Poesie d'Autore migliori


Scritta da: Elisa Iacobellis
in Poesie (Poesie d'Autore)

Marina

L'oceano sonoro
Palpita sotto l'occhio
Della luna in lutto
E palpita ancora,
Mentre un lampo
Vivido e sinistro
Fende il cielo di bistro
D'un lungo zigzag luminoso,
E che ogni onda
In salti convulsi
Lungo tutta la scogliera
Va, si ritira, brilla e risuona.
E nel firmamento,
Dove erra l'uragano,
Ruggisce il tuono
Formidabilmente.
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    Scritta da: Elisa Iacobellis
    in Poesie (Poesie d'Autore)

    Sto segnando da tempo ...

    Sto segnando da tempo con croci di fuoco
    l'atlante bianco del tuo corpo.
    La mia bocca era un ragno che passava nascondendosi.
    In te, dietro te, timorosa, assetata.

    Storie da raccontarti sulla sponda della sera,
    perché tu non sia triste, bambola triste e dolce.
    Un cigno, un albero, qualcosa che è lontano e gioioso.
    La stagione dell'uva, la stagione matura e piena di frutti.

    Io che ho vissuto in un porto e da lì ti amavo.
    La solitudine solcata di sogno e di silenzio.
    Rinchiuso tra il mare e la tristezza.
    Silenzioso, delirante, tra due gondolieri immobili.

    Tra le labbra e la voce, qualcosa va morendo.
    Qualcosa che ha ali d'uccello, fatto d'angoscia e d'oblio.
    Così come e reti non trattengono l'acqua.
    Bambola mia, restano solo gocce tremanti.
    Eppure, qualcosa canta tra queste parole fugaci.
    Qualcosa canta, qualcosa sale fino alla mia avida bocca.
    Oh poterti celebrare con tutte le parole della gioia.
    Cantare, bruciare, fuggire, come un campanile nelle mani di un folle.
    Mia triste tenerezza, in cosa muti all'improvviso?
    Quando o raggiunto il vertice più ardito e freddo
    il mio cuore si chiude come un fiore notturno.
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      Scritta da: Elisa Iacobellis
      in Poesie (Poesie d'Autore)

      Nel mio cielo al crepuscolo

      Nel mio cielo al crepuscolo sei come una nube
      e il tuo colore e la tua forma sono come li voglio.
      Sei mia, sei mia, donna dalle dolci labbra,
      e nella tua vita vivono i miei sogni infiniti.

      La lampada della mia anima ti fa arrossare i piedi,
      il mio aspro vino è più dolce sulle tue labbra:
      oh mietitrice del mio canto serale,
      quanto ti sentono mia i miei sogni solitari!
      Sei mia, sei mia, vado gridando nella brezza
      della sera, e il vento travolge la mia voce vedova.
      Cacciatrice del fondo dei miei occhi, il tuo bottino
      ristagna come l'acqua il tuo sguardo notturno.

      Nella rete della mia musica sei prigioniera, amore mio,
      e le mie reti di musica sono grandi come il cielo.
      La mia anima nasce sulla sponda dei tuoi occhi di lutto.
      Nei tuoi occhi di lutto inizia il paese del sogno.
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        in Poesie (Poesie d'Autore)

        Spleen

        Le rose erano tutte rosse
        e l'edera tutta nera.

        Cara, ti muovi appena
        e rinascono le mie angosce.

        Il cielo era troppo azzurro
        troppo tenero, e il mare

        troppo verde, e l'aria
        troppo dolce. Io sempre temo

        - e me lo debbo aspettare!
        Qualche vostra fuga atroce.

        Dell'agrifoglio sono stanco
        dalle foglie laccate,

        del lustro bosso e dei campi
        sterminati, e poi

        di ogni cosa, ahimé!
        Fuorché di voi.
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          Scritta da: Antonella Marotta
          in Poesie (Poesie d'Autore)

          Io che come un sonnambulo cammino

          Io che come un sonnambulo cammino
          per le mie trite vie quotidiane,
          vedendoti dinanzi a me trasalgo.

