Ricordo com'eri l'autunno scorso. Eri il basco grigio e il cuore quieto. Nei tuoi occhi lottavano i bagliori del crepuscolo. E le foglie cadevano sull'acqua della tua anima.
Aggrappata alle mie braccia come un rampicante, le foglie raccoglievano la tua voce lenta e calma. Falò di stupore in cui la mia sete bruciava. Dolce giacinto azzurro curvato sulla mia anima.
Sento vagare il tuo sguardo e l'autunno è lontano: basco grigio, voce d'uccello e cuore famigliare dove migravano i miei desideri profondi e cadevano i miei baci allegri come braci.
Cielo dalla nave. Campo dai colli. Il tuo ricordo è di luce, di fumo e di stagno quieto! Oltre i tuoi occhi ardevano i tramonti. Foglie secche d'autunno giravano nella tua anima.
D'oro una penna datemi, e lasciate che in limpidi e lontane regioni sopra mucchi di fiori io mi distenda; portatemi più bianca di una stella o di una mano d'angelo inneggiante quando fra corde argentee la vedi di arpe celesti, un'asse per scrittoio; e lasciate lì accanto correr molti carri color di perla, vesti rosa, e chiome a onda, e vasi di diamante, e ali intraviste, e sguardi penetranti. Lasciate intanto che la musica erri ai miei orecchi d'intorno; e come quella ogni cadenza deliziosa tocca, lasciate che io scriva un verso pieno di molte meraviglie delle sfere, splendido al suono: con che altezze in gara il mio spirito venne! Nè contento è di restare così presto solo.
Certamente incombe su di noi una nuova rivelazione, certamente sta per giungere il Secondo Avvento, e chi è questa bestia brutale, di cui infine è giunta l'ora, che si avvia, con passo sgraziato a nascere a Betlemme?
Nella sua fiamma mortale la luce ti avvolge. Assorta, pallida, dolente, adagiata così contro le antiche spirali del crepuscolo che intorno a te gira.
Muta, amica mia, sola nella solitudine di quest'ora di morte e piena delle tante vite del fuoco, erede pura del giorno distrutto.
Dal sole cade un grappolo sul tuo vestito scuro. Le grandi radici della notte crescono improvvise dalla tua anima, e riaffiorano in superficie le cose in te celate, così che un popolo pallido e azzurro da te appena generato si nutre.
Oh solenne e feconda e magnetica schiava del cerchio che in nero e oro succede: fiera, cerca e trova una creazione tanto viva che i suoi fiori soccombono, e di tristezza è piena.
Si sente un galoppo lontano (è la...? ), che viene, che corre nel piano con tremula rapidità. Un piano deserto, infinito; tutto ampio, tutt'arido, eguale: qualche ombra d'uccello smarrito, che scivola simile a strale: non altro. Essi fuggono via da qualche remoto sfacelo; ma quale, ma dove egli sia, non sa né la terra né il cielo. Si sente un galoppo lontano più forte, che viene, che corre nel piano: la Morte! La Morte! La Morte!
Talvolta la mia gioia ti spaventa amore mio nasce dal nulla e si nutre di poco di larve invisibili che il vento trasporta di frammenti di paura che si fondono in tepore di briciole di serenità cadute dalla mensa dei poveri di un raggio di sole che risveglia lucciole addormentate in gocce di rugiada se mi ami amore mio perdona la mia gioia.
Ogni persona ha una stella, ogni stella ha un amico, e ogni persona ha qualcuno che gli somiglia, una stella simile alla sua che si porta dentro come confidente.
Mia madre gemette, mio padre pianse, nel periglioso mondo balzai, impotente, nudo, lamentandomi forte, come un fantasma nascosto in una nube.
Lottando nelle mani di mio padre, agitandomi contro le bende che dovevano avvolgermi, legato e stanco, ritenni la cosa migliore il ripiegarmi sul petto di mia Madre.