Poesie d'Autore migliori


Scritta da: Silvana Stremiz
in Poesie (Poesie d'Autore)

Dorcas Gustine

Non ero amato dagli abitanti del villaggio,
tutto perché dicevo il mio pensiero,
e affrontavo quelli che mancavano verso di me
con chiara protesta, non nascondendo né nutrendo
segreti affanni o rancori.
È assai lodato l'atto del ragazzo spartano,
che si nascose il lupo sotto il mantello,
lasciandosi divorare, senza lamentarsi.
È più coraggioso, io penso, strapparsi il lupo dal corpo
e lottare con lui all'aperto, magari per strada,
tra polvere e ululi di dolore.
La lingua è magari un membro indisciplinato —
ma il silenzio avvelena l'anima.
Mi biasimi chi vuole — io son contento.
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    Scritta da: Silvana Stremiz
    in Poesie (Poesie d'Autore)

    Il Pesco

    Penso a Livorno, a un vecchio cimitero
    di vecchi morti; ove a dormir con essi
    niuno più scende; sempre chiuso; nero
    d'alti cipressi.
    Tra i loro tronchi che mai niuno vede,
    di là dell'erto muro e delle porte
    ch'hanno obliato i cardini, si crede
    morta la Morte,
    anch'essa. Eppure, in un bel dì d'Aprile,
    sopra quel nero vidi, roseo, fresco,
    vivo, dal muro sporgere un sottile
    ramo di pesco.
    Figlio d'ignoto nòcciolo, d'allora
    sei tu cresciuto tra gli ignoti morti?
    Ed ora invidii i mandorli che indora
    l'alba negli orti?
    Od i cipressi, gracile e selvaggio,
    dimenticàti, col tuo riso allieti,
    tu trovatello in un eremitaggio
    d'anacoreti?
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      Scritta da: Silvana Stremiz
      in Poesie (Poesie d'Autore)

      Patria

      Sogno d'un dì d'estate.
      Quanto scampanellare
      tremulo di cicale!
      Stridule pel filare
      moveva il maestrale
      le foglie accartocciate.
      Scendea tra gli olmi il sole
      in fascie polverose;
      erano in ciel due sole
      nuvole, tenui, róse:
      due bianche spennellate
      in tutto il ciel turchino.
      Siepi di melograno,
      fratte di tamerice,
      il palpito lontano
      d'una trebbiatrice,
      l'angelus argentino...
      dov'ero? Le campane
      mi dissero dov'ero,
      piangendo, mentre un cane
      latrava al forestiero,
      che andava a capo chino.
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        Scritta da: Silvana Stremiz
        in Poesie (Poesie d'Autore)

        Il mendico

        Presso il rudere un pezzente
        cena tra le due fontane:
        pane alterna egli col pane,
        volti gli occhi all'occidente.
        Fa un incanto nella mente:
        carne è fatto, ecco, l'un pane.
        Tra il gracchiare delle rane
        sciala il mago sapiente.
        Sorge e beve alle due fonti:
        chiara beve acqua nell'una,
        ma nell'altra un dolce vino.
        Giace e guarda: sopra i monti
        sparge il lume della luna;
        getta l'arti al ciel turchino,
        baldacchino
        di mirabile lavoro,
        ch'ei trapunta a stelle d'oro.
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          Scritta da: Pierluigi Camilli
          in Poesie (Poesie d'Autore)

