Poesie d'Autore migliori


Scritta da: L'auretta XXX
in Poesie (Poesie d'Autore)
I cinquant'anni sono come
L'ultima ora del pomeriggio,
quando il sole tramontato
ci dispone spontaneamente alla riflessione.
Nel mio caso, tuttavia,
il crepuscolo mi induce al peccato.
Forse per questo,
arrivata alla cinquantina,
medito sul mio rapporto
con il cibo e l'erotismo,
le debolezze della carne,
che più mi tentano,
anche se, a ben guardare, non sono quelle
che più ho praticato.
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    Scritta da: Marzia Ornofoli
    in Poesie (Poesie d'Autore)

    Vita nuova da rosa mistica

    Stavo dinanzi al mare arido e le onde
    Con gli spruzzi sul viso nei capelli
    Mi colpivano. Lunghi fuochi rossi
    Ardevano nel cielo, urlava il vento.
    Verso terra stridevano i gabbiani.
    "Perché" gridai "la mia vita è di dolore,
    e come il mare i miei campi turbinosi
    Non producono alcun frutto?"
    Erano lacere, squartate le mie reti.
    Tuttavia, come un ultimo dado le gettai
    Nel mare, e attesi.
    Non la fine apparve, lo splendore
    Dalle acque nere del passato
    Emerse in membra candide!
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      in Poesie (Poesie d'Autore)

      La tragedia delle foglie

      Mi destai alla siccità e le felci erano morte,
      le piante in vaso gialle come grano;
      la mia donna era sparita
      e i cadaveri dissanguati delle bottiglie vuote
      mi cingevano con la loro inutilità;
      c'era ancora un bel sole, però,
      e il biglietto della padrona ardeva d'un giallo caldo
      e senza pretese; ora quello che ci voleva
      era un buon attore, all'antica, un burlone capace di scherzare
      sull'assurdità del dolore; il dolore è assurdo
      perché esiste, solo per questo;
      sbarbai accuratamente con un vecchio rasoio
      l'uomo che un tempo era stato giovane e,
      così dicevano, geniale; ma
      questa è la tragedia delle foglie,
      le felci morte, le piante morte;
      ed entrai in una sala buia
      dove stava la padrona di casa
      insultante e ultimativa,
      mandandomi all'inferno,
      mulinando i braccioni sudati
      e strillando
      strillando che voleva i soldi dell'affitto
      perché il mondo ci aveva tradito
      tutt'e due.
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        Scritta da: Rosita Matera
        in Poesie (Poesie d'Autore)

        La fotocamera di Izis

        La fotocamera di Izis è una scatola magica.
        Dalle sue mani fioriscono
        come per incanto
        esseri e cose
        che si aprono e si animano
        come quei fiori di carta giapponesi che,
        posti in un bicchier d'acqua,
        diventano all'istante esseri o cose
        di un immediato passato.
        Più tardi,
        deposte fra le pagine di un libro,
        sembrano dormire nei loro letti di carta.
        Ma il lettore apre il libro
        e le ridesta alla vita quando vuole,
        e le riconosce
        anche se non le ha mai viste prima.
        Composta mercoledì 9 agosto 2017
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          in Poesie (Poesie d'Autore)
          Più degna di vederlo, potrò essere
          Perché il lungo Impedimento - la Grazia - in Me -
          Con Estati, e con Inverni, farà crescere,
          Trascorso qualche Anno - Un aspetto mi darà

          Da farmi la più bella della Terra -
          l'Attesa - allora - apparirà così preziosa
          Che attribuirò una pena dimezzata
          Alla colpa di esser stata scelta - allora -

          è tempo di pregustare il Suo Sguardo -
          Dapprima - Delizia - e poi - Sorpresa -
          Quel volgersi ripetuto al mio volto
          Per Accertare che sia la Grazia -

          Lasciata dietro di sé Un Giorno - Tanto minore
          Da cercare la Prova, che Quella - sia Questa -

          Io devo solo non diventare così nuova
          Da farlo sbagliare - e chiedere di me
          a me - quando subito verso la Porta
          Andrò - per non andare più Altrove -

          Io devo solo non tramutarmi in così bella
          Da farlo sospirare - "l'Altra - Lei - Dov'è?"
          L'Amore, tuttavia, m'istruirà a dovere
          Sarò perfetta - ai Suoi occhi -

