E per la luce giusta, Cadendo solo un'ombra viola Sopra il giogo meno alto, La lontananza aperta alla misura, Ogni mio palpito, come usa il cuore, Ma ora l'ascolto, T'affretta, tempo, a pormi sulle labbra Le tue labbra ultime.
Bimba bruna e agile, il sole che fa la frutta, quello che rassoda il grano, quello che piega le alghe, ha fatto il tuo corpo allegro, i tuoi occhi luminosi e la tua bocca che ha il sorriso dell'acqua.
Un sole nero e ansioso ti si arrotola nei fili della nera capigliatura, quando stendi le braccia. Tu giochi col sole come un ruscello e lui ti lascia negli occhi due pozze oscure.
Bimba bruna e agile, nulla mi avvicina a te. Tutto da te mi allontana, come dal mezzogiorno. Sei la delirante gioventù dell'ape, l'ebbrezza dell'onda, la forza della spiga.
Il mio cuore cupo ti cerca, tuttavia, e amo il tuo corpo allegro, la tua voce sciolta e sottile. Farfalla bruna dolce e definitiva come il campo dì frumento e il sole, il papavero e l'acqua.
I giorni son sempre più brevi le piogge cominceranno. La mia porta, spalancata, ti ha atteso. Perché hai tardato tanto?
Sul mio tavolo, dei peperoni verdi, del sale, del pane. Il vino che avevo conservato nella brocca l'ho bevuto a metà, da solo, aspettando. Perché hai tardato tanto?
Ma ecco sui rami, maturi, profondi dei frutti carichi di miele. Stavano per cadere senz'essere colti se tu avessi tardato ancora un poco.
Lacrime dalle palpebre, dolori dei dolenti, dolori che non contano e lacrime incolori. Non chiede nulla, lui, non è insensibile, triste nella prigione e triste quand'è libero.
È un tempo tetro, è una notte nera da non mandare in giro neanche un cieco. I forti siedono, il potere è in pugno ai deboli, e in piedi è il re, vicino alla regina assisa.
Sorrisi e sospiri, insulti imputridiscono nella bocca dei muti e negli occhi dei vili. Non toccare nulla! Qui brucia, là arde; codeste mani son per le tasche e le fronti.
Un'ombra... Tutta la sciagura del mondo e il mio amore addosso come una bestia nuda.
Oh, la valle in estate dove io e il mio John lungo il profondo fiume andavamo su e giù mentre i fiori nell'erba e gli uccelli nell'aria ragionavano dolci del reciproco amore, e io sulla sua spalla dicevo: "Su, giochiamo": ma lui con un cipiglio di tuono se ne andò.
Oh, il venerdì ricordo, era sotto Natale, quando noi due andammo a quel ballo benefico, così liscia la pista e chiassosa l'orchestra, e Johnny così bello che ero così fiera; "Stringimi forte, Johnny, balliamo fino all'alba": ma lui con un cipiglio di tuono se ne andò.
Scorderò mai la sera nel palco al gran galà quando pioveva musica da ogni ugola stupenda? Pendevano abbaglianti le perle e i diamanti da ogni abito di seta argentata o dorata: "Oh, Johnny, mi sento in cielo" io dissi in un bisbiglio: ma lui con un cipiglio di tuono se ne andò.
Oh sì, ma era bello come un giardino in fiore, alto e slanciato come la grande Torre Eiffel, quando si spense il valzer sull'ampia promenade oh, quel sorriso e gli occhi mi andaron dritti al cuore; "Oh, caro Johnny, sposami, ti amerò e obbedirò": Ma lui con un cipiglio di tuono se ne andò.
Oh, questa notte, Johnny, io ti ho sognato, amore, su un braccio avevi il sole e sull'altro la luna, tutto azzurro era il mare ed era verde l'erba, ogni stella agitava un tamburello tondo; io ero in un abisso giù a diecimila miglia: ma tu con un cipiglio di tuono te ne andavi.
Tu così avventuroso nel mio mito, così povero sei fra le tue sponde. Non hai, ch'io veda, margine fiorito. Dove ristagni scopri cose immonde.
Pur, se ti guardo, il cor d'ansia mi stringi, o torrentello. Tutto il tuo corso è quello del mio pensiero, che tu risospingi alle origini, a tutto il fronte e il bello che in te ammiravo; e se ripenso i grossi fiumi, l'incontro con l'avverso mare, quest'acqua onde tu appena i piedi arrossi nudi a una lavandaia, la più pericolosa e la più gaia, con isole e cascate, ancor m'appare; e il poggio da cui scendi è una montagna.
Sulla tua sponda lastricata l'erba cresceva, e cresce nel ricordo sempre; sempre è d'intorno a te sabato sera; sempre ad un bimbo la sua madre austera rammenta che quest'acqua è fuggitiva, che non ritrova più la sua sorgente, né la sua riva; sempre l'ancor bella donna si attrista, e cerca la sua mano il fanciulletto, che ascoltò uno strano confronto tra la vita nostra e quella della corrente.
Già di settembre imbrunano a Venezia i crepuscoli precoci e di gramaglie vestono le pietre. Dardeggia il sole l'ultimo suo raggio sugli ori dei mosaici ed accende fuochi di paglia, effimera bellezza.
Nel più alto punto dove scienza è oblìo d'ogni sapere e certezza, mi dicono, certezza irrefutabile venuta incontro
o nel tempo appeso a un filo d'un riacquisto d'infanzia,
tra sonno e veglia, tra innocenza e colpa,
dove c'è e non c'è opera nostra voluta e scelta.
"La salute della mente è là" dice una voce con cui contendo da anni, una voce che ora è di sirena.
Si naviga tra Sardegna e Corsica. C'è un po' di mare e la barca appruata scarricchia. L'equipaggio dorme. Ma due vegliano nella mezzaluce della plancia. È passato agosto; Siamo alla rottura dei tempi. È una notte viva. Viva più di questa notte, viva tanto da serrarmi la gola è la muta confidenza di quelli che riposano si curi in mano d'altri e di questi che non lasciano la manovra e il calcolo
mentre pregano per i loro uomini in mare da un punto oscuro della costa, mentre arriva dalla parte del Rodano qualche raffica.
Ora che non mi dici niente, ora che non mi fai godere né soffrire, tu sei la consueta dei miei giorni. Assomigli ad un lago tutto uguale sotto un cielo di latta tutto uguale. Assonnato mi muovo sulla riva. Non voglio non desider, neppure penso. Mi tocco per sentir se sono. È l'essere e il non esser, come l'acqua e il cielo di quel lago si confondono. Diventa il mio dolore quel d'un altro e la vita non è né lieta né triste. T'odio, compagna assidua dei miei giorni, che alla vita non mi sottrai, facendomi come il sonno una cosa inanimata, ma me la lasci solo rasentare. Poiché son rassegnato a viver, voglio che ad ogni ora del dì mi pesi sopra, mi tocchi nella mia carne vitale. Voglio il Dolore che m'abbranchi forte e collochi nel centro della Vita. Ora che non mi dici niente, ora che non mi fai godere né soffrire, io rassegnato aspetto che tu passi.