Poesie d'Autore migliori


Scritta da: Silvana Stremiz
in Poesie (Poesie d'Autore)

Arano

Al campo, dove roggio nel filare
qualche pampano brilla, e dalle fratte
sembra la nebbia mattinal fumare,
arano: a lente grida, uno le lente
vacche spinge; altri semina; un ribatte
le porche con sua marra paziente;
ché il passero saputo in cor già gode,
e il tutto spia dai rami irti del moro;
e il pettirosso: nelle siepi s'ode
il suo sottil tintinnio come d'oro.
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    Scritta da: Silvana Stremiz
    in Poesie (Poesie d'Autore)
    Perché ti vedi giovinetta e bella,
    tanto che svegli ne la mente Amore,
    pres'hai orgoglio e durezza nel core.
    Orgogliosa sè fatta e per me dura,
    po' che d'ancider me, lasso, ti prove:
    credo che 'l facci per esser sicura
    se la vertù d'Amore a morte move.
    Ma perché preso più ch'altro mi trove,
    non hai respetto alcun del mì dolore.
    Possi tu spermentar lo suo valore.
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      Scritta da: Silvana Stremiz
      in Poesie (Poesie d'Autore)

      Pasqua

      A festoni la grigia parietaria
      come una bimba gracile s'affaccia
      ai muri della casa centenaria.

      Il ciel di pioggia è tutto una minaccia
      sul bosco triste, ché lo intrica il rovo
      spietatamente, con tenaci braccia.

      Quand'ecco dai pollai sereno e nuovo
      il richiamo di Pasqua empie la terra
      con l'antica pia favola dell'ovo.
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        in Poesie (Poesie d'Autore)
        Per tutti gli dei che in cielo governano
il genere umano e la terra, 
cos'è questo fermento? Perché tutte
mi guardate con occhi truci? 
Per i tuoi figli, se a presenziare un tuo parto
Hai mai invocato Lucina, 
per questo vano ornamento di porpora, 
per Giove che questo condanna, 
dimmi, perché mi guardi come una matrigna
o una belva ferita?
        Così con voce tremante pianse il fanciullo,
        quando impietrito fu spogliato,
        un corpo immaturo che avrebbe intenerito
        l'empio cuore dei traci.
        Canidia allora, che fra i capelli arruffati
        ha nodi guizzanti di vipere,
        ordina che su fiamme della Còlchide
        siano arsi cipressi funebri,
        caprifichi divelti dai sepolcri,
        uova di rospo viscido
        sporche di sangue, penne di civetta,
        erbe che vengono da Iolco
        o dall'Iberia, patria di veleni, e ossa
        strappate ai denti di una cagna.
        Sàgana intanto, discinta e con i capelli
        irti come riccio di mare
        o cinghiale in fuga, sparge in tutta la casa
        acqua del lago Averno.
        Veia, che non è distolta da alcun rimorso,
        scava a colpi di zappa
        la terra, gemendo per la fatica:
        qui seppelliranno il fanciullo
        con solo il capo che affiora, come chi nuota
        fuori dell'acqua ha solo il mento,
        perché davanti ai cibi sempre nuovi e freschi
        abbia a morire lentamente:
        col midollo estratto e il fegato inaridito
        si farà così un filtro d'amore,
        quando le sue pupille sbarrate sul cibo
        vietato si saranno spente.
        Era presente anche Folia, la riminese
        (così si crede a Napoli

