Poesie d'Autore migliori


Scritta da: Silvana Stremiz
in Poesie (Poesie d'Autore)

Gloria del disteso mezzogiorno

Gloria del disteso mezzogiorno
quand'ombra non rendono gli alberi,
e piú e piú si mostrano d'attorno
per troppa luce, le parvenze, falbe.

Il sole, in alto, - e un secco greto.
Il mio giorno non è dunque passato:
l'ora piú bella è di là dal muretto
che rinchiude in un occaso scialbato.

L'arsura, in giro; un martin pescatore
volteggia s'una reliquia di vita.
La buona pioggia è di là dallo squallore,
ma in attendere è gioia piú compita.
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    Scritta da: Antonella Marotta
    in Poesie (Poesie d'Autore)
    Ed amai nuovamente; e fu di Lina
    dal rosso scialle il più della mia vita.
    Quella che cresce accanto a noi, bambina
    dagli occhi azzurri, è dal suo grembo uscita.

    Trieste è la città, la donna è Lina,
    per cui scrissi il mio libro di più ardita
    sincerità; né dalla sua fu fin ad oggi mai l'anima partita.

    Ogni altro conobbi umano amore;
    ma per Lina torrei di nuovo un'altra
    vita, di nuovo vorrei cominciare.

    Per l'altezze l'amai del suo dolore;
    perché tutto fu al mondo, e non mai scaltra,
    e tutto seppe, e non se stessa, amare.
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      Scritta da: Andrea De Candia
      in Poesie (Poesie d'Autore)
      Se la foglia piange e trema
      di fronte alla volontà di Dio
      e Dio è combusto nell'universo,
      se l'universo non è che una pallida idea
      di ciò che ci darà la vita nuova
      e la beatitudine,
      che dire degli angeli
      che si oppongono alla foschia delle genti,
      al loro turbinio,
      al fumo della guerra
      e che dissipano con un'arma celere
      i falsi splendori di Satana?
      Angeli battaglieri
      che entrano nelle foreste delle passioni,
      che tolgono le piante impure
      e sradicano il male.
      Angeli che piangono
      quando si rovesciano i troni di Dio,
      angeli che divorano le donne
      con le loro carezze.
      Angeli che portano i loro seni lontano
      affinché Dio li rivesta di gramaglie
      per tutti i mancati splendori.
      Angeli che tremano
      davanti alla collera divina
      e sono così palpitanti d'amore
      che ogni donna vorrebbe somigliare a loro.
      Angeli in fuga verso la beatitudine,
      angeli che scorrono
      come l'acqua al di là dell'universo,
      angeli che tornano a baciare
      le labbra dimenticate.
      Composta sabato 2 aprile 2016
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        Scritta da: Silvana Stremiz
        in Poesie (Poesie d'Autore)

        L'uccellino del freddo

        Viene il freddo. Giri per dirlo
        tu, sgricciolo, intorno le siepi;
        e sentire fai nel tuo zirlo
        lo strido di gelo che crepi.
        Il tuo trillo sembra la brina
        che sgrigiola, il vetro che incrina...
        trr trr trr terit tirit...
        Viene il verno. Nella tua voce
        c'è il verno tutt'arido e tecco.
        Tu somigli un guscio di noce,
        che ruzzola con rumor secco.
        T'ha insegnato il breve tuo trillo
        con l'elitre tremule il grillo...
        trr trr trr terit tirit...
        Nel tuo verso suona scrio scrio,
        con piccoli crepiti e stiocchi,
        il segreto scricchiolettio
        di quella catasta di ciocchi.
        Uno scricchiolettio ti parve
        d'udirvi cercando le larve...
        trr trr trr terit tirit...
        Tutto, intorno, screpola rotto.
        Tu frulli ad un tetto, ad un vetro.
        Così rompere odi lì sotto,
        così screpolare lì dietro.
        Oh! lì dentro vedi una vecchia
        che fiacca la stipa e la grecchia...
        trr trr trr terit tirit...
        Vedi il lume, vedi la vampa.
        Tu frulli dal vetro alla fratta.
        Ecco un tizzo soffia, una stiampa
        già croscia, una scorza già scatta.
        Ecco nella grigia casetta
        l'allegra fiammata scoppietta...
        trr trr trr terit tirit...
        Fuori, in terra, frusciano foglie
        cadute. Nell'Alpe lontana
        ce n'è un mucchio grande che accoglie
        la verde tua palla di lana.
        Nido verde tra foglie morte,
        che fanno, ad un soffio più forte...
        trr trr trr terit tirit...
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          Scritta da: Francesca Oniram
          in Poesie (Poesie d'Autore)

          Corrispondenze

          La natura è un tempio in cui viventi
          colonne lasciano talvolta sfuggire
          confuse parole; l'uomo vi passa,
          attraverso foreste di simboli,
          che lo guardano con sguardi
          familiari.
          Simili a lunghi echi,
          che di lontano si confondano
          in una tenebrosa e profonda unità
          – vasta come la notte e la luce –
          i profumi, i colori e i suoni si rispondono.
          Profumi freschi come carni di bimbi,
          dolci come il suono dell'oboe,
          verdi come praterie.
          Ed altri corrotti, ricchi e trionfanti,
          vasti come le cose infinite:
          l'ambra, il muschio, il benzoino
          e l'incenso, che cantano
          i rapimenti dello spirito e dei sensi.
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            Scritta da: Anna Alleva
            in Poesie (Poesie d'Autore)

