Poesie d'Autore


Scritta da: dantino
in Poesie (Poesie d'Autore)

Per te raccolgo un fiore

Vorrei donarti un fiore ma... ho paura
di piangere nel vederlo quando muore
perciò ti dono ciò che ho dentro il cuore
un mondo terso di sereno e sole
oppure il freddo il ghiaccio e, poi la neve
lo so ch'è poco, perciò ti do anche il mare
quello in tempesta o quello fatto per cullare
ciò che ho incontrato nel mio girovagare
ma anche i monti verdi, austeri e presuntuosi
poi tristi e soli, quasi lentamente fossero a morire
io nel cuore ho un mondo di ricordi
che sento non voler dimenticare
come sentire bimbi capricciosi
che han fame ma... rifiutano il mangiare
lo so ch'è ancora poco, ma il giardino che coltivo
a volte... è incapace di fiorire
quando della vita vincono le guerre, la fame e l'ingiustizia
se ti do il mio cuore in cambio del tuo amore
ti prego, non buttarlo
tienilo sul palmo della mano
affinché io possa...
ancora un poco amare.
Composta mercoledì 30 novembre 1994
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    Scritta da: Mariella Buscemi
    in Poesie (Poesie d'Autore)
    Ora che sono fachiro inconcludente
    sulle lastre fredde dell'anima dissolta
    _ disciolta è la neve
    che nera s'appresta a salire
    dai cieli bassi
    dai nervi come abissi
    dai miei tremori come collassi.

    Selenica la mia pelle
    trasfigura
    s'inserisce a goccia
    tra i seni grandi
    e le gole arse
    e segna ellissi nel tempo futuro
    che fa morsa e morde
    rigira l'iperbole
    a ciò che è stato.

    Quanto era vanto essere bella.
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      Scritta da: Antonio Prencipe
      in Poesie (Poesie d'Autore)

      E lì cucivo un sorriso

      "La paura s'impara" disse il respiro
      straziato di una gazzella ferita.
      Ci vuole coraggio per aver paura.
      E pensare a quando mio padre
      guardandomi moriva un po' di più,
      a quando mi chiese: "come stai?"
      e un "lasciami morire ti prego"
      in pieno volto gli squarciò il pianto.
      Non ho mai avuto paura
      lo sanno anche le mie labbra
      tra sangue e sperma affogate.
      Tra pugni e carezze spaccate.
      Tra bestemmie e parole d'amore
      sono state violentate, abusate.
      Tra preghiere di preti nudi a elemosinar
      orgasmi masturbate, come un povero
      Gesù Cristo umiliate.
      Non ho mai avuto paura
      e l'ho detto anche a lei.
      Mentre moriva e li cucivo un sorriso
      ai suoi pezzi di faccia rimasti
      come cemento sull'asfalto gelato.
      Eppure l'ho vista
      era il pane appena sfornato
      dal sangue ben allattato,
      era l'unghia incarnita di un mare
      rimasto nel bianco di un sasso spezzato,
      era la mia pelle scura stracciata dal vento.
      Bisogna saper amare per aver paura.
      E ne avevo bisogno per sentirmi vivo
      per non possedere l'odore che mi rese
      così meno fragile.
      Composta martedì 24 dicembre 2013
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        Scritta da: Gabriella Stigliano
        in Poesie (Poesie d'Autore)

        L'angelo

        Sognai un sogno! Che vorrà mai dire?
        Regina ero, e vergine,
        guardata da un buon angelo:
        pena senza perché mai non s'inganna!

        Piangevo notte e giorno le mie lacrime,
        e lui me le asciugava;
        giorno e notte piangevo
        celandogli la gioia del mio cuore.

        Così sulle sue ali volò via;
        il mattino arrossì;
        io il pianto mi asciugai,
        e i miei timori armai di scudi e lance.

        Egli presto tornò: mai mi ero armata,
        così che tornò invano;
        gioventù era passata,
        e grigie chiome stavan sul mio capo.
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          Scritta da: Gabriella Stigliano
          in Poesie (Poesie d'Autore)

          Il giardino d'amore

          Nel giardino d'amore un giorno entrai,
          e vidi cosa mai veduta prima:
          una cappella eretta proprio al centro
          del prato ove ero solito giocare.

          Essa aveva cancelli ben sprangati,
          "tu non devi", era scritto sulla soglia;
          io al giardino d'amore mi rivolsi,
          che tanti fiori aveva generato;

          io lo vidi di tombe tutto ingombro,
          ed al posto dei fiori v'eran lapidi;
          e preti neri intorno, ad imbrogliare
          tra spini i miei piaceri e desideri.
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            Scritta da: dantino
            in Poesie (Poesie d'Autore)

            (Per mio padre) Campo di sterminio

            Sudano dolore queste pietre
            Ed io non odo che voci morte intorno
            Non è il pianto delle mie carni a costruirmi il male
            È del pensiero che mi sento solo
            Siamo così in tanti a non pregare
            ed a sperar che un giorno la fame,
            ci ponga in premio il fine del dolore
            che il pentimento prima del morire ci par da insulto
            al nostro faticoso respirare
            Perché ognun di noi ha in cuore colpe
            ma se ricordo
            Non ho commesso nulla
            Da farmi meritar tanto soffrire
            e i bimbi?
            Cosa ne sanno di così tanto male?
            E in questo freddo campo
            In questa neve,
            Sono i primi che imparano a morire
            Non è il pianto delle mie carni a costruirmi il male
            È del pensiero che mi sento solo
            È l'uomo nel suo abbandono a Dio che muore oppur l'inverso?
            E questo è un uomo? E Dio?
            Sudano dolore queste pietre
            Ed io non odo che voci morte intorno.
            Composta nel 2005
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              Scritta da: Angela MORI
              in Poesie (Poesie d'Autore)