          La mamma educatrice

          Viva Adelaide
          che il cuor m'infiamma,
          e in omnia secula,
          viva la mamma!
          Donna mirabile,
          donna famosa!
          È un capo d'opera
          è una gran cosa.
          Una domenica
          L'incontro in piazza,
          che aveva a latere
          la sua ragazza;
          mi ferma e, affabile
          come conviene,
          comincia al solito:
          - Che fa? Sta bene? -
          Ed alla figlia
          che stava zitta,
          gridò: - Su, animo!
          Che fai lì ritta?
          Su grulla, avvezzati,
          fa il tuo dovere... -
          Che mamma amabile!
          Non è un piacere?
          E poi, tenendomi
          le mani ai panni,
          soggiunse: - Oh, passano
          pur presto gli anni!
          L'ho vista nascere:
          eh, malannaggio!
          S'invecchia e termina
          l'erba di maggio!
          Eh, bimba andiamocene,
          stamane ho fretta:
          venga un po' a veglia,
          venga, s'aspetta!
          Siam gente povera,
          ma di buon cuore:
          ci fa una grazia,
          anzi un onore.
          Via bimba, pregalo!
          Stai lì impalata!
          Ma, santa Vergine!
          Sei pur sgarbata! -
          «È sempre giovane»
          dissi « aspettate,
          lasciate correre,
          non la sgridate:
          l'età, la pratica
          è molto: e poi,
          farà miracoli
          sotto di voi! »
          Ai panegirici
          non sempre avvezza,
          fece una smorfia
          di tenerezza
          la vecchia, e a battere
          sul primo invito
          tornò, dicendomi:
          - Dunque, ha capito;
          sa dove s'abita:
          verrà? - «Verrò. »
          E chi rispondere
          Potea di no?
          V'andai. Col giubilo,
          con quel sembiante
          che per le visite
          d'un zoccolante
          ho visto prendere
          dalle massaie,
          quando alla questua
          gira per l'aie,
          quelle, vedendomi,
          in un baleno
          precipitarono
          a pian terreno;
          poi risalirono
          con meco; ed ambe
          -Badi- gridavano
          -badi alle gambe.
          È poco pratico
          la scala è scura... -
          «Ma quanti incomodi!
          Quanta premura! »
          Salgo, si chiacchiera
          sul più, sul meno;
          mi dàn del discolo
          dal capo ameno.
          Tutta sollecita
          la mamma intanto
          scotea la seggiola,
          puliva un santo;
          da un certo armadio
          fra pochi stracci
          scioglieva in furia
          due canovacci;
          d'acqua in un angolo
          la brocca empiva:
          che mamma provvida!
          Che pulizia!
          Finite all'ultimo
          tante faccende,
          disse: - E per tavola
          cosa si prende?
          Credi Delaide,
          sono sgomenta! -
          e a me voltandosi
          diceva: - Senta,
          con tanti ninnoli
          ci va un tesoro:
          le voglie crescono,
          manca il lavoro.
          Oh, ripensandoci
          m'affogherei;
          almeno, càttera,
          felice lei... -
          Capii l'antifona,
          ed un testone
          le offersi a titolo
          di compassione.
          La vecchia ingenua
          per la sorpresa
          m'urtò col gomito,
          si finse offesa;
          ma per imprestito
          poi l'accettò,
          e per andarsene
          s'incamminò
          e nell'orecchio
          mi disse: -Ohè!
          Ritorno subito;
          badiamo, vhè! -
          Io per non ridere
          alzando il ciglio,
          risposi: «Diamine!
          Mi meraviglio! »
          Esce da camera,
          chiude la porta;
          sta fuori un secolo:
          che mamma accorta!
          Poi tosse e strascica
          prima d'entrare....
          Il ciel moltiplichi
          mamme sì rare!
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            Scritta da: Marzia Ornofoli
            in Poesie (Poesie d'Autore)

            Requiescat da rosa mystica

            Fate piano, è qui vicina
            Sotto la neve,
            Parlate adagio, lei può sentire
            Crescere le margherite.
            I suoi capelli d'oro luminosi
            Oscurati dalla ruggine,
            Lei che era giovane e bella
            Trasformata in polvere.
            Come un giglio bianca la neve
            Non sapeva, quasi
            Di essere donna, tanto
            Dolcemente era cresciuta.
            Legno di bara e pietra
            Le pesano sul petto,
            Io mi tormento il cuore,
            Solo, lei riposa.
            Ma basta, basta, non può sentire
            Lira o sonetto,
            Qui è sepolta la mia vita,
            Ammucchiatevi altra terra.
            Composta martedì 21 luglio 2009
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              Scritta da: Eclissi
              in Poesie (Poesie d'Autore)

