Accontentai, e fui molte volte scontento
pensai a me stesso senza pensare agli altri
fui contento... di una solitudine infelice.
Composta martedì 6 dicembre 2016
Accontentai, e fui molte volte scontento
pensai a me stesso senza pensare agli altri
fui contento... di una solitudine infelice.
Poesia, da che ti amai,
nulla fu uguale, d'essenza, e meraviglia, e guerra
e malinconico abbandono
mi sposasti a corte
di vanità, giustizia e sentimento
per riposarmi e coricarmi all'urne
del rimpianto.
La neve fioca lentamente,
assopisce odi e rancori della gente
la raccolgo per l'ultima volta.
Dove andrò non ci saranno primavere,
estati, autunni ed inverni,
ma, soltanto infinito silenzio.
Ho camminato senza sosta
fino a che le ginocchia piansero
sul faro fioco della malattia che mi
trascinava ad ogni passo verso il tuo audace movimento.
Ad ogni sorsata di morte, il liquoroso
destino che mi davi
era plagio divino
che non sapevo smascherare.
Solo un addio mi rese nota
la più grande delle solitudini:
il tuo eco violento
come la fame dei miei lombi,
e la più grande delle libertà
pronte a colmarmi la vita.
Ora sono solo una triste notizia
di tensioni lontane
quanto il nido dei venti
che soffiano a primavera:
purissima, intoccabile, sconosciuta
a chi, per addolcirmi l'anima,
si fa creatore di zuccherate rose
che sanno solo di tentativi fugaci
di chi non ha mai conosciuto la morte.
Sei il miracolo di tutte le stelle,
il caldo abbraccio che accarezza i cieli.
Sei cosa più immensa...
sei il tramonto lontano che posso solo ammirare
ma così vicino da stringerci fra le mani
tutti gli infiniti.
Sono come un frigorifero.
Ciò che mi tiri fuori
è ciò che contengo.
Puoi scegliere ciò che più ti piace
e lasciare il resto.
Ma devi apprezzare tutto ciò che ho dentro
altrimenti aprirmi a te,
a lungo andare,
inizierà a farti storcere il naso.
Quando apri la mia porta mi illumino,
per mostrarti tutto ciò che ho dentro
ti lascio la possibilità di scegliere
quello che preferisci prendermi.
Quando però mi richiudi
conservo ciò che mi hai dato
nella mia fredda, sola oscurità.
Silenziosamente.
Ti abitui così tanto
alla mia presenza
da dimenticare di prenderti cura di me.
O che invecchio pure io
così col tempo
posso metterci anni, magari
ma col tempo mi esaurisco
e arriva il giorno in cui la tua abitudine
cozza contro la fine del mio ciclo vitale
e invece che la luce
e la mia cura per i tuoi bisogni
mi apro per te, ma dentro è tutto buio
tutto bagnato
come ricoperto di lacrime
e li riacquisto la mia importanza
a scapito della tua abitudine
per colpa di un tuo bisogno.
E finalmente ti ricordi che esisto
ma oramai è troppo tardi
così altro non resta da fare
che rimpiazzarmi
dimenticando tutto quello che per te
ho conservato senza mai una volta
chiederti qualcosa in cambio.
Ma in cuor tuo mi ricorderai
come il miglior frigorifero
che tu abbia mai avuto.
Tra incerti sorrisi adagia il passo,
cercando tra la folla una mano di certezza
perché le mani,
lei diceva,
sono forti solamente
nel coro fragoroso
dei volti della gente.
Scompiglia il vento diari e pagine,
profili di cose che cambiano fattezze.
Adesso lei pensa
al rumore della vita
che non smette,
e batte il ritmo più profondo
solo tra le proprie mani
perché i piedi d'argilla
di uomini qualunque
si sono sciolti dentro l'acqua
all'alba di un sogno vero.
Il vento oggi carezza
la sua chioma verso il sole.
Ora lei sa stare in piedi
appoggiandosi a sé stessa,
bianche mura
su cui scrivere "la vita la decido io".
Mi piace l'idea di chiamar per nome
quelle vecchie emozioni
che sostano nella nostra mente,
son fotografie
che il tempo sfuma
di un'età che non è più presente.
Mi piace pensarle senza rimpianto
sono la voce di un passato
impresso nella memoria,
con i colori sbiaditi
lontane dal presente
ma vicine alla nostra storia.
Mi piace sfogliarle nei ricordi
dissetarmi di loro
senza più tormento,
son fotogrammi
imperfetti del vissuto
frammenti di un sentimento.
Non ho memoria dei giorni
che passai
teneramente all'ascolto
di certe strane lodi di malinconia
che la terra dedicava al sole morente.
Allora ero una vergine spina
che rammendava le sue ferite
con il sale dell'acerbo frutto
che mi cresceva tutto nel ventre.
Oggi non so ancora dar nome
a ciò che nacque da quei lamentosi parti.
Ma quegli intangibili approdi,
vigorose soste del mio animo straripante,
risolvono i miei quesiti
nella terribile coscienza
di non essere nient'altro che poeta.
Oh mamma.
Mamma
quanta forza sprigiona
la tua anima
che ancora si ostina
a spingere un corpo
ormai stanco.
Mamma
profumi ancora
di quell'amore
che mi riporta a te
a noi.
Tu Mamma
l'essere perfetto
del mio mondo.
Oh mamma!
Potessi donarti
un pezzo del mio cuore
potessi io alleviare
le tue sofferenze.
Non c'è dolore
che io non senta
o che non legga
attraverso i tuoi occhi.
La vita scivola via
ma nulla cambia
tutto resta immutato.
Quanto vorrei sentirti
ancora cantare
mentre serena
cucini per noi,
per la tua famiglia
che mai hai trascurato.
Tu fiore
mi hai donato la vita
facendo brillare
i miei giorni
di splendidi colori,
colori che ora
vorrei restituirti
perché non c'è cosa
che desidero
di più al mondo
che vederti felice
come allora.
Oh mamma
quante cose
vorrei dirti attraverso
queste lacrime.
Grazie
grazie di avermi
insegnato ad amare
questa vita sempre
e nonostante tutto.
Grazie di avermi dato
la forza di sopportare
tante cose
di essere
stata per me
maestra di vita.
Ma sono egoista
non posso vivere
senza i tuoi sorrisi.
Oh mamma!
La vita dovrebbe
iniziare e finire insieme.
Insieme a te
a noi.