              Il suono dell'incanto

              Sussulto e delizia,
              Stupore allo scontro
              Nell'anima mia e del mio silenzio.
              Meraviglia in frantumi
              Come lapilli al suolo,
              Da cuoi s'aprono boccioli
              O volo di passero
              Che taglia il cielo scuro,
              Liberando il sole e creando il giorno.
              Arpa fatata nel vuoto,
              Uragano nel querceto
              Petardo in città che dorme
              Sento il sapore dell'anima tua
              Voce senza presenza!
              Di quale rosso è la sfumatura
              Delle labbra che ti emettono?
              Ti sento e non vedo
              La modernità ha ideato
              Un indiscreto incanto.
              Tu sei corpo al mio intelletto
              E non massa al mio occhio,
              Sospiro senza vento,
              Luce senza bagliore
              E suono che giunge al cuore,
              Al mio allettato orecchio
              E non al mio sconfortato sguardo.
              Composta mercoledì 28 gennaio 2015
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                Scritta da: Gianni Marcantoni
                in Poesie (Poesie d'Autore)

                Se ti vuoi ammazzare

                Se ti vuoi ammazzare, perché non ti vuoi ammazzare?
                Ah, approfittane! Che io che tanto amo la morte e la vita,
                se osassi ammazzarmi, anch'io mi ammazzerei...
                Ah, se oserai, osa!
                A che ti serve il quadro successivo delle immagini esterne
                che chiamiamo il mondo?
                La cinematografia delle ore recitate
                da attori di convenzioni e pose determinate,
                il circo policromo del nostro dinamismo senza fine?
                A che ti serve il tuo mondo interiore che disconosci?
                Forse, ammazzandoti, finalmente lo conoscerai...
                Forse, finendo, comincerai...
                E, in ogni caso, se ti manca essere,
                ah, stancati nobilmente,
                e ubriaco non cantare, come me, la vita,
                non salutare come me la morte in letteratura!

                Sei necessario? O futile ombra chiamata gente!
                Nessuno è necessario; non sei necessario a nessuno...
                senza di te tutto scorrerà senza di te.
                Forse per gli altri è peggio se esisti che se ti ammazzi...
                forse pesi di più durando, che cessando di durare...

                Il dolore degli altri?... Hai il rimorso anticipato
                che ti piangano?
                Tranquillo: poco ti piangeranno...
                L'impulso vitale asciuga le lacrime poco a poco,
                quando non sono per cose nostre,
                quando sono per ciò che succede agli altri, soprattutto la morte,
                perché è la cosa dopo la quale niente succede agli altri...

                Dapprima è l'angustia, la sorpresa della visita
                del mistero e dell'assenza della tua vita parlata...
                poi l'orrore della bara visibile e materiale,
                e gli uomini in nero che esercitano la professione di stare lì.
                Poi la famiglia che veglia, inconsolabile e che racconta aneddoti,
                piangendo tra le ultime notizie dei giornali della sera,
                intersecando il dolore della tua morte con l'ultimo delitto...
                e tu mera causa occasionale di quella lamentazione,
                tu, veramente morto, molto più morto di quanto pensi...

                molto più morto qui, di quanto credi,
                anche se sei molto più vivo al di là...

                Poi il ritiro nero verso la tomba o la fossa,
                e poi l'inizio della morte della tua memoria.
                Dapprima c'è in tutti un sollievo
                della tragedia un po' seccante che tu sia morto...
                Poi la conversazione si alleggerisce man mano,
                e la vita di tutti i giorni riprende il suo corso...
                Infine, lentamente, sei dimenticato.
                Sei ricordato in due date, anniversariamente:
                il giorno della tua nascita, e il giorno della tua morte.

                Nient'altro, nient'altro, assolutamente nient'altro.
                Due volte all'anno pensano a te.
                Due volte all'anno sospira per te chi ti amò,
                e qualche volta sospirano se per caso si parla ti te.

                Guardati a freddo, e guarda a freddo cosa siamo...
                Se ti vuoi ammazzare, ammazzati...
                Non farti scrupoli morali, incertezze dell'intelligenza!
                Che scrupoli o incertezze ha la meccanica della vita?
                Che scrupoli chimici ha l'impulso che genera
                la linfa, e la circolazione del sangue, e l'amore?
                Che memoria degli altri ha il ritmo allegro della vita?

                Ah, povera vanità in carne e ossa chiamata uomo,
                non vedi che non hai assolutamente nessuna importanza?
                Sei importante per te, perché è te stesso che senti.
                Sei tutto per te, perché per te sei l'universo,
                e lo stesso universo e gli altri
                satelliti della tua soggettività oggettiva.
                Sei importante per te perché solo tu sei importante per te.
                E se tu sei così, o mito, gli altri non sono lo stesso?

                Hai, come Amleto, il terrore dello sconosciuto?
                Ma cosa è conosciuto? Cosa conosci tu,
                per chiamare sconosciuto qualcosa in particolare?

                Hai, come Falstaff, un grasso amore per la vita?
                Se la ami così materialmente, amala ancor più materialmente:
                divieni parte carnale della terra e delle cose!
                Disperditi, sistema psichico-chimico
                di cellule notturnamente coscienti
                nella notturna coscienza dell'incoscienza dei corpi,
                nella grande coperta che niente copre delle apparenze,
                nel prato e nell'erba della proliferazione degli esseri,
                nella nebbia atomica delle cose,
                nelle pareti turbinanti
                del vuoto dinamico del mondo...
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