Poesie d'Autore migliori


Scritta da: Silvana Stremiz
in Poesie (Poesie d'Autore)

Inno

Al mattino, al meriggio, al fosco crepuscolo -
tu hai udito il mio inno, Maria!
In affanno e letizia - nel bene e nel male -
tu, madre di Dio, ancora rimani con me!
Quando più liete per me scorrevan le Ore,
e non una nuvola oscurava il mio cielo,
la tua grazia trepida guidava a te
l'anima mia perché non si smarrisse;
e ora che il Destino per me più addensa
le sue tempeste e in me confonde presente
e passato, fa' che almeno risplenda il futuro
e per me irraggi dolce speranza di te!
Vota la poesia: Commenta
    Scritta da: Silvana Stremiz
    in Poesie (Poesie d'Autore)

    Ne li occhi porta la mia donna Amore (Vita Nova, XXI)

    Ne li occhi porta la mia donna Amore,
    per che si fa gentil ciò ch'ella mira;
    ov'ella passa, ogn'om ver lei si gira,
    e cui saluta fa tremar lo core,
    sì che, bassando il viso, tutto smore,
    e d'ogni suo difetto allor sospira:
    fugge dinanzi a lei superbia ed ira.
    Aiutatemi, donne, farle onore.
    Ogne dolcezza, ogne pensero umile
    nasce nel core a chi parlar la sente,
    ond'è laudato chi prima la vide.
    Quel ch'ella par quando un poco sorride,
    non si po' dicer né tenere a mente,
    sì è novo miracolo e gentile.
    Vota la poesia: Commenta
      Scritta da: Silvana Stremiz
      in Poesie (Poesie d'Autore)

      Solo, fra i mesti miei pensieri, in riva

      Solo, fra i mesti miei pensieri, in riva
      al mar là dove il tosco fiume ha foce,
      con Fido il mio destrier pian pian men giva;
      e muggìan l'onde irate in suon feroce.

      Quell'ermo lido, e il gran fragor mi empiva
      il cuor (cui fiamma inestinguibil cuoce)
      d'alta malinconia; ma grata, e priva
      di quel suo pianger, che pur tanto nuoce.

      Dolce oblio di mie pene e di me stesso
      nella pacata fantasia piovea;
      e senza affanno sospirava io spesso:

      quella, ch'io sempre bramo, anco parea
      cavalcando venirne a me dappresso...
      Nullo error mai felice al par mi fea.
      Vota la poesia: Commenta
        in Poesie (Poesie d'Autore)

        I lavoratori

        Ridono continuamente
        anche quando
        un'asse piomba giù
        e rovina una faccia
        o deforma
        un corpo
        loro continuano a ridere,
        quando il colore dell'occhio
        impallidisce da far paura
        per via della poca
        luce
        ridono ancora;
        rugosi e rimbecilliti
        ancora giovani
        ci scherzano sopra:
        un uomo che dimostra sessant'anni
        dirà
        ne ho 32, e
        allora rideranno tutti;
        qualche volta li fanno
        uscire per una boccata d'aria
        ma sono incatenati a ritornare
        da catene, che non
        spezzerebbero
        anche se potessero;
        anche fuori, tra
        gli uomini liberi,
        continuano a ridere,
        girano qua e là
        con un passo zoppicante
        e inane
        quasi non fossero più lì
        con la testa; fuori
        masticano un tozzo di pane,
        tirano sul prezzo, dormono, contano i soldi,
        guardano l'orologio
        e sono di ritorno;
        qualche volta nei confini
        addirittura si fanno seri
        un momento, parlano di
        Fuori, di come deve essere
        orribile,
        essere
        chiusi Fuori
        per sempre, e non essere mai più
        riammessi;
        fa caldo mentre lavorano
        e sudano
        un po',
        ma lavorano sodo e bene,
        lavorano così sodo
        che i nervi si ribellano
        e lì fanno tremare,
        ma spesso sono
        elogiati da quelli
        che tra loro si sono
        innalzati
        come stelle,
        e ora le stelle
        vigilano
        vigilano anche
        per quei pochi
        che potrebbero tentare
        un ritmo più lento
        o mostrare disinteresse
        o simulare
        una malattia
        per avere un po'
        di riposo (il riposo deve essere
        guadagnato per raccogliere le forze
        destinate ad un lavoro
        più perfetto).

        Qualche volta uno muore
        o impazzisce
        e allora da Fuori
        ne arriva uno nuovo
        per sfruttare la sua
        grande occasione.

        Io ci sono stato
        molti anni;
        in principio trovavo il lavoro
        monotono, stupido
        addirittura
        ma ora vedo
        che tutto ha un senso,
        e i lavoratori
        senza volto
        vedo bene che non sono proprio
        brutti, e che le teste
        senz'occhi –
        ora so che quegli occhi
        ci vedono
        e sono capaci
        di seguire il lavoro.
        Le donne che lavorano
        sono spesso le migliori,
        adattandosi con naturalezza,
        e con alcune
        ho amoreggiato nei momenti
        di riposo; in principio
        non sembravano molto diverse
        dalle scimmie
        ma poi
        grazie al mio spirito di osservazione
        mi son o reso conto
        che erano cose
        reali e vive
        come me.

