Poesie d'Autore migliori


Scritta da: Silvana Stremiz
in Poesie (Poesie d'Autore)

Il grillo dei campi e il grillo del focolare

Mai la terrestre poesia non muore.
Quando tutti gli uccelli al solleone
vengono meno e stan nascosti in mezzo
la frescura degli alberi, una voce
corre di siepe in siepe intorno al prato
su cui appena passò rasa la falce:
è del grillo dei campi, il capintesta
nel tripudio d'estate, mai godere
non cessa, perché quando a giuochi è stanco
posa con agio sotto una grata erba.
Fine non ha la poesia terrestre.
D'inverno, in una sera solitaria,
quando il silenzio è opera del gelo,
strepe fuor della stufa il suon del grillo
del focolare che col caldo sempre
viene crescendo, e a uno che smarrito
a mezzo sta fra sonno e veglia, il canto
par del grillo dei campi ai colli erbosi.
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    Scritta da: Silvana Stremiz
    in Poesie (Poesie d'Autore)

    Al padre

    Dove sull'acque viola
    era Messina, tra fili spezzati
    e macerie tu vai lungo binari
    e scambi col tuo berretto di gallo
    isolano. Il terremoto ribolle
    da due giorni, è dicembre d'uragani
    e mare avvelenato. Le nostre notti cadono
    nei carri merci e noi bestiame infantile
    contiamo sogni polverosi con i morti
    sfondati dai ferri, mordendo mandorle
    e mele dissecate a ghirlanda. La scienza
    del dolore mise verità e lame
    nei giochi dei bassopiani di malaria
    gialla e terzana gonfia di fango.

    La tua pazienza
    triste, delicata, ci rubò la paura,
    fu lezione di giorni uniti alla morte
    tradita, al vilipendio dei ladroni
    presi fra i rottami e giustiziati al buio
    dalla fucileria degli sbarchi, un conto
    di numeri bassi che tornava esatto
    concentrico, un bilancio di vita futura.

    Il tuo berretto di sole andava su e giù
    nel poco spazio che sempre ti hanno dato.
    Anche a me misurarono ogni cosa,
    e ho portato il tuo nome
    un po' più in là dell'odio e dell'invidia.
    Quel rosso del tuo capo era una mitria,
    una corona con le ali d'aquila.
    E ora nell'aquila dei tuoi novant'anni
    ho voluto parlare con te, coi tuoi segnali
    di partenza colorati dalla lanterna
    notturna, e qui da una ruota
    imperfetta del mondo,
    su una piena di muri serrati,
    lontano dai gelsomini d'Arabia
    dove ancora tu sei, per dirti
    ciò che non potevo un tempo - difficile affinità
    di pensieri - per dirti, e non ci ascoltano solo
    cicale del biviere, agavi lentischi,
    come il campiere dice al suo padrone:
    "Baciamu li mani". Questo, non altro.
    Oscuramente forte è la vita.
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      Scritta da: Silvana Stremiz
      in Poesie (Poesie d'Autore)

      La verità

      Sino al trono di Dio
      anciò mio cor gli accenti,
      Che in murmure tremendo
      Rispondono i torrenti,
      E dalla ferrea calma
      Delle notti profonde
      Palma battendo a palma
      Ogni morto risponde.

      D'entusïasmo ho l'anima
      Albergo; e sol d'un Nume
      Io son cantor: degli angeli
      L'impenetrabil lume
      Circonda il mio pensiero,
      Ch'erto su lucid'ali,
      Sprezza l'invito altero
      Dè superbi mortali.

      E coronar di laudi
      Dovrò chi turpe e folle
      Splendido sol per l'auro
      Sa l'orgoglio s'estolle?
      Che dir deggio di lui?
      Pria di giustizia il brando
      Sù forti bracci sui
      Vada folgoreggiando;

      E canterò. Nettarea
      Da me non cerchi ei lode,
      Se a lutulenta in braccio
      Sorte tripudia e gode,
      E tra un'immensa schiera
      D'insania al carro avvinto
      scioglie con sua man nera
      A iniquitate il cinto.

      E tu chi sei che il titolo
      Santo d'amico usurpi?
      E vile d'amicizia
      L'aspetto almo deturpi?
      Chi sei tu che m'inviti
      Di gloria a spander raggio
      E a sciòrre inni graditi
      A chi in virtù è selvaggio?

