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in Poesie (Poesie d'Autore)

Eleanor

Le sere d' autunno mi ricordano te
I boschi giacciono bui, il giorno si scolora
ai bordi dei colli in rosse aureole.
In un casolare vicino piange un bimbo.
Il vento se ne va a passi tardi
attraverso i tronchi a raccogliere le ultime foglie.

Poi sale, abituata ormai da lungo ai torbidi sguardi,
l'estranea solitaria falce di luna
con la sua mezza luce da terre sconosciute.
Se ne va fredda, indifferente, per il suo sentiero.
La sua luce avvolge il bosco, il canneto, lo stagno e il
sentiero
con pallido alone melanconico.

Anche d'inverno in notti senza luce
quando alle finestre vorticano danze di fiocchi
e il vento tempestoso, ho spesso l'impressione di
guardarti.
Il piano intona con forza ingannevole
e la tua profonda e cupa voce di contralto
mi parla al cuore. Tu la più crudele delle belle donne.

La mia mano afferra alle volte la lampada
e la sua luce tenue posa sulla larga parete.
Dalla antica cornice la tua immagine oscura guarda
mi conosce bene e mi sorride, stranamente.
Ma io ti bacio mani e capelli
e sussurro il tuo nome.
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    Scritta da: Barbara Peteani
    in Poesie (Poesie d'Autore)

    Canzone per i bambini l'inverno

    Nella notte d'inverno
    galoppa un grande uomo bianco
    galoppa un grande uomo bianco

    è un omone di neve
    ha una pipa di legno
    un omaccio di neve
    inseguito dal freddo

    arriva in paese
    arriva in paese
    vedendo la luce
    si sente sicuro

    in una casetta
    entra e non bussa
    in una casetta
    entra e non bussa
    e per riscaldarsi
    e per riscaldarsi
    si siede sulla stufa arroventata
    e d'improvviso ecco che scompare
    e rimane solamente la sua pipa
    proprio nel mezzo di una pozzanghera
    e rimane solamente la sua pipa
    e il suo vecchio cappello.
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      Scritta da: Silvana Stremiz
      in Poesie (Poesie d'Autore)

      Sulla Gloria

      Quale febbre ha mai l'uomo! Che guardare
      ai suoi giorni mortali con il sangue
      temperato non sa, che tutto sciupa
      le pagine del libro della vita
      e deruba virtù al suo buon nome.
      È come se la rosa si cogliesse
      da sé; o quand'è matura la susina
      la sua scura lanugine raschiasse;
      o a guisa di un folletto impertinente
      la Naiade oscurasse la splendente
      sua grotta di una tenebra fangosa.
      Ma sullo spino lascia sé la rosa,
      che vengano a baciarla i venti e grate
      se ne cibino le api: e la susina
      matura indossa sempre la sua veste
      bruna, il lago non tocco ha di cristallo
      la superficie. Perché dunque l'uomo,
      importunando il mondo per averne
      grazia, deve sciupar la sua salvezza
      in obbedienza a un rozzo, falso credo?
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        Scritta da: Silvana Stremiz
        in Poesie (Poesie d'Autore)

        La campagna

        O tu cantor di morbidi
        Pratei, di dolci rivi,
        Che i verdi poggi, e gli alberi
        Soavemente avvivi
        Con gli armonici versi
        Da fresche tinte aspersi,

        Odi un poeta giovane,
        Che il genio che l'ispira
        Devoto siegue, e libero
        Percote ardita lira,
        E cò suoi canti vola
        Al suo gentil Bertòla.

        Fra campestri delizie
        Tranquillo e lieto io vivo.
        E col pensier fantastico
        Tra me canto e descrivo
        Sì vaghi paeselli,
        Che ognor sembran novelli.

        Pingo; ma resto attonito
        Allor che su i tuoi fogli
        Veggo fiorire, e sorgere
        Pianto e marini scogli,
        Che sembrano invitarmi
        A sacrar loro i carmi.

        Da me s'invola subito
        Il mio picciol soggiorno,
        E sol veggo Posilipo
        E il mar che vanta intorno
        Di Mergellina il lido
        Ameno più che Gnido.

        Estatici contemplano
        Tuoi campi i cupid'occhi:
        O come allor nell'anima
        Sento beati tocchi,
        Che mi dicono ognora:
        Sì dolce vate onora.

        Salve, dunque, del tenero
        Gesnèr felice alunno!
        Il lor poeta adorino
        D'aprile e dell'autunno
        Le Grazie e i lindi Amori
        Coronati di fiori.

        Il lor poeta adorino
        Le serpeggianti linfe,
        E dai monti scherzevoli
        Scendan le gaje Ninfe,
        E alternin baci in fronte
        Al tòsco Anacreonte.

        Ed io tesso tra cantici
        Ghirlandetta odorosa
        Non d'orgogliosi lauri,
        Ma sol d'umida rosa,
        E il capo ombreggio al molle
        Abitator del colle.

