Poesie d'Autore migliori


Scritta da: Silvana Stremiz
in Poesie (Poesie d'Autore)

Anniversario (1889)

Sono più di trent'anni e, di queste ore,
mamma, tu con dolor m'hai partorito;
ed il mio nuovo piccolo vagito
t'addolorava più del tuo dolore.
Poi tra il dolore sempre ed il timore,
o dolce madre, m'hai di te nutrito:
e quando fui del corpo tuo vestito,
quand'ebbi nel mio cuor tutto il tuo cuore,
allor sei morta; e son vent'anni: un giorno!
E già gli occhi materni io penso a vuoto;
e il caro viso già mi si scolora;
mamma, e più non ti so. Ma nel soggiorno
freddo dè morti, nel tuo sogno immoto,
tu m'accarezzi i riccioli d'allora.
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    Scritta da: Silvana Stremiz
    in Poesie (Poesie d'Autore)

    Ne li occhi porta la mia donna Amore (Vita Nova, XXI)

    Ne li occhi porta la mia donna Amore,
    per che si fa gentil ciò ch'ella mira;
    ov'ella passa, ogn'om ver lei si gira,
    e cui saluta fa tremar lo core,
    sì che, bassando il viso, tutto smore,
    e d'ogni suo difetto allor sospira:
    fugge dinanzi a lei superbia ed ira.
    Aiutatemi, donne, farle onore.
    Ogne dolcezza, ogne pensero umile
    nasce nel core a chi parlar la sente,
    ond'è laudato chi prima la vide.
    Quel ch'ella par quando un poco sorride,
    non si po' dicer né tenere a mente,
    sì è novo miracolo e gentile.
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      Scritta da: Silvana Stremiz
      in Poesie (Poesie d'Autore)

      L'incontro

      Al collo un filo di esili grani,
      celo le mani nel largo manicotto,
      gli occhi guardano distratti
      e non piangeranno mai più.

      Sembra il volto più pallido
      per la seta che tende al lilla,
      arriva quasi alle sopracciglia
      la mia frangetta non ondulata.

      E non somiglia ad un volo
      questa lenta andatura, quasi avessi
      sotto i piedi una zattera
      e non i quadretti del parquet.

      La bocca bianca è socchiusa,
      ineguale il respiro affannato,
      e sul mio petto tremano i fiori
      dell'incontro che non c'è stato.
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        in Poesie (Poesie d'Autore)

