Ma strisciando i cani tremanti escono fuori,
              Scendono al ruscello gelato. Per ritornare
              Sconsolati indietro. Avvolti in un sospiro
              Sembrano i rumori dei carri, le grida dei pastori.
              Le cornacchie stridono in cerchi indifferenti
              Intorno al pagliaio gelato. O si acquattano
              Sui rami sgocciolanti. Si rompe il ghiaccio
              Tra le canne dello stagno dove sbatte le ali il tarabuso
              e allungando il collo schiamazza alla luna.
              Saltella sui prati una povera lepre,
              Piccola macchia scura impaurita
              e un gabbiano sperso, come una folata improvvisa
              Di neve, si mette a gridare contro il cielo.
              Composta martedì 11 agosto 2009
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                Scritta da: alessia14
                in Poesie (Poesie d'Autore)

                A vortice s'abbatte

                A vortice s'abbatte
                sul mio capo reclinato
                un suono d'agri lazzi.
                Scotta la terra percorsa
                da shembe ombre di pinastri,
                e al mare là in fondo fa velo
                più che i rami, allo sguardo, l'afa che a tratti erompe
                dal suolo che si avvena.
                Quando più sordo o meno il ribollio dell'acque
                che s'ingorgano
                accanto a lunghe secche mi raggiunge:
                o è un bombo talvolta ed un ripiovere
                di schiume sulle rocce.
                Come rialzo il viso, ecco cessare
                i tagli sul mio capo; e via scoccare
                verso le strepeanti acque,
                frecciate biancazzurre, due ghiandaie.
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                  Scritta da: Andrea De Candia
                  in Poesie (Poesie d'Autore)
                  Tua moglie, una conchiglia di mistero,
                  donna che si difende alle parole,
                  come Petrarca ne farei una dea.
                  È donna che ricerca smarrimenti
                  che cerca un'acqua torbida di morte
                  per poi ridiventare sirenetta.

                  Hai mai capito tu quelle ali unite
                  di troppo maneggevole farfalla
                  che vorrebbe volare oltre i momenti
                  di questa terra gonfia di confini?
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                    in Poesie (Poesie d'Autore)
                    Per tutti gli dei che in cielo governano
il genere umano e la terra, 
cos'è questo fermento? Perché tutte
mi guardate con occhi truci? 
Per i tuoi figli, se a presenziare un tuo parto
Hai mai invocato Lucina, 
per questo vano ornamento di porpora, 
per Giove che questo condanna, 
dimmi, perché mi guardi come una matrigna
o una belva ferita?
                    Così con voce tremante pianse il fanciullo,
                    quando impietrito fu spogliato,
                    un corpo immaturo che avrebbe intenerito
                    l'empio cuore dei traci.
                    Canidia allora, che fra i capelli arruffati
                    ha nodi guizzanti di vipere,
                    ordina che su fiamme della Còlchide
                    siano arsi cipressi funebri,
                    caprifichi divelti dai sepolcri,
                    uova di rospo viscido
                    sporche di sangue, penne di civetta,
                    erbe che vengono da Iolco
                    o dall'Iberia, patria di veleni, e ossa
                    strappate ai denti di una cagna.
                    Sàgana intanto, discinta e con i capelli
                    irti come riccio di mare
                    o cinghiale in fuga, sparge in tutta la casa
                    acqua del lago Averno.
                    Veia, che non è distolta da alcun rimorso,
                    scava a colpi di zappa
                    la terra, gemendo per la fatica:
                    qui seppelliranno il fanciullo
                    con solo il capo che affiora, come chi nuota
                    fuori dell'acqua ha solo il mento,
                    perché davanti ai cibi sempre nuovi e freschi
                    abbia a morire lentamente:
                    col midollo estratto e il fegato inaridito
                    si farà così un filtro d'amore,
                    quando le sue pupille sbarrate sul cibo
                    vietato si saranno spente.
                    Era presente anche Folia, la riminese
                    (così si crede a Napoli

                    fra gli sfaccendati e nelle città vicine),
                    che ama le donne come un uomo
                    e per magia con l'incanto della sua voce
                    strappa dal cielo luna e stelle.
                    E Canidia, livida di rabbia, rodendosi
                    coi denti l'artiglio del pollice,
                    senza ritegno disse:
                    'Dell'opera mia
                    fedeli testimoni,
                    Notte e Luna, regina del silenzio,
                    al tempo dei sacri misteri,
                    ora, ora assistetemi e l'ira divina
                    volgete sulle case ostili.
                    Mentre le fiere si nascondono negli orridi,
                    abbandonate a un dolce sonno,
                    fate che i cani di Suburra latrino
                    contro quel vecchio traditore e tutti ridano,
                    profumato così com'è di nardo,
                    che migliore non saprei fare.
                    Ma perché, perché non hanno effetto i veleni
                    spietati della barbara Medea?
                    Con questi, in fuga, si vendicò della figlia
                    del grande Creonte, la superba rivale,
                    quando il peplo avvelenato, datole in dono,
                    tra le fiamme rapì la sposa in fiore.
                    Nessuna radice nascosta in luoghi impervi,
                    nessuna erba m'è sfuggita,
                    e il letto, in cui dorme, tutte le mie rivali
                    dovrebbe per malia fargli scordare.
                    Per gli incantesimi d'un'altra maga, ahimè,
                    più sapiente, se ne va libero.
                    Ma ora, Varo, dovrai piangere a lungo:
                    per effetto di un filtro inusitato
                    correrai da me e a me tornerà il tuo cuore
                    non più attratto da cantilene marsiche.
                    Filtro più forte ti preparerò, più forte
                    te lo mescerò, visto che mi odi,
                    e il cielo sprofonderà nel mare e su questo
                    si stenderà la terra,
                    se tu per me non arderai d'amore
                    come la fiamma nera del bitumè.
                    A queste minacce il fanciullo più non tenta
                    d'intenerire quelle scellerate,
                    ma dopo lo smarrimento rompe il silenzio e
                    lancia, come Tieste, la sua maledizione:
                    'I filtri non possono mutare il destino
                    degli uomini, giusto o ingiusto che sia.
                    Vi maledirò; e questa maledizione
                    nessun sacrificio potrà espiarla.
                    Quando, messo a morte, sarò spirato, innanzi
                    vi comparirò nella notte come un demone,
                    larva che con gli artigli vi ghermirà il volto,
                    perché questo possono i morti,
                    e pesando sui vostri cuori inquieti,
                    nel terrore vi ruberò il sonno.
                    Nei villaggi da ogni parte la folla
                    vi lapiderà, streghe maledette,
                    e avvoltoi e lupi sull'Esquilino
                    dilanieranno le vostre membra insepolte:
                    questo dovranno vedere i miei genitori,
                    che, ahimè, mi sopravviverannò.
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