        L'atra sera
        un vecchio lavoratore
        grigio e cieco,
        non più utile
        è stato mandato in pensione
        là Fuori.

        Discorso! Discorso!
        Abbiamo chiesto

        è stato
        un inferno, ha detto lui
        abbiamo riso
        tutti e 4000:
        aveva conservato il suo
        umorismo
        fino
        alla fine.
        Vota la poesia: Commenta
          in Poesie (Poesie d'Autore)

          Brutta serata

          L'uomo è la
          contro un muro
          vicino a un armadio
          sul tavolo c'è un portacenere
          l'omo è là
          e c'è contro di lui la sofferenza
          l'angoscia
          c'è anche una donna
          che è là
          gli amici se ne sono andati
          altre donne se ne sono andate
          un gatto
          contraddizioni come zanzare
          e fa una strana faccia
          l'uomo che guarda la donna che lo guarda
          sa certe cose
          indovina
          e dice
          eccoci qua
          sto per soffrire terribilmente
          non c'è niente da fare
          è cotto
          sorride
          ma ha almeno 250 di febbre
          un dolore da bambino
          come un maneggio
          con gli anelli da infilare a ogni curva
          senza riuscirci
          un dolore d'uomo
          cupo paesaggio
          cose già viste
          e che ritornano dicendo
          non è lo stesso
          è molto meglio
          orchestra singhiozzi
          fantasmi con la faccia di cuore
          sorridenti certezze d'infelicità
          lamenti
          deliziosi sorrisi
          bisturi...
          dolore d'uomo
          irrisoria romanza sanguinante
          storie di calendario
          velocità degli anni
          cognome Dicembre
          nome Giovedì
          matricola 23
          l'anno scorso
          quest'anno
          l'anno venturo
          e l'uomo si dice
          quando si ha mal di denti
          si va dal dentista
          per i piedi c'è il pédicure
          contro l'angoscia e la sofferenza
          che posso fare
          sono ancora una volta
          del tutto perduto...
          ancora una volta mi porto dietro
          qualcuno nella mia caduta
          ecco che torna la nebbia l'amore gli uccelli della felicità
          che nebbia schifosa
          e che schifosi uccelli
          grandi volatili sentimentali
          uccelli dallo sguardo piangente
          andate a picchiare nel muro
          battete le ali
          picchiate contro i mobili
          sudici uccelli di polvere
          cantate falsi la canzone stonata
          falsi volate
          piangete falsi
          impagliati
          automi
          antiquari
          colombi da cartolina
          uccelli con la faccia da ubriacone
          avete nel becco di cartone
          la lettera anonima dell'amore
          uccelli di tutti i paesi
          uccelli di tutti i rami di tutti gli alberi di tutti i paesi
          usignoli de Giappone
          unitevi
          uccelli del paradiso
          uccelli mosca
          uccelli rapaci
          pellicani
          pinguini
          passerotti
          unitevi
          pavoni gridate come pavoni
          uccelli cantate a squarciagola in tutto il mondo
          aquile marine gridate da aquile marine
          e tu bozzagro
          fai il verso del bozzagro
          usignolo
          l'uomo ti ha cavato gli occhi
          perché tu canti meglio
          ma questo ci apre gli occhi
          l'uomo è un bel coglione
          con la sua bella cartolina in mano
          l'uomo che recita il suo monologo da piccione
          amore sempre
          lo stesso amore
          l'uomo che vuole vedere vecchio l'amore
          uccelli migratori
          fermate i vostri viaggi
          uccelli blu
          cucù
          gridate cucù
          gridate a squarciagola
          unitevi
          il mondo deve sapere
          che l'amore non deve più
          l'amore possedere
          fermate i simulacri
          uccelli notturni
          uccelli diurni
          un uccello non appartiene a un altro uccello
          la donna non appartiene all'uomo
          né l'uomo alla donna
          cucù gridate a squarciagola e dite
          mescolate le uova
          cambiate nido
          fuori la testa dalla sabbia struzzi
          dite quel che avete da dire
          l'uomo
          gli uomini non hanno l'aria
          di voler smettere di soffrire
          e io sono uno di loro
          gli uomini non hanno l'aria
          di voler smettere di far soffrire
          ma che cos'ha dunque nel corpo
          tutta questa gente...

          Nel fondo
          tutto ciò che racconto
          uccelli che non mi sentite
          è per passare il tempo
          per nascondermi un po'
          e l'uomo continua vicino al suo armadio
          silenzioso
          lancia ridicoli appelli
          grida aiuto senza parlare
          ha pensato uccello
          s'aggrappa agli uccelli
          se avesse pensato sedia supplicherebbe i mobili
          tocca gli oggetti
          li accarezza
          la scatola dei fiammiferi
          il portacenere
          perde la bussola
          perde la testa
          la sofferenza è pronta
          sta per annegarlo...
          si è fatta molto bella
          per venire a cercarlo
          ha la faccia della giovinezza
          e piccolissimi piedi
          e anche lei soffre
          si lamenta...
          ed è un lamento vero
          ma è stato imparato
          e c'è qualcosa che zoppica in quel lamento
          l'uomo si aggrappa ai mobili
          la sofferenza si attacca a lui e ride
          immediatamente subito
          l'uomo per farla tacere
          cerca di farla soffrire...
          Vota la poesia: Commenta