        Brutta serata

        L'uomo è la
        contro un muro
        vicino a un armadio
        sul tavolo c'è un portacenere
        l'omo è là
        e c'è contro di lui la sofferenza
        l'angoscia
        c'è anche una donna
        che è là
        gli amici se ne sono andati
        altre donne se ne sono andate
        un gatto
        contraddizioni come zanzare
        e fa una strana faccia
        l'uomo che guarda la donna che lo guarda
        sa certe cose
        indovina
        e dice
        eccoci qua
        sto per soffrire terribilmente
        non c'è niente da fare
        è cotto
        sorride
        ma ha almeno 250 di febbre
        un dolore da bambino
        come un maneggio
        con gli anelli da infilare a ogni curva
        senza riuscirci
        un dolore d'uomo
        cupo paesaggio
        cose già viste
        e che ritornano dicendo
        non è lo stesso
        è molto meglio
        orchestra singhiozzi
        fantasmi con la faccia di cuore
        sorridenti certezze d'infelicità
        lamenti
        deliziosi sorrisi
        bisturi...
        dolore d'uomo
        irrisoria romanza sanguinante
        storie di calendario
        velocità degli anni
        cognome Dicembre
        nome Giovedì
        matricola 23
        l'anno scorso
        quest'anno
        l'anno venturo
        e l'uomo si dice
        quando si ha mal di denti
        si va dal dentista
        per i piedi c'è il pédicure
        contro l'angoscia e la sofferenza
        che posso fare
        sono ancora una volta
        del tutto perduto...
        ancora una volta mi porto dietro
        qualcuno nella mia caduta
        ecco che torna la nebbia l'amore gli uccelli della felicità
        che nebbia schifosa
        e che schifosi uccelli
        grandi volatili sentimentali
        uccelli dallo sguardo piangente
        andate a picchiare nel muro
        battete le ali
        picchiate contro i mobili
        sudici uccelli di polvere
        cantate falsi la canzone stonata
        falsi volate
        piangete falsi
        impagliati
        automi
        antiquari
        colombi da cartolina
        uccelli con la faccia da ubriacone
        avete nel becco di cartone
        la lettera anonima dell'amore
        uccelli di tutti i paesi
        uccelli di tutti i rami di tutti gli alberi di tutti i paesi
        usignoli de Giappone
        unitevi
        uccelli del paradiso
        uccelli mosca
        uccelli rapaci
        pellicani
        pinguini
        passerotti
        unitevi
        pavoni gridate come pavoni
        uccelli cantate a squarciagola in tutto il mondo
        aquile marine gridate da aquile marine
        e tu bozzagro
        fai il verso del bozzagro
        usignolo
        l'uomo ti ha cavato gli occhi
        perché tu canti meglio
        ma questo ci apre gli occhi
        l'uomo è un bel coglione
        con la sua bella cartolina in mano
        l'uomo che recita il suo monologo da piccione
        amore sempre
        lo stesso amore
        l'uomo che vuole vedere vecchio l'amore
        uccelli migratori
        fermate i vostri viaggi
        uccelli blu
        cucù
        gridate cucù
        gridate a squarciagola
        unitevi
        il mondo deve sapere
        che l'amore non deve più
        l'amore possedere
        fermate i simulacri
        uccelli notturni
        uccelli diurni
        un uccello non appartiene a un altro uccello
        la donna non appartiene all'uomo
        né l'uomo alla donna
        cucù gridate a squarciagola e dite
        mescolate le uova
        cambiate nido
        fuori la testa dalla sabbia struzzi
        dite quel che avete da dire
        l'uomo
        gli uomini non hanno l'aria
        di voler smettere di soffrire
        e io sono uno di loro
        gli uomini non hanno l'aria
        di voler smettere di far soffrire
        ma che cos'ha dunque nel corpo
        tutta questa gente...

        Nel fondo
        tutto ciò che racconto
        uccelli che non mi sentite
        è per passare il tempo
        per nascondermi un po'
        e l'uomo continua vicino al suo armadio
        silenzioso
        lancia ridicoli appelli
        grida aiuto senza parlare
        ha pensato uccello
        s'aggrappa agli uccelli
        se avesse pensato sedia supplicherebbe i mobili
        tocca gli oggetti
        li accarezza
        la scatola dei fiammiferi
        il portacenere
        perde la bussola
        perde la testa
        la sofferenza è pronta
        sta per annegarlo...
        si è fatta molto bella
        per venire a cercarlo
        ha la faccia della giovinezza
        e piccolissimi piedi
        e anche lei soffre
        si lamenta...
        ed è un lamento vero
        ma è stato imparato
        e c'è qualcosa che zoppica in quel lamento
        l'uomo si aggrappa ai mobili
        la sofferenza si attacca a lui e ride
        immediatamente subito
        l'uomo per farla tacere
        cerca di farla soffrire...
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          in Poesie (Poesie d'Autore)

          I lavoratori

          Ridono continuamente
          anche quando
          un'asse piomba giù
          e rovina una faccia
          o deforma
          un corpo
          loro continuano a ridere,
          quando il colore dell'occhio
          impallidisce da far paura
          per via della poca
          luce
          ridono ancora;
          rugosi e rimbecilliti
          ancora giovani
          ci scherzano sopra:
          un uomo che dimostra sessant'anni
          dirà
          ne ho 32, e
          allora rideranno tutti;
          qualche volta li fanno
          uscire per una boccata d'aria
          ma sono incatenati a ritornare
          da catene, che non
          spezzerebbero
          anche se potessero;
          anche fuori, tra
          gli uomini liberi,
          continuano a ridere,
          girano qua e là
          con un passo zoppicante
          e inane
          quasi non fossero più lì
          con la testa; fuori
          masticano un tozzo di pane,
          tirano sul prezzo, dormono, contano i soldi,
          guardano l'orologio
          e sono di ritorno;
          qualche volta nei confini
          addirittura si fanno seri
          un momento, parlano di
          Fuori, di come deve essere
          orribile,
          essere
          chiusi Fuori
          per sempre, e non essere mai più
          riammessi;
          fa caldo mentre lavorano
          e sudano
          un po',
          ma lavorano sodo e bene,
          lavorano così sodo
          che i nervi si ribellano
          e lì fanno tremare,
          ma spesso sono
          elogiati da quelli
          che tra loro si sono
          innalzati
          come stelle,
          e ora le stelle
          vigilano
          vigilano anche
          per quei pochi
          che potrebbero tentare
          un ritmo più lento
          o mostrare disinteresse
          o simulare
          una malattia
          per avere un po'
          di riposo (il riposo deve essere
          guadagnato per raccogliere le forze
          destinate ad un lavoro
          più perfetto).