        fra gli sfaccendati e nelle città vicine),
        che ama le donne come un uomo
        e per magia con l'incanto della sua voce
        strappa dal cielo luna e stelle.
        E Canidia, livida di rabbia, rodendosi
        coi denti l'artiglio del pollice,
        senza ritegno disse:
        'Dell'opera mia
        fedeli testimoni,
        Notte e Luna, regina del silenzio,
        al tempo dei sacri misteri,
        ora, ora assistetemi e l'ira divina
        volgete sulle case ostili.
        Mentre le fiere si nascondono negli orridi,
        abbandonate a un dolce sonno,
        fate che i cani di Suburra latrino
        contro quel vecchio traditore e tutti ridano,
        profumato così com'è di nardo,
        che migliore non saprei fare.
        Ma perché, perché non hanno effetto i veleni
        spietati della barbara Medea?
        Con questi, in fuga, si vendicò della figlia
        del grande Creonte, la superba rivale,
        quando il peplo avvelenato, datole in dono,
        tra le fiamme rapì la sposa in fiore.
        Nessuna radice nascosta in luoghi impervi,
        nessuna erba m'è sfuggita,
        e il letto, in cui dorme, tutte le mie rivali
        dovrebbe per malia fargli scordare.
        Per gli incantesimi d'un'altra maga, ahimè,
        più sapiente, se ne va libero.
        Ma ora, Varo, dovrai piangere a lungo:
        per effetto di un filtro inusitato
        correrai da me e a me tornerà il tuo cuore
        non più attratto da cantilene marsiche.
        Filtro più forte ti preparerò, più forte
        te lo mescerò, visto che mi odi,
        e il cielo sprofonderà nel mare e su questo
        si stenderà la terra,
        se tu per me non arderai d'amore
        come la fiamma nera del bitumè.
        A queste minacce il fanciullo più non tenta
        d'intenerire quelle scellerate,
        ma dopo lo smarrimento rompe il silenzio e
        lancia, come Tieste, la sua maledizione:
        'I filtri non possono mutare il destino
        degli uomini, giusto o ingiusto che sia.
        Vi maledirò; e questa maledizione
        nessun sacrificio potrà espiarla.
        Quando, messo a morte, sarò spirato, innanzi
        vi comparirò nella notte come un demone,
        larva che con gli artigli vi ghermirà il volto,
        perché questo possono i morti,
        e pesando sui vostri cuori inquieti,
        nel terrore vi ruberò il sonno.
        Nei villaggi da ogni parte la folla
        vi lapiderà, streghe maledette,
        e avvoltoi e lupi sull'Esquilino
        dilanieranno le vostre membra insepolte:
        questo dovranno vedere i miei genitori,
        che, ahimè, mi sopravviverannò.
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          Scritta da: alessia14
          in Poesie (Poesie d'Autore)

          A vortice s'abbatte

          A vortice s'abbatte
          sul mio capo reclinato
          un suono d'agri lazzi.
          Scotta la terra percorsa
          da shembe ombre di pinastri,
          e al mare là in fondo fa velo
          più che i rami, allo sguardo, l'afa che a tratti erompe
          dal suolo che si avvena.
          Quando più sordo o meno il ribollio dell'acque
          che s'ingorgano
          accanto a lunghe secche mi raggiunge:
          o è un bombo talvolta ed un ripiovere
          di schiume sulle rocce.
          Come rialzo il viso, ecco cessare
          i tagli sul mio capo; e via scoccare
          verso le strepeanti acque,
          frecciate biancazzurre, due ghiandaie.
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            Scritta da: Andrea De Candia
            in Poesie (Poesie d'Autore)
            Tua moglie, una conchiglia di mistero,
            donna che si difende alle parole,
            come Petrarca ne farei una dea.
            È donna che ricerca smarrimenti
            che cerca un'acqua torbida di morte
            per poi ridiventare sirenetta.

            Hai mai capito tu quelle ali unite
            di troppo maneggevole farfalla
            che vorrebbe volare oltre i momenti
            di questa terra gonfia di confini?
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              Scritta da: Marzia Ornofoli
              in Poesie (Poesie d'Autore)

              È pieno inverno

              È pieno inverno, sono nudi gli alberi
              Tranne là dove si rifugia il gregge
              Stringendosi sotto il pino.
              Belano le pecore nella neve fangosa
              Addossate al recinto. La stalla è chiusa
              Ma strisciando i cani tremanti escono fuori,
              Scendono al ruscello gelato. Per ritornare
              Sconsolati indietro. Avvolti in un sospiro
              Sembrano i rumori dei carri, le grida dei pastori.
              Le cornacchie stridono in cerchi indifferenti
              Intorno al pagliaio gelato. O si acquattano
              Sui rami sgocciolanti. Si rompe il ghiaccio
              Tra le canne dello stagno dove sbatte le ali il tarabuso
              e allungando il collo schiamazza alla luna.
              Saltella sui prati una povera lepre,
              Piccola macchia scura impaurita
              e un gabbiano sperso, come una folata improvvisa
              Di neve, si mette a gridare contro il cielo.
              Composta martedì 11 agosto 2009
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                Scritta da: Katy X
                in Poesie (Poesie d'Autore)
                Me ne sono andato io,
                è vero.
                Io non ho voluto combattere
                la mia battaglia,
                non ho saputo difenderti
                fino in fondo.
                Ma a volte
                se penso a dove potresti
                essere ora, o con chi...
                se immagino che magari
                stai baciando un altro
                o lo stai andando a prendere
                perché lui ha preparato una sorpresa...
                provo un dolore,
                una piccola fitta di gelosia.
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