            Compianto per Ignazio Sánchez Mejías - il sangue sparso

            Non voglio vederlo!
            Di' alla luna che si mostri;
            non voglio vedere il sangue
            d'Ignazio sopra l'arena.
            Non voglio vederlo!
            È spalancata la luna.
            Cavallo di calme nubi
            e circo grigio del sogno
            con salici in prima fila.
            Non voglio vederlo!
            Il mio ricordo si brucia.
            Avvisate i gelsomini
            di minuscolo candore!
            Non voglio vederlo!
            La vacca del vecchio mondo
            passava la triste sua lingua
            sopra un muso di grumi
            di sangue in terra versato.
            Ed i tori di Guisando,
            quasi morte e quasi pietra,
            mugghiaron come due secoli
            sazi di premere il suolo.
            No.
            Non voglio vederlo!
            Sale Ignazio sui gradini,
            tutta la sua morte a spalla.
            Andava in cerca dell'alba
            e l'alba non esisteva.
            Cerca il suo fermo profilo
            e il sogno lo disorienta.
            Il suo bel corpo cercava
            e trovò il suo sangue aperto.
            Non ditemi di vederlo!
            Non voglio sentire il getto
            che sempre più s'affioca;
            il getto che le tribune
            illumina e si riversa
            sopra il fustagno ed il cuoio,
            della folla sitibonda.
            Chi mi grida di mostrarmi!
            Non ditemi di vederlo.
            Non si chiusero i suoi occhi
            nel vedersi lì le corna;
            ma le terribili madri
            rizzarono allora il capo.
            Ed attraverso gli allevamenti
            corse un vento di voci segrete,
            a tori celesti gridate
            da mandriani di pallida nebbia.
            Non principe di Siviglia
            potrebbe essergli pari,
            né spada come la sua
            né cuore del suo più vero.
            Come un fiume di leoni
            il suo stupendo vigore,
            e come un torso di marmo
            la sua lineata saggezza.
            Aria di Roma andalusa
            gli dorava la testa
            dove il suo riso era un nardo
            di sale e d'intelligenza.
            Che gran torero in arena!
            Che buon montanaro ai monti!
            Quanto mite con le spighe!
            Quanto duro con gli sproni!
            Tenero con la rugiada!
            Che bagliore nella fiera!
            Quanto tremendo con l'ultime
            banderillas della tenebra!
            Ma ora dorme in eterno.
            Ora i muschi e l'erba dischiudono
            con loro dita sicure
            il fiore del suo teschio.
            E il suo sangue ora viene cantando:
            cantando per maremme e praterie,
            sdrucciolando su corna intirizzite;
            senz'anima vacilla nella nebbia.
            In migliaia di zoccoli inciampando
            come una lunga, oscura, triste lingua,
            per formare una pozza d'agonia
            presso il Guadalquivir del firmamento.
            Oh bianco muro di Spagna!
            Oh nero toro di pena!
            Oh sangue duro d'Ignazio!
            Oh usignolo delle sue vene!
            No.
            Non voglio vederlo!
            Un calice non v'è che lo contenga,
            non vi son rondinelle che lo bevano,
            non v'è brina di luce che lo geli,
            non di gigli v'è canto né diluvio,
            non cristallo che lo copra d'argento.
            No.
            Io non voglio vederlo!
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              Scritta da: Julie Gensini
              in Poesie (Poesie d'Autore)

              Lucinda Matlock

              Andavo a ballare a Chandlerville
              e giocavo alle carte a Winchester.
              Una volta cambiammo compagni
              ritornando in carrozza sotto la luna di giugno,
              e così conobbi Davis.
              Ci sposammo e vivemmo insieme settant'anni.
              Filavo, tessevo, curavo la casa, vegliavo i malati,
              coltivavo il giardino e, la festa,
              andavo spesso per i campi dove cantano le allodole,
              e lungo lo Spoon raccogliendo tante conchiglie,
              e tanti fiori e tante erbe medicinali-
              gridando alle colline boscose, cantando alle verdi vallate.
              A novantasei anni avevo vissuto abbastanza, ecco tutto,
              e passai ad un dolce riposo.
              Cos'è questo che sento di dolori e stanchezza
              e ira, scontento e speranze fallite?
              Figli e figlie degeneri,
              la Vita è troppo forte per voi-
              ci vuole vita per amare la Vita...
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                in Poesie (Poesie d'Autore)
                Più degna di vederlo, potrò essere
                Perché il lungo Impedimento - la Grazia - in Me -
                Con Estati, e con Inverni, farà crescere,
                Trascorso qualche Anno - Un aspetto mi darà

                Da farmi la più bella della Terra -
                l'Attesa - allora - apparirà così preziosa
                Che attribuirò una pena dimezzata
                Alla colpa di esser stata scelta - allora -

                è tempo di pregustare il Suo Sguardo -
                Dapprima - Delizia - e poi - Sorpresa -
                Quel volgersi ripetuto al mio volto
                Per Accertare che sia la Grazia -

                Lasciata dietro di sé Un Giorno - Tanto minore
                Da cercare la Prova, che Quella - sia Questa -

                Io devo solo non diventare così nuova
                Da farlo sbagliare - e chiedere di me
                a me - quando subito verso la Porta
                Andrò - per non andare più Altrove -

                Io devo solo non tramutarmi in così bella
                Da farlo sospirare - "l'Altra - Lei - Dov'è?"
                L'Amore, tuttavia, m'istruirà a dovere
                Sarò perfetta - ai Suoi occhi -

                Se Egli percepirà l'altra Verità -
                In una più Eccellente Gioventù -

                Com'è dolce non essersi privata Invano -
                Ma guadagnare - con la perdita - Col Dolore - ottenere -
                La Bellezza che Lo compensi al meglio -
                La Bellezza della Domanda - Acquietata.
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