          Tu mi cammini innanzi lenta come
          una regina.
          Regolo il mio passo
          io subito destato dal mio sonno
          sul tuo ch'è come una sapiente musica.
          E possibilità d'amore e gloria
          mi s'affacciano al cuore e me lo gonfiano.
          Pei riccioletti folli d'una nuca
          per l'ala d'un cappello io posso ancora
          alleggerirmi della mia tristezza.
          Io sono ancora giovane, inesperto
          col cuore pronto a tutte le follie.

          Una luce di fa nel dormiveglia.
          Tutto è sospeso come in un'attesa.
          Non penso più. Sono contento e muto.
          Batte il mio cuore al ritmo del tuo passo.
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            Scritta da: Marzia Ornofoli
            in Poesie (Poesie d'Autore)

            Santa Dacca

            Sono morti gli dèi, non più serti d'ulivo
            a Pallade dagli occhi grigi, o spighe offerte
            Alla figlia di Demetra. Non più canti
            Lieti di pastori al sole.
            Pan è morto, e con lui ogni piacere segreto
            In vallette nascoste tra anfratti:
            Più non cerca sorgenti il fanciullo.
            È morto Pan, regna i figli di Maria.
            Eppure... forse, in quest'isola rapita dal mare,
            Tra gli asfodeli, qualche Dio si nasconde,
            e morde amaro il frutto del ricordo.
            Se così fosse, amore, meglio fuggire
            Alla sua invidia, all'ire. Ma, forse... vedi
            Le foglie mosse? Stiamo un po' qui a guardare.
            Composta lunedì 10 agosto 2009
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              in Poesie (Poesie d'Autore)

              La vergine di Spoleto

              Sottile sei come un cero del tempio,
              l'occhio hai trafitto da spade d'amore.
              Io non ti chiedo un sol bacio: in silenzio
              vorrei deporre sul rogo il mio cuore.

              Io non ti chiedo una sola carezza:
              t'offenderebbe la mia rozza mano.
              Ma dal cancello ti guardo in purezza
              rose di porpora cogliere e t'amo.

              Sempre ti bruciano i raggi del sole
              e via t'involi sul vento che fugge.
              Su te c'è un angelo senza parole:
              io gusto in cuore il dolor che mi strugge.

              Mentre t'intreccio nei riccioli, adagio,
              dei versi ignoti gli strani diamanti,
              getto il mio cuore invaghito nel lago
              meraviglioso degli occhi raggianti.
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                Scritta da: Andrea De Candia
                in Poesie (Poesie d'Autore)

                Rinascimento III

                Vaga speranza non era la fede,
                non esigeva una vile preghiera,
                era un'attesa, l'amore faceva
                pregare immagini, alzare preghiere.

                Era l'uomo ispirato: in sé cresceva,
                raggiungendo il silenzio delle origini.
                La sua gioia trovava Dio già pronto:
                io toglieva dall'ombra dell'arcano,
                per alzarlo tremando nella luce!
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                  Scritta da: Silvana Stremiz
                  in Poesie (Poesie d'Autore)

                  Il canto popolare

                  Improvviso il mille novecento
                  cinquanta due passa sull'Italia:
                  solo il popolo ne ha un sentimento
                  vero: mai tolto al tempo, non l'abbaglia
                  la modernità, benché sempre il più
                  moderno sia esso, il popolo, spanto
                  in borghi, in rioni, con gioventù
                  sempre nuove - nuove al vecchio canto -
                  a ripetere ingenuo quello che fu.

                  Scotta il primo sole dolce dell'anno
                  sopra i portici delle cittadine
                  di provincia, sui paesi che sanno
                  ancora di nevi, sulle appenniniche
                  greggi: nelle vetrine dei capoluoghi
                  i nuovi colori delle tele, i nuovi
                  vestiti come in limpidi roghi
                  dicono quanto oggi si rinnovi
                  il mondo, che diverse gioie sfoghi...

                  Ah, noi che viviamo in una sola
                  generazione ogni generazione
                  vissuta qui, in queste terre ora
                  umiliate, non abbiamo nozione
                  vera di chi è partecipe alla storia
                  solo per orale, magica esperienza;
                  e vive puro, non oltre la memoria
                  della generazione in cui presenza
                  della vita è la sua vita perentoria.

