Poesie d'Autore migliori


Scritta da: Silvana Stremiz
in Poesie (Poesie d'Autore)

Scalpitio

Si sente un galoppo lontano
(è la...? ),
che viene, che corre nel piano
con tremula rapidità.
Un piano deserto, infinito;
tutto ampio, tutt'arido, eguale:
qualche ombra d'uccello smarrito,
che scivola simile a strale:
non altro. Essi fuggono via
da qualche remoto sfacelo;
ma quale, ma dove egli sia,
non sa né la terra né il cielo.
Si sente un galoppo lontano
più forte,
che viene, che corre nel piano:
la Morte! La Morte! La Morte!
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    Scritta da: Silvana Stremiz
    in Poesie (Poesie d'Autore)

    In pena

    In pena per un cielo infranto
    per la pioggia che ci bagnerà
    vado pensando alla gioia grande
    che se vorremo ci prenderà.

    Tra dovere ed inquietudine
    esita quasta vita rude.
    (È una molto grande pena
    confessarlo, ora)

    Qui ogni cosa odora d'erba.
    Su tutto il cielo, in cielo, il volo delle rondini
    ci distrae, ci fa pensare...
    Io penso una speranza quieta.
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      Scritta da: Silvana Stremiz
      in Poesie (Poesie d'Autore)

      Guido, ì vorrei che tu e Lapo ed io

      Guido, ì vorrei che tu e Lapo ed io
      fossimo presi per incantamento,
      e messi in un vasel ch'ad ogni vento
      per mare andasse al voler vostro e mio.
      Sì che fortuna od altro tempo rio
      non ci potesse dare impedimento,
      anzi, vivendo sempre in un talento,
      di stare insieme crescesse 'l disio.
      E monna Vanna e monna Lagia poi
      con quella ch'è sul numer de le trenta
      con noi ponesse il buono incantatore:
      e quivi ragionar sempre d'amore,
      e ciascuna di lor fosse contenta,
      sì come ì credo che saremmo noi.
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        Scritta da: Silvana Stremiz
        in Poesie (Poesie d'Autore)

        Ora che sei venuta

        Ora che sei venuta,
        che con passo di danza sei entrata
        nella mia vita
        quasi folata in una stanza chiusa –
        a festeggiarti, bene tanto atteso,
        le parole mi mancano e la voce
        e tacerti vicino già mi basta.

        Il pigolìo così che assorda il bosco
        al nascere dell'alba, ammutolisce
        quando sull'orizzonte balza il sole.

        Ma te la mia inqietitudine cercava
        quando ragazzo
        nella notte d'estate mi facevo
        alla finestra come soffocato:
        che non sapevo, m'affannava il cuore.
        E tutte tue sono le parole
        che, come l'acqua all'orlo che trabocca,
        alla bocca venivano da sole,

        l'ore deserte, quando s'avanzavan
        puerilmente le mie labbra d'uomo
        da sé, per desiderio di baciare....
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          Scritta da: Pierluigi Camilli
          in Poesie (Poesie d'Autore)

          Gli umanitari

          Ecco il genio umanitario
          che del mondo stazionario
          unge le carrucole.
          Per finir la vecchia lite
          tra noi, bestie incivilite
          sempre un po' selvatiche,
          coll'idea d'essere Orfeo
          vuoi mestare in un cibreo
          l'universo e reliqua.
          Al ronzio di quella lira
          ci uniremo, gira gira,
          tutti in un gomitolo.
          Varietà d'usi e di clima
          le son fisime di prima;
          è mutata l'aria.
          I deserti, i monti, i mari,
          son confini da lunari,
          sogni di geografi.
          Col vapore e coi palloni troveremo gli scorcioni
          anco nelle nuvole;
          ogni tanto, se ci pare,
          scapperemo a desinare
          sotto, qui agli antipodi;
          e né gemini emisferi
          ci uniremo bianchi e neri:
          bene! Che bei posteri!
          Nascerà di cani e gatti
          una razza di mulatti
          proprio in corpo e in anima.
          La scacchiera d'Arlecchino
          sarà il nostro figurino,
          simbolo dell'indole.
          (Già per questo il Gran Sultano
          fé' la giubba al Mussulmano
          a coda di rondine!)
          Bel gabbione di fratelli!
          Di tirarci pè capelli
          smetteremo all'ultimo.
          Sarà inutile il cannone;
          rnorirem d'indigestione,
          anzi di nullaggine.
          La fiaccona generale
          per la storia universale
          farà molto comodo.
          Io non so se il regno umano
          deve aver Papa e Sovrano:
          ma se ci hanno a essere,
          Il Monarca sarà probo
          e discreto: un re del globo
          saprà star né limiti.
          Ed il capo della fede?
          Consoliamoci, si crede
          che sarà cattolico.