        E in cor brillante io dico:
        Questa dona Natura
        Al suo più ingenuo amico,
        Ch'ella d'altro non cura:
        Da lui schietto-dipinta
        Di fior va anch'ella cinta.
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          Scritta da: Silvana Stremiz
          in Poesie (Poesie d'Autore)

          A Dante

          Alto rombano i secoli
          Su rapidissim'ali,
          E dall'aere giù vibrano
          Dritti infiammati strali
          Che additano agl'ingegni
          D'eterna gloria i segni:

          Ma qual nebbia! Qual livido
          Umor spargon dai vanni
          Che in fetida caligine
          Attomban nomi ed anni,
          E rodono quel serto
          Che ombreggia un tenue merto!

          O mio Poeta, o altissimo
          Signor del sommo canto,
          Che con sublime cetera
          Per la casa del pianto
          Girasti, e fra la gente,
          Che o gioisce, o si pente,

          Tu vivi eterno. - Gloria
          Di suo fulgor ti cinse,
          Tuonò sua voce; un fulmine
          Fu per chi ti dipinse
          Testor stentato, oscuro
          Di carmi e stile impuro.

          Pèra! La lingua sucida
          Costui nutra nel sangue,
          E per delfici lauri
          Gli accerchi invece un angue,
          Sanie stillante infesta,
          L'abbominevol testa.

          Dicesti: ed ecco stridono
          In suon ringhiante e forte
          Gli aspri tartarei cardini:
          Della cappa di morte
          Infino à più vestute
          Ecco l'Ombre perdute.

          Io già le ascolto: echeggiano
          Per l'aer senza stelle
          Batter di man, bestemmie,
          Orribili favelle,
          Voci alte e fioche, accenti
          D'ire in dolor furenti.

          O Padre! O Vate! Un giovane
          Cui l'estro ai cieli innalza,
          Che pel genio che l'agita
          Fervidamente sbalza
          A inerudita cetra
          Canti spargendo all'etra,

          A te si prostra: un'anima
          Che in sè ognor si ravvolge,
          Che in ermi boschi tacita
          Fugge dall'atre bolge
          Di cittadino tetto,
          Gl'irraggia l'intelletto.

          Di sapienza nettare
          Fra mie voglie delibo,
          E, meditante, ai spiriti
          Porgo l'augusto cibo
          Che questa etade impura,
          Famelica, non cura.

          Muta di luce eterea
          Alle peccata in grembo
          Fra cupo orror s'avvoltola
          L'Umanità: il suo lembo
          Spruzzi di sangue stilla,
          Ed ella va in favilla.

          Ma ira di giustizia
          Lui che può ciò che vuole
          Ruggisce in cielo, e scaglia
          Di spavento parole;
          Vennero i giorni alfine
          Di piaghe e di ruine.

          Vennero si; ma sorgere,
          Giganteggiando, i nostri
          Carmi vedransi, e liberi
          Calpestare què mostri
          Che tumidi d'orgoglio
          Siedono ingiusti in soglio.
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            in Poesie (Poesie d'Autore)

            Fuga

            Roccia e sabbia e non acqua
            Sabbia trapunta dai suoi passi
            Senza numero fino all'orizzonte:
            Era in fuga, e nessuno lo inseguiva.
            Ghiaione trito e spento
            Pietra rosa dal vento
            Scissa dal gelo alterno,
            Vento asciutto e non acqua.
            Acqua niente per lui
            Che solo d'acqua aveva bisogno,
            Acqua per cancellare
            Acqua feroce sogno
            Acqua impossibile per rifarsi mondo.
            Sole plumbeo senza raggi
            Cielo e dune e non acqua
            Acqua ironica finta dai miraggi
            Acqua preziosa drenata in sudore
            E in alto l'inaccesa acqua dei cirri.
            Trovò il pozzo e discese,
            Tuffò le mani e l'acqua si fece rossa.
            Nessuno poté berne mai più.
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              Scritta da: Gabriella Stigliano
              in Poesie (Poesie d'Autore)

              Il profeta

              In un cupo deserto io vagavo
              dalla sete dello spirito oppresso,
              ed ecco un serafino con sei ali
              mi apparve ad un tratto da presso.
              Lieve come un sogno si avvicinò
              e gli occhi stanchi mi sfiorò.
              Si aprirono le profetiche pupille
              come alle aquile impaurite.
              Poi toccò le mie orecchie,
              e di suoni esse furono empite:
              e vidi in alto degli angeli il volo
              e udii il cielo che fremeva,
              e scorsi il moto delle serpi marine
              e il vinco delle valli che cresceva.
              Poi si accostò alla mia bocca,
              strappò la mia lingua veemente,
              ma frivola, vuota e maligna,
              e l'aculeo del saggio serpente
              nella mia bocca agghiacciata
              ficcò con la destra sanguigna.
              Poi il petto mi aprì con la spada,
              ne tolse il mio cuore tremante,
              e nel petto aperto egli depose
              un carbone ardente e fiammante.
              Come salma nel deserto giacevo,
              ma la voce divina intendevo:
              "alzati, guarda e ascolta, o profeta,
              fa ciò che ho scritto nella mente,
              percorri terre e mari senza tregua,
              con la parola accendi il cuore della gente".
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