Non ho bisogno di una lapide, ma Se voi avete bisogno di una per me Vorrei che ci fosse scritto: Ha fatto delle proposte. Noi Le abbiamo accettate. Con una tale incisione saremmo Onorati tutti quanti.
Al mattino, al meriggio, al fosco crepuscolo - tu hai udito il mio inno, Maria! In affanno e letizia - nel bene e nel male - tu, madre di Dio, ancora rimani con me! Quando più liete per me scorrevan le Ore, e non una nuvola oscurava il mio cielo, la tua grazia trepida guidava a te l'anima mia perché non si smarrisse; e ora che il Destino per me più addensa le sue tempeste e in me confonde presente e passato, fa' che almeno risplenda il futuro e per me irraggi dolce speranza di te!
Ne li occhi porta la mia donna Amore (Vita Nova, XXI)
Ne li occhi porta la mia donna Amore, per che si fa gentil ciò ch'ella mira; ov'ella passa, ogn'om ver lei si gira, e cui saluta fa tremar lo core, sì che, bassando il viso, tutto smore, e d'ogni suo difetto allor sospira: fugge dinanzi a lei superbia ed ira. Aiutatemi, donne, farle onore. Ogne dolcezza, ogne pensero umile nasce nel core a chi parlar la sente, ond'è laudato chi prima la vide. Quel ch'ella par quando un poco sorride, non si po' dicer né tenere a mente, sì è novo miracolo e gentile.
Solo, fra i mesti miei pensieri, in riva al mar là dove il tosco fiume ha foce, con Fido il mio destrier pian pian men giva; e muggìan l'onde irate in suon feroce.
Quell'ermo lido, e il gran fragor mi empiva il cuor (cui fiamma inestinguibil cuoce) d'alta malinconia; ma grata, e priva di quel suo pianger, che pur tanto nuoce.
Dolce oblio di mie pene e di me stesso nella pacata fantasia piovea; e senza affanno sospirava io spesso:
quella, ch'io sempre bramo, anco parea cavalcando venirne a me dappresso... Nullo error mai felice al par mi fea.
Dove è tagliato, in man lo raccomanda a Pinabello, e poscia a quel s'apprende: prima giù i piedi ne la tana manda, e su le braccia tutta si suspende. Sorride Pinabello, e le domanda come ella salti; e le man apre e stende, dicendole: - Qui fosser teco insieme tutti li tuoi, ch'io ne spegnessi il seme! -.
Non come volse Pinabello avvenne de l'innocente giovane la sorte; perché, giù diroccando a ferir venne prima nel fondo il ramo saldo e forte. Ben si spezzò, ma tanto la sostenne, che 'l suo favor la liberò da morte. Giacque stordita la donzella alquanto, come io vi seguirò ne l'altro canto.
Parla il cipresso equinoziale, oscuro e montuoso esulta il capriolo, dentro le fonti rosse le criniere dai baci adagio lavan le cavalle. Giù da foreste vaporose immensi alle eccelse città battono i fiumi lungamente, si muovono in un sogno affettuose vele verso Olimpia. Correranno le intense vie d'Oriente ventilate fanciulle e dai mercati salmastri guarderanno ilari il mondo. Ma dove attingerò io la mia vita ora che il tremebondo amore è morto? Violavano le rose l'orizzonte, esitanti città stavano in cielo asperse di giardini tormentosi, la sua voce nell'aria era una roccia deserta e incolmabile di fiori.
Un vecchio d'oro con un orologio a lutto Una regina di pena con un uomo d'Inghilterra e lavoratori della pace con i tutori del mare Un ussaro della compagnia con un fesso della morte Un serpente da caffè con un macinino con gli occhiali Un cacciatore di corda con un danzatore di teste Un maresciallo di schiuma con una pipa in ritirata Un neonato in abito nero con un gentleman in fasce Un compositore da forca con un pendaglio di musica Un raccattatore di coscienza con un rettore di cicche Un arrotino di Coligny con un ammiraglio di forbici Una suora del Bengala con una tigre di San Vincenzo di Paola Un professore di porcellana con un aggiustatore di filosofia Un controllore della Tavola Rotonda con cavalieri dell'Azienda del Gas di Parigi Un'anitra a Sant'Elena con un Napoleone all'arancia Un custode di Samotracia con una Vittoria di cimitero Un rimorchiatore di famiglia numerosa con un padre d'alto mare Un membro della prostata con una ipertrofia dell'Accademia francese Un robusto cavallo in partibus con un vescovo da circo Un controllore dalla voce bianca con un piccolo cantore d'autobus Un chirurgo terribile con un bambino dentista e il generale delle ostriche con un apritore di Gesuiti.
A vortice s'abbatte sul mio capo reclinato un suono d'agri lazzi. Scotta la terra percorsa da shembe ombre di pinastri, e al mare là in fondo fa velo più che i rami, allo sguardo, l'afa che a tratti erompe dal suolo che si avvena. Quando più sordo o meno il ribollio dell'acque che s'ingorgano accanto a lunghe secche mi raggiunge: o è un bombo talvolta ed un ripiovere di schiume sulle rocce. Come rialzo il viso, ecco cessare i tagli sul mio capo; e via scoccare verso le strepeanti acque, frecciate biancazzurre, due ghiandaie.