      Non sai che santuario
      Al ver nell'alma alzai
      E che io del vero antistite
      Sempre d'esser giurai?
      Non sai che mercar fama
      Da tal canto non curo,
      E più dolce m'è brama
      Sul ver posarmi oscuro?

      Vero suonò di Davide
      Il pastoral concento,
      E a Dio piacque il veridico
      Suono, e tra cento e cento
      L'unse à popoli ebrei
      Rege di pace, e adorni
      D'illustri eventi e bèi
      Fè dell'uom giusto i giorni.

      E immagine d'obbrobrio
      Vuoi tu farmi, o profano?
      Oh! quell'immonda faccia
      Copriti con la mano
      Lungi da me: chi fia
      Cui faccian forza i detti
      Ch'io l'alta cetra mia
      Di ricca peste infetti!

      Garrir fole non odemi
      L'atrio di adulazione,
      E in questa solitudine
      Dall'aurata prigione
      Fuggo; esecrando il folle
      Che blandisce con mèle
      Il grande; e in sen gli bolle
      Rancor, invidia, e fiele.

      Dunque chi vuol, d'encomio
      Canti impudente intuoni
      Per lo tuo eroe; ch'io cantici
      Fra gli angelici suoni
      Ergo al Solopossente,
      Che dall'empirea sede
      Gl'inni in letizia sente
      Di verità e di fede.
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        in Poesie (Poesie d'Autore)

        Sì, lo so, mio diletto

        Sì, lo so, mio diletto,
        nulla esiste se non il tuo amore:
        questa luce dorata
        che danza sulle foglie
        queste nubi pigre
        che navigano nel cielo
        questa brezza che passando
        lascia fresca la mia fronte.

        La luce del mattino
        ha inondato i miei occhi:
        questo è il tuo messaggio
        al mio cuore.
        Il tuo viso si è chinato su di me
        i tuoi occhi guardano nei miei
        e il mio cuore ha toccato i tuoi piedi.
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          Scritta da: Silvana Stremiz
          in Poesie (Poesie d'Autore)

          Patria

          Sogno d'un dì d'estate.
          Quanto scampanellare
          tremulo di cicale!
          Stridule pel filare
          moveva il maestrale
          le foglie accartocciate.
          Scendea tra gli olmi il sole
          in fascie polverose;
          erano in ciel due sole
          nuvole, tenui, róse:
          due bianche spennellate
          in tutto il ciel turchino.
          Siepi di melograno,
          fratte di tamerice,
          il palpito lontano
          d'una trebbiatrice,
          l'angelus argentino...
          dov'ero? Le campane
          mi dissero dov'ero,
          piangendo, mentre un cane
          latrava al forestiero,
          che andava a capo chino.
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            Scritta da: Silvana Stremiz
            in Poesie (Poesie d'Autore)

            Il mendico

            Presso il rudere un pezzente
            cena tra le due fontane:
            pane alterna egli col pane,
            volti gli occhi all'occidente.
            Fa un incanto nella mente:
            carne è fatto, ecco, l'un pane.
            Tra il gracchiare delle rane
            sciala il mago sapiente.
            Sorge e beve alle due fonti:
            chiara beve acqua nell'una,
            ma nell'altra un dolce vino.
            Giace e guarda: sopra i monti
            sparge il lume della luna;
            getta l'arti al ciel turchino,
            baldacchino
            di mirabile lavoro,
            ch'ei trapunta a stelle d'oro.
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              Scritta da: Silvana Stremiz
              in Poesie (Poesie d'Autore)

              Gloria del disteso mezzogiorno

              Gloria del disteso mezzogiorno
              quand'ombra non rendono gli alberi,
              e piú e piú si mostrano d'attorno
              per troppa luce, le parvenze, falbe.

              Il sole, in alto, - e un secco greto.
              Il mio giorno non è dunque passato:
              l'ora piú bella è di là dal muretto
              che rinchiude in un occaso scialbato.

              L'arsura, in giro; un martin pescatore
              volteggia s'una reliquia di vita.
              La buona pioggia è di là dallo squallore,
              ma in attendere è gioia piú compita.
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