Che puro gioco di lampi sottili consuma ogni diamante d'impalpabile schiuma, e quanta pace che sia nata sembra; quando sopra l'abisso un sole posa, opere schiette d'una causa eterna, scintilla il tempo e il sogno è conoscenza.
Morire come le allodole assetate sul miraggio O come la quaglia passato il mare nei primi cespugli perché di volare non ha più voglia Ma non vivere di lamento come un cardellino accecato.
A digiuno sperduta assiderata Tutta sola senza un soldo Ferma in piedi una ragazza Età sedici anni In Piace de la Concorde Il quindici agosto a mezzogiorno.
Ora che sei venuta, che con passo di danza sei entrata nella mia vita quasi folata in una stanza chiusa – a festeggiarti, bene tanto atteso, le parole mi mancano e la voce e tacerti vicino già mi basta.
Il pigolìo così che assorda il bosco al nascere dell'alba, ammutolisce quando sull'orizzonte balza il sole.
Ma te la mia inqietitudine cercava quando ragazzo nella notte d'estate mi facevo alla finestra come soffocato: che non sapevo, m'affannava il cuore. E tutte tue sono le parole che, come l'acqua all'orlo che trabocca, alla bocca venivano da sole,
l'ore deserte, quando s'avanzavan puerilmente le mie labbra d'uomo da sé, per desiderio di baciare....
Come è triste la carne... E ho letto tutti i libri! Fuggire! Laggiù fuggire! Ho udito il canto degli uccelli ebbri tra l'ignota schiuma e i cieli. Nulla, neppure gli antichi giardini riflessi negli occhi, Potrà Trattenere il mio cuore che si immerge nel mare. O notti! Neppure il deserto chiarore della mia lampada Sul foglio ancora intatto, difeso dal suo chiarore, E neppure la giovane donna che nutre il suo bambino. Partirò! Nave che culli le tue vele Leva l'ancora verso un'esotica natura! Una Noia crede ancora, desolata da speranze crudeli, ai fazzoletti agitati nell'ultimo addio. E forse gli alberi che attirano la tempesta il vento farà inclinare sui naufragi Perduti, senz'alberi, lontani da fertili isole... Ma ascolta, mio cuore mio, il canto dei marinai!
Tra ciò che vedo e dico, tra ciò che dico e taccio, tra ciò che taccio e sogno, tra ciò che sogno e scordo, la poesia. Scivola tra il sì e il no: dice ciò che taccio, tace ciò che dico, sogna ciò che scordo. Non è un dire: è un fare. È un fare che è un dire. La poesia si dice e si ode: è reale. E appena dico è reale, si dissipa. È più reale, così?