                  Nella vita che è vita perché assunta
                  nella nostra ragione e costruita
                  per il nostro passaggio - e ora giunta
                  a essere altra, oltre il nostro accanito
                  difenderla - aspetta - cantando supino,
                  accampato nei nostri quartieri
                  a lui sconosciuti, e pronto fino
                  dalle più fresche e inanimate ère -
                  il popolo: muta in lui l'uomo il destino.

                  E se ci rivolgiamo a quel passato
                  ch'è nostro privilegio, altre fiumane
                  di popolo ecco cantare: recuperato
                  è il nostro moto fin dalle cristiane
                  origini, ma resta indietro, immobile,
                  quel canto. Si ripete uguale.
                  Nelle sere non più torce ma globi
                  di luce, e la periferia non pare
                  altra, non altri i ragazzi nuovi...

                  Tra gli orti cupi, al pigro solicello
                  Adalbertos komis kurtis!, i ragazzini
                  d'Ivrea gridano, e pei valloncelli
                  di Toscana, con strilli di rondinini:
                  Hor atorno fratt Helya! La santa
                  violenza sui rozzi cuori il clero
                  calca, rozzo, e li asserva a un'infanzia
                  feroce nel feudo provinciale l'Impero
                  da Iddio imposto: e il popolo canta.

                  Un grande concerto di scalpelli
                  sul Campidoglio, sul nuovo Appennino,
                  sui Comuni sbiancati dalle Alpi,
                  suona, giganteggiando il travertino
                  nel nuovo spazio in cui s'affranca
                  l'Uomo: e il manovale Dov'andastà
                  jersera... ripete con l'anima spanta
                  nel suo gotico mondo. Il mondo schiavitù
                  resta nel popolo. E il popolo canta.

                  Apprende il borghese nascente lo Ça ira,
                  e trepidi nel vento napoleonico,
                  all'Inno dell'Albero della Libertà,
                  tremano i nuovi colori delle nazioni.
                  Ma, cane affamato, difende il bracciante
                  i suoi padroni, ne canta la ferocia,
                  Guagliune 'e mala vita! In branchi
                  feroci. La libertà non ha voce
                  per il popolo cane. E il popolo canta.

                  Ragazzo del popolo che canti,
                  qui a Rebibbia sulla misera riva
                  dell'Aniene la nuova canzonetta, vanti
                  è vero, cantando, l'antica, la festiva
                  leggerezza dei semplici. Ma quale
                  dura certezza tu sollevi insieme
                  d'imminente riscossa, in mezzo a ignari
                  tuguri e grattacieli, allegro seme
                  in cuore al triste mondo popolare.

                  Nella tua incoscienza è la coscienza
                  che in te la storia vuole, questa storia
                  il cui Uomo non ha più che la violenza
                  delle memorie, non la libera memoria...
                  E ormai, forse, altra scelta non ha
                  che dare alla sua ansia di giustizia
                  la forza della tua felicità,
                  e alla luce di un tempo che inizia
                  la luce di chi è ciò che non sa.
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                    in Poesie (Poesie d'Autore)
                    Voglio che tornando tu trovi una paroletta del tuo amico stasera.
                    Ho un desiderio desolato di te stasera. Ahimè stasera e sempre.
                    Ma stasera il desiderio è di qualità nuova.
                    È come un tremito infinitamente lungo e tenue.
                    Sono come un mare in cui tremino tutte le gocciole,
                    tremano tutte le ali dell'anima,
                    tremano tutte le fibre dei nervi,
                    tremano tutti i fiori della primavera
                    e anche le nuvole del cielo
                    e anche le stelle della notte
                    e anche la piccola luna trema.
                    Trema sui tuoi capelli che sono una schiuma bionda.
                    Ho la bocca piena delle tue spalle,
                    che sono ora come un fuoco di neve tiepida disciolta in me.
                    Godo e soffro.
                    Ti ho dentro di me e vorrei tuttavia sentirti sopra di me.
                    Non mi hai lasciato tanta musica partendo.
                    Stanotte tienimi sul tuo cuore,
                    avvolgimi nel tuo sogno,
                    incantami col tuo fiato,
                    sii sola con me solo.
                    Oh melodia melodia...
                    Tremano tutte le gocciole del mare.
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