          Finirà, se Dio lo vuole,
          questa guerra di parole,
          guerra da pettegoli.
          Finirà: sarà parlata
          una lingua mescolata,
          tutta frasi aeree;
          e già già da certi tali
          nei poemi e nei giornali
          si comincia a scriverè.
          Il puntiglio discortese
          di tener dal suo paese,
          sparirà tra gli uomini.
          Lo chez-nous'd'un vagabondo
          vorrà dire: in questo mondo,
          non a casa al diavolo.
          Tu, gelosa ipocondria,
          che m'inchiodi a casa mia,
          escimi dal fegato;
          e tu pur chetati, o Musa,
          che mi secchi colla scusa
          dell'amor di patria.
          Son figliuol dell'universo,
          e mi sembra tempo perso
          scriver per l'Italia.
          Cari miei concittadini,
          non prendiamo per confini
          l'Alpi e la Sicilia.
          S'ha da star qui rattrappiti
          sul terren che ci ha nutriti?
          O che siamo cavoli?
          Qua e là nascere adesso,
          figuratevi, è lo stesso:
          io mi credo Tartaro.
          Perché far razza tra noi?
          Non è scrupolo da voi:
          abbracciamo i barbari!
          Un pensier cosmopolita
          ci moltiplichi la vita,
          e ci slarghi il cranio.
          Il cuor nostro accartocciato,
          nel sentirsi dilatato,
          cesserà di battere.
          Così sia: certe battute
          fanno male alla salute;
          ci è da dare in tisico.
          Su venite, io sto per uno;
          son di tutti e di nessuno;
          non mi vò confondere.
          Nella gran cittadinanza,
          picchia e mena, ho la speranza
          di veder le scimmie
          Sì sì, tutto un zibaldone:
          alla barba di Platone
          ecco la repubblica!
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            in Poesie (Poesie d'Autore)
            Tra ciò che vedo e dico,
            tra ciò che dico e taccio,
            tra ciò che taccio e sogno,
            tra ciò che sogno e scordo,
            la poesia.
            Scivola
            tra il sì e il no:
            dice
            ciò che taccio,
            tace
            ciò che dico,
            sogna
            ciò che scordo.
            Non è un dire:
            è un fare.
            È un fare
            che è un dire.
            La poesia
            si dice e si ode:
            è reale.
            E appena dico
            è reale,
            si dissipa.
            È più reale, così?
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              Scritta da: Mattia Del Missier
              in Poesie (Poesie d'Autore)

              Brezza marina

              Come è triste la carne... E ho letto tutti i libri!
              Fuggire! Laggiù fuggire! Ho udito il canto degli uccelli ebbri tra l'ignota schiuma e i cieli.
              Nulla, neppure gli antichi giardini riflessi negli occhi,
              Potrà Trattenere il mio cuore che si immerge nel mare.
              O notti! Neppure il deserto chiarore della mia lampada
              Sul foglio ancora intatto, difeso dal suo chiarore,
              E neppure la giovane donna che nutre il suo bambino.
              Partirò! Nave che culli le tue vele
              Leva l'ancora verso un'esotica natura!
              Una Noia crede ancora, desolata da speranze crudeli, ai fazzoletti agitati nell'ultimo addio.
              E forse gli alberi che attirano la tempesta
              il vento farà inclinare sui naufragi
              Perduti, senz'alberi, lontani da fertili isole...
              Ma ascolta, mio cuore mio, il canto dei marinai!
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                Scritta da: Andrea De Candia
                in Poesie (Poesie d'Autore)

                Estasi di S. Luigi Gonzaga

                Coi ginocchi piegati
                sul primo dei tre gradini dell'Altare,
                Dio dell'innocenza
                io Ti chiedo al mio amplesso.
                Non tarderanno a sorprendermi
                braccia d'incensi mistici ondeggianti
                al sommo delle mie chiaroveggenze.
                Né mancheranno i grappoli nevosi
                delle Tue leggiadrissime abbondanze
                al mio secco palato.
                Ti vedo, Estasi ripida dell'oro,
                flusso di gemma alzata all'agonia:
                Il Tuo Unico Senso
                occhieggia misterioso e ineluttabile
                dietro cieca persiana.
                E Ti canto in segreto
                spiccando gigli e spade dalla gola
                ch'esita a rivelarsi
                in tutta la sua ampiezza prodigiosa.
                Ah, Dio dei miei miracoli segreti:
                vengo a nutrire della mia presenza
                il seme di Misura
                che m'appartiene e indugia nel Tuo palmo.
                Quando germoglierà la mia Figura?
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