Scritta da: Buisnessman

Il trionfo della viltà

Che l'amore trionfi sussurrò colui
che era definito il vile,
colui che per le sue colpe era stato trafitto da qualsiasi verbo
che le persone erano un grado
di proferire in base a una sola campana suonante.
Da uomo schernito,
lui si alzò, guardo tutti e disse:
"che il mondo non mi abbia donato la perfezione io lo so,
ma mi ha donato la capacità di capire il mio errore e trasformalo
nel mio vantaggio più grande.
Chi parla è colei che l'amore non sa cos è e lo usa per dare
più corpo alla sua vita priva di evento,
al suo spirito privo di sogni.
Che l'amore trionfi,
ma per chi lo usa per sentirsi meno solo
sia il più grande dolore della sua vita"
questo è l'uomo vile,
che in un battito d'ali e uno sguardo rivolto al cielo,
cancella il suo passato e rivive nel sorriso di quelle persone
per cui lui è il valore non ciò che rappresenta.
Anonimo
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    Scritta da: Pierre

    Notte di pianto

    Il ripetersi incessante d'armonie di pianto,
    ricordi sparsi, persi rancori
    lacrime d'odio e di dolce perdono,
    grida mutate dal pianto,
    desideri, sopiti nell'animo,
    di dolcezze nel mondo sparse
    e nel cuor svanite

    Un lamento costante permane
    nello stravolto volto avvolto nel pianto,
    eterno e muto in frammenti
    tra delicati e devastanti eventi,
    Un lamento sparso nel vuoto
    di un anima dolorante
    che implora dolcezza

    Il gridare d'una sola notte
    di freddo lacrimare,
    il rifletter del vile dolore,
    il tremare della delusione
    coglie convulsi spasmi di pianto
    che, implacabili, conducono
    l'anima a vani pensieri

    Il ricordo di tenere voci,
    suadenti menzogne,
    tormento dell'anima affranta
    e sorgono tra fiumi di pianto
    ingenui perché.
    Ampolle di cristallo s'infrangono,
    fittizie illusioni di relazioni sopite

    Deluse speranze, illuse e tradite,
    rantolano morenti tra crudeli realtà,
    come pesci su nuda roccia
    ma non spirano, vivono sofferenti e contorte
    tra mari di sangue versato
    dal cuore impigliato e squarciato
    da acuminati rovi di false promesse...

    Nulla... né rancore né odio...
    Nulla... nemmeno conforto.
    Solo cupa rassegnazione,
    pace corrotta da un nero oblio,
    vuota serenità dal sapore di morte...
    Un Nulla vorace che tutto divora...
    Unico superstite.
    Anonimo
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      Scritta da: Silvana Stremiz
      Essere giovani non significa una stagione della vita
      bensì un modo di essere:
      il ruolo di guida è affidato alla volontà,
      gioventù è espressione dello spirito,
      della forza immaginativa,
      dell'intensità dei sentimenti;
      gioventù significa vittoria del coraggio
      sullo sgomento,
      vittoria dell'amore per il nuovo, sulla
      staticità.
      Non si diventa vecchi perché si è vissuto
      un certo numero di anni: si diventa vecchi quando si rinuncia agli ideali.
      Gli anni segnano la pelle,
      la perdita di ideali segna lo spirito.
      Pregiudizi, dubbi, timori, perdita di speranza
      sono nemici che poco per volta spingono
      verso terra,
      anzitempo, ancora prima di tornare
      alla terra...
      Giovane è chi ancora riesce a meravigliarsi
      ad entusiasmarsi;
      chi ancora chiede, come un insaziabile
      bimbo: "E poi?"
      e chi provoca gli eventi e sa gustare il
      gioco della vita.
      Siamo giovani come la nostra fiducia
      vecchi come il nostro dubbio;
      giovani come la fede in noi stessi, nella
      nostra speranza,
      vecchi come il nostro scoramento.
      Rimarremo giovani, finché rimarremo
      ricettivi
      per il bello, il bene, il grande; ricettivi per
      il messaggio
      della natura; del nostro prossimo...
      dell'incomprensibile.
      Se un giorno il nostro cuore fosse corroso
      dal pessimismo,
      avvinto dal cinismo, Dio abbia pietà della
      nostra anima
      dell'anima di un vecchio.
      Anonimo
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        Scritta da: Michela Vaccai