              Lo sforzo umano

              Lo sforzo umano
              non è quel bel giovane sorridente
              ritto sulla sua gamba di gesso
              o di pietra
              e che mostra grazie ai puerili artifici dello scultore
              la stupida illusione
              della gioia della danza e del giubilo
              evocante con l'altra gamba in aria
              la dolcezza del ritorno a casa
              No
              Lo sforzo umano non porta un fanciullo sulla spalla destra
              un altro sulla testa
              e un terzo sulla spalla sinistra
              con gli attrezzi a tracolla
              e la giovane moglie felice aggrappata al suo braccio
              Lo sforzo umano porta un cinto erniario
              e le cicatrici delle lotte
              intraprese dalla classe operaia
              contro un mondo assurdo e senza leggi
              Lo sforzo umano non possiede una vera casa
              esso ha l'odore del proprio lavoro
              ed è intaccato ai polmoni
              il suo salario è magro
              e così i suoi figli
              lavora come un negro
              e il negro lavora come lui
              Lo sforzo umano no ha il savoir-vivre
              Lo sforzo umano non ha l'età della ragione
              lo sforzo umano ha l'età delle caserme
              l'età dei bagni penali e delle prigioni
              l'età delle chiese e delle officine
              l'età dei cannoni
              e lui che ha piantato dappertutto i vigneti
              e accordato tutti i violini
              si nutre di cattivi sogni
              si ubriaca con il cattivo vino della rassegnazione
              e come un grande scoiattolo ebbro
              vorticosamente gira senza posa
              in un universo ostile
              polveroso e dal soffitto basso
              e forgia senza fermarsi la catena
              la terrificante catena in cui tutto s'incatena
              la miseria il profitto il lavoro la carneficina
              la tristezza la sventura l'insonnia la noia
              la terrificante catena d'oro
              di carbone di ferro e d'acciaio
              di scoria e polvere di ferro
              passata intorno al collo
              di un mondo abbandonato
              la miserabile catena
              sulla quale vengono ad aggrapparsi
              i ciondoli divini
              le reliquie sacre
              le croci al merito le croci uncinate
              le scimmiette portafortuna
              le medaglie dei vecchi servitori
              i ninnoli della sfortuna
              e il gran pezzo da museo
              il gran ritratto equestre
              il gran ritratto in piedi
              il gran ritratto di faccia di profilo su un sol piede
              il gran ritratto dorato
              il gran ritratto del grande indovino
              il gran ritratto del grande imperatore
              il gran ritratto del grande pensatore
              del gran camaleonte
              del grande moralizzatore
              del dignitoso e triste buffone
              la testa del grande scocciatore
              la testa dell'aggressivo pacificatore
              la testa da sbirro del grande liberatore
              la testa di Adolf Hitler
              la testa del signor Thiers
              la testa del dittatore
              la testa del fucilatore
              di non importa qual paese
              di non importa qual colore
              la testa odiosa
              la testa disgraziata
              la faccia da schiaffi
              la faccia da massacrare
              la faccia della paura.
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                in Poesie (Poesie d'Autore)

                Di notte

                Oh quante volte mi svegliò il pensiero
                che or nella notte naviga un veliero
                alla ricerca di sponde marine
                che la mia brama vorrebbe vicine...
                che in uno a tutti sconosciuto sito
                arde una rossa aurora boreale...
                che un braccio femminil bello, tornito,
                brucia d'amor sul candido guanciale...
                che un amico a me dato dalla sorte
                ghermito è lungi in mar da oscura morte...
                che ora la mamma mia, seppur non mi ama,
                forse nel sonno per nome mi chiama.
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