Poesie d'Autore


Scritta da: Eugenio Patanè
in Poesie (Poesie d'Autore)

Stelle

Lentiggini oro sovrastano me,
statico grano che osservo e che ammiro.
Protetto mi sento dal vostro guardarmi,
più siete e più godo di mille attenzioni.
Vi guardo, vi parlo, vi scelgo e vi imploro;
vi prego, vi studio e mi addormento beato.
Se nulla possiedo, è a voi che appartengo.

E cullare mi lascio dall'incanto che siete.
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    Scritta da: Eugenio Patanè
    in Poesie (Poesie d'Autore)

    Fame di un ripetuto tormento

    E quando un amore è in declino o finisce
    noi siamo anime stanche e appassite.
    Inappetenti – i nostri corpi romantici – sono
    i relitti incrostati d'un perduto naufragio.
    Eppure – ogni qualvolta c'immergeremo in quel punto –
    avremo fame di un ripetuto tormento.

    Nel silenzio del mare
    vedremo cose che erano assenti.
    Nuoteremo fra le mutaciche alghe –
    interrogheremo anche loro.

    Chiederemo loro un motivo.
    Ma il loro danzare non ci soddisferà –
    non ci darà una risposta.
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      Scritta da: Eugenio Patanè
      in Poesie (Poesie d'Autore)

      Voi che volete divisa l'Italia

      Volete per forza saccheggiare l'Italia!
      Volete rubarle zolle d'umida terra
      desiderando perfino cintarne l'aria e il respiro.
      Gli spazi – da voi delimitati – e per lo più dediti
      all'interesse industriale
      rinchiudono l'uomo e la donna al tormento
      rendendoli macchine inesperte di Vita
      facendone menti incapaci di Sogno.

      Volete per forza ricreare una guerra!
      Volete accanirvi come cani randagi
      contro coloro che vi guardan con pena.
      Contro gli altri Italiani – che lavoran di meno
      o che forse non lavorano affatto...
      Volete per forza addolorare la Patria
      ripetendo la storia di Abele e Caino.
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        Scritta da: Eugenio Patanè
        in Poesie (Poesie d'Autore)

        Il nido dell'odio

        Il vino esalta quel tempo, riesumandone il male
        e una drammatica me; misera violetta appassita,
        fra le parole che non ho avuto mai. Amavo forse
        il tuo dolore che in te cresceva a dismisura;
        volevo ergermi a regina d'un miserando re!
        A te mi diedi interamente, credendo di farmi
        tua redenzione. T'amai con rabbia e con angoscia
        piena, nel raccattarti un bacio, nel coglierti un sorriso.
        T'amai, umiliata, nel silenzio duro. Nel deglutire
        le tue prepotenze, la casa divenne il nido dell'odio;
        mi derubasti d'un sogno, scaraventandomi a terra.
        Poi, presa a calci e battuta, sputai nel sangue pietà!
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