        Tu

        Tu...
        tu sei bello,
        unico,
        fantastico.
        Tu sei il mio dono...
        un dono caduto dal cielo,
        conosciuti cosi... quasi per sbaglio
        non so se ti merito...
        ma so bene quanto io ti amo.
        Tu che hai quell'insicurezza divina,
        tu che hai quel corpo per me fantastico,
        quello che ancora non ho toccato in nessun modo,
        ma che in molti dei miei sogni e desideri è apparso.

        Quante volte ho scritto il tuo nome nei mille fogli...
        tu li riempi ormai,
        come il mio cuore è pieno di te, i miei occhi lo sono di lacrime.
        Chissà se mai verrai da me...
        Chissà se mai potremo guardarci negli occhi
        e confessarci l'amore.
        Mio Dio quanto ti vorrei... davvero
        solo Dio lo può sapere.

        Voglio vederti...
        voglio sentire il cuore sobbalzare,
        voglio sentirmi guardata da te,
        voglio toccarti,
        baciarti,
        sfiorarti...
        e se posso... entrare nella tua testa mentre siamo vicini.
        Ti amo... ti amo... amo te...
        e non smetterò mai di dirlo...
        Ti amo.
        Anonimo
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          Scritta da: Assia & Niki

          Vorrei...

          Oggi vorrei farti un regalo,
          un regalo speciale,
          un dono che mai potrai scordare.
          Vorrei regalarti un sogno,
          mille sorrisi,
          il mio pensiero più profondo.
          Mai nessuna lacrima vorrei scorresse sul tuo bel viso,
          mai niente e nessuno vorrei spegnesse il tuo sorriso...
          A te che sei l'unico uomo per me,
          ti regalo ancora una volta tutto il mio cuore,
          perché tu possa sempre sentire i brividi dell'amore
          che solo quello vero può dare.
          Anonimo.
          Anonimo
          Composta martedì 12 aprile 2011
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            Scritta da: Dora
            Un sant'uomo ebbe un giorno da conversare con Dio e gli chiese: - Signore,
            mi piacerebbe sapere come sono il Paradiso e l'Inferno.
            Dio condusse il sant'uomo verso due porte.
            Aprì una delle due e gli permise di guardare all'interno.
            Al centro della stanza, c'era una grandissima tavola rotonda.
            Al centro della tavola, si trovava un grandissimo recipiente contenente cibo dal profumo delizioso.
            Il sant'uomo sentì l'acquolina in bocca. Le persone sedute attorno al tavolo erano magre, dall'aspetto livido e malato.
            Avevano tutti l'aria affamata. Avevano dei cucchiai dai manici lunghissimi, attaccati alle loro braccia.
            Tutti potevano raggiungere il piatto di cibo e raccoglierne un po',
            ma poiché il manico del cucchiaio era più lungo del loro braccio, non potevano accostare il cibo alla bocca.
            Il sant'uomo tremò alla vista della loro miseria e delle loro sofferenze. Dio disse: -
            Hai appena visto l'Inferno. Dio e l'uomo si diressero verso la seconda porta.
            Dio l'aprì. La scena che l'uomo vide era identica alla precedente.
            C'era la grande tavola rotonda, il recipiente colmo di cibo delizioso che gli fece ancora venire l'acquolina.
            Le persone intorno alla tavola avevano anch'esse i cucchiai dai lunghi manici.
            Questa volta, però, le persone erano ben nutrite e felici e conversavano tra di loro sorridendo.
            Il sant'uomo disse a Dio: - Non capisco! - è semplice, rispose Dio, dipende solo da un'abilità.
            Essi hanno appreso a nutrirsi gli uni gli altri, mentre gli altri non pensano che a loro stessi.
            Anonimo
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