          Qualche volta uno muore
          o impazzisce
          e allora da Fuori
          ne arriva uno nuovo
          per sfruttare la sua
          grande occasione.

          Io ci sono stato
          molti anni;
          in principio trovavo il lavoro
          monotono, stupido
          addirittura
          ma ora vedo
          che tutto ha un senso,
          e i lavoratori
          senza volto
          vedo bene che non sono proprio
          brutti, e che le teste
          senz'occhi –
          ora so che quegli occhi
          ci vedono
          e sono capaci
          di seguire il lavoro.
          Le donne che lavorano
          sono spesso le migliori,
          adattandosi con naturalezza,
          e con alcune
          ho amoreggiato nei momenti
          di riposo; in principio
          non sembravano molto diverse
          dalle scimmie
          ma poi
          grazie al mio spirito di osservazione
          mi son o reso conto
          che erano cose
          reali e vive
          come me.

          L'atra sera
          un vecchio lavoratore
          grigio e cieco,
          non più utile
          è stato mandato in pensione
          là Fuori.

          Discorso! Discorso!
          Abbiamo chiesto

          è stato
          un inferno, ha detto lui
          abbiamo riso
          tutti e 4000:
          aveva conservato il suo
          umorismo
          fino
          alla fine.
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            Scritta da: Silvana Stremiz
            in Poesie (Poesie d'Autore)

            Morte di Clorinda

            Ma ecco omai l'ora fatale è giunta
            che 'l viver di Clorinda al suo fin deve.
            Spinge egli il ferro nel bel sen di punta
            che vi s'immerge e 'l sangue avido beve;
            e la veste, che d'or vago trapunta
            le mammelle stringea tenera e leve,
            l'empie d'un caldo fiume. Ella già sente
            morirsi, e 'l piè le manca egro e languente.

            Segue egli la vittoria, e la trafitta
            vergine minacciando incalza e preme.
            Ella, mentre cadea, la voce afflitta
            movendo, disse le parole estreme;
            parole ch'a lei novo un spirto ditta,
            spirto di fé, di carità, di speme:
            virtù ch'or Dio le infonde, e se rubella
            in vita fu, la vuole in morte ancella.

            - Amico, hai vinto: io ti perdon... perdona
            tu ancora, al corpo no, che nulla pave,
            a l'alma sì; deh! Per lei prega, e dona
            battesmo a me ch'ogni mia colpa lave. -
            In queste voci languide risuona
            un non so che di flebile e soave
            ch'al cor gli scende ed ogni sdegno ammorza,
            e gli occhi a lagrimar gli invoglia e sforza.

            Poco quindi lontan nel sen del monte
            scaturia mormorando un picciol rio.
            Egli v'accorse e l'elmo empié nel fonte,
            e tornò mesto al grande ufficio e pio.
            Tremar sentì la man, mentre la fronte
            non conosciuta ancor sciolse e scoprio.
            La vide, la conobbe, e restò senza
            e voce e moto. Ahi vista! Ahi conoscenza!

            Non morì già, ché sue virtuti accolse
            tutte in quel punto e in guardia al cor le mise,
            e premendo il suo affanno a dar si volse
            vita con l'acqua a chi co 'l ferro uccise.
            Mentre egli il suon dè sacri detti sciolse,
            colei di gioia trasmutossi, e rise;
            e in atto di morir lieto e vivace,
            dir parea: "S'apre il cielo; io vado in pace. "

            D'un bel pallore ha il bianco volto asperso,
            come à gigli sarian miste viole,
            e gli occhi al cielo affisa, e in lei converso
            sembra per la pietate il cielo e 'l sole;
            e la man nuda e fredda alzando verso
            il cavaliero in vece di parole
            gli dà pegno di pace. In questa forma
            passa la bella donna, e par che dorma.
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