          Se Egli percepirà l'altra Verità -
          In una più Eccellente Gioventù -

          Com'è dolce non essersi privata Invano -
          Ma guadagnare - con la perdita - Col Dolore - ottenere -
          La Bellezza che Lo compensi al meglio -
          La Bellezza della Domanda - Acquietata.
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            Scritta da: Silvana Stremiz
            in Poesie (Poesie d'Autore)

            Anniversario (1889)

            Sono più di trent'anni e, di queste ore,
            mamma, tu con dolor m'hai partorito;
            ed il mio nuovo piccolo vagito
            t'addolorava più del tuo dolore.
            Poi tra il dolore sempre ed il timore,
            o dolce madre, m'hai di te nutrito:
            e quando fui del corpo tuo vestito,
            quand'ebbi nel mio cuor tutto il tuo cuore,
            allor sei morta; e son vent'anni: un giorno!
            E già gli occhi materni io penso a vuoto;
            e il caro viso già mi si scolora;
            mamma, e più non ti so. Ma nel soggiorno
            freddo dè morti, nel tuo sogno immoto,
            tu m'accarezzi i riccioli d'allora.
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              in Poesie (Poesie d'Autore)

              I lavoratori

              Ridono continuamente
              anche quando
              un'asse piomba giù
              e rovina una faccia
              o deforma
              un corpo
              loro continuano a ridere,
              quando il colore dell'occhio
              impallidisce da far paura
              per via della poca
              luce
              ridono ancora;
              rugosi e rimbecilliti
              ancora giovani
              ci scherzano sopra:
              un uomo che dimostra sessant'anni
              dirà
              ne ho 32, e
              allora rideranno tutti;
              qualche volta li fanno
              uscire per una boccata d'aria
              ma sono incatenati a ritornare
              da catene, che non
              spezzerebbero
              anche se potessero;
              anche fuori, tra
              gli uomini liberi,
              continuano a ridere,
              girano qua e là
              con un passo zoppicante
              e inane
              quasi non fossero più lì
              con la testa; fuori
              masticano un tozzo di pane,
              tirano sul prezzo, dormono, contano i soldi,
              guardano l'orologio
              e sono di ritorno;
              qualche volta nei confini
              addirittura si fanno seri
              un momento, parlano di
              Fuori, di come deve essere
              orribile,
              essere
              chiusi Fuori
              per sempre, e non essere mai più
              riammessi;
              fa caldo mentre lavorano
              e sudano
              un po',
              ma lavorano sodo e bene,
              lavorano così sodo
              che i nervi si ribellano
              e lì fanno tremare,
              ma spesso sono
              elogiati da quelli
              che tra loro si sono
              innalzati
              come stelle,
              e ora le stelle
              vigilano
              vigilano anche
              per quei pochi
              che potrebbero tentare
              un ritmo più lento
              o mostrare disinteresse
              o simulare
              una malattia
              per avere un po'
              di riposo (il riposo deve essere
              guadagnato per raccogliere le forze
              destinate ad un lavoro
              più perfetto).

              Qualche volta uno muore
              o impazzisce
              e allora da Fuori
              ne arriva uno nuovo
              per sfruttare la sua
              grande occasione.

              Io ci sono stato
              molti anni;
              in principio trovavo il lavoro
              monotono, stupido
              addirittura
              ma ora vedo
              che tutto ha un senso,
              e i lavoratori
              senza volto
              vedo bene che non sono proprio
              brutti, e che le teste
              senz'occhi –
              ora so che quegli occhi
              ci vedono
              e sono capaci
              di seguire il lavoro.
              Le donne che lavorano
              sono spesso le migliori,
              adattandosi con naturalezza,
              e con alcune
              ho amoreggiato nei momenti
              di riposo; in principio
              non sembravano molto diverse
              dalle scimmie
              ma poi
              grazie al mio spirito di osservazione
              mi son o reso conto
              che erano cose
              reali e vive
              come me.

              L'atra sera
              un vecchio lavoratore
              grigio e cieco,
              non più utile
              è stato mandato in pensione
              là Fuori.

              Discorso! Discorso!
              Abbiamo chiesto

              è stato
              un inferno, ha detto lui
              abbiamo riso
              tutti e 4000:
              aveva conservato il suo
              umorismo
              fino
              alla fine.
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