Le migliori poesie inserite da Silvana Stremiz

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Scritta da: Silvana Stremiz

Itaca

Se per Itaca volgi il tuo viaggio,
fa voti che ti sia lunga la via,
e colma di vicende e conoscenze.
Non temere i Lestrigoni e i Ciclopi
o Poseidone incollerito: mai
troverai tali mostri sulla via,
se resta il tuo pensiero alto e squisita
è l'emozione che ci tocca il cuore
e il corpo. Nè Lestrigoni o Ciclopi
nè Poseidone asprigno incontrerai,
se non li rechi dentro, nel tuo cuore,
se non li drizza il cuore innanzi a te.

Fa voti che ti sia lunga la via.
E siano tanti i mattini d'estate
che ti vedano entrare (e con che gioia
allegra) in porti sconosciuti prima.
Fa scalo negli empori dei Fenici
per acquistare bella mercanzia,
madrepore e coralli, ebani e ambre,
voluttuosi aromi d'ogni sorta,
quanti più puoi voluttuosi aromi.
Recati in molte città dell'Egitto,
a imparare dai sapienti.
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    Scritta da: Silvana Stremiz

    Rovine

    Non è vero che hanno distrutto
    le case, non è vero:
    solo è vero in quel muro diruto
    l'avanzarsi del cielo

    a piene mani, a pieno petto,
    dove ignoti sognarono,
    o vivendo sognare credettero,
    quelli che son spariti…

    Ora aspetta all'ombra spezzata
    il gioco d'altri tempi,
    sopra i muri, nell'alba assolata,
    imitarne gli accenti….

    e nel vuoto, alla rondine, che passa.
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      Scritta da: Silvana Stremiz
      Ieri all'ora nona mi dissero:
      il Drago è certo, insediato nel centro
      del ventre come un re sul suo trono.
      E calmo risposi: bene! Mettiamoci
      in orbita: prendiamo finalmente
      la giusta misura davanti alle cose;
      e con serenità facciamo l'elenco:
      e l'elenco è veramente breve.

      Appena udibile, nel silenzio,
      il fruscio delle nostre passioncelle
      del quotidiano, uguale
      a un crepitare di foglie
      sull'erba disseccata.
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        Scritta da: Silvana Stremiz

        L'annuale della fondazione di Roma

        Te redimito di fior purpurei
        april te vide su 'l colle emergere
        da 'l solco di Romolo torva
        riguardante su i selvaggi piani:
        te dopo tanta forza di secoli
        aprile irraggia, sublime, massima,
        e il sole e l'Italia saluta
        te, Flora di nostra gente, o Roma.
        Se al Campidoglio non più la vergine
        tacita sale dietro il pontefice
        né più per Via Sacra il trionfo
        piega i quattro candidi cavalli,
        questa del Fòro tua solitudine
        ogni rumore vince, ogni gloria;
        e tutto che al mondo è civile,
        grande, augusto, egli è romano ancora.
        Salve, dea Roma! Chi disconósceti
        cerchiato ha il senno di fredda tenebra,
        e a lui nel reo cuore germoglia
        torpida la selva di barbarie.
        Salve, dea Roma! Chinato a i ruderi
        del Fòro, io seguo con dolci lacrime
        e adoro i tuoi sparsi vestigi,
        patria, diva, santa genitrice.
        Son cittadino per te d'Italia,
        per te poeta, madre de i popoli,
        che desti il tuo spirito al mondo,
        che Italia improntasti di tua gloria.
        Ecco, a te questa, che tu di libere
        genti facesti nome uno, Italia,
        ritorna, e s'abbraccia al tuo petto,
        affisa nè tuoi d'aquila occhi.
        E tu dal colle fatal pe 'l tacito
        Fòro le braccia porgi marmoree,
        a la figlia liberatrice
        additando le colonne e gli archi:
        gli archi che nuovi trionfi aspettano
        non più di regi, non più di cesari,
        e non di catene attorcenti
        braccia umane su gli eburnei carri;
        ma il tuo trionfo, popol d'Italia,
        su l'età nera, su l'età barbara,
        su i mostri onde tu con serena
        giustizia farai franche le genti.
        O Italia, o Roma! Quel giorno, placido
        tornerà il cielo su 'l Fòro, e cantici
        di gloria, di gloria, di gloria
        correran per l'infinito azzurro.
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          Scritta da: Silvana Stremiz
          Quando su un volto desiderato si scorge
          il segno
          di tante stagioni e una vena troppo scura
          si prolunga nella stanza, quando
          le incisioni
          della vita giungono in folla e il sangue
          rallenta
          dentro i polsi che abbiamo stretto
          fino all'alba,
          allora non è solo lì che la grande corrente
          si ferma, allora è notte, è notte
          su ogni volto
          che abbiamo amato.
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            Scritta da: Silvana Stremiz
            Sognando di scoprire universi sconosciuti... abbandono i miei sensi alla follia della passione... ossessionata dalla tua magnetica sensualità... arde il desiderio di possedere la tua mente... giocando con i tuoi sogni proibiti... alimenta la mia fiamma e scalda i tuoi sensi... libera i tuoi pensieri e abbandona il tuo corpo... vivi con me...
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              Scritta da: Silvana Stremiz

              Tutte le lettere d'amore

              Tutte le lettere d'amore sono
              ridicole.
              Non sarebbero lettere d'amore se non fossero
              ridicole.

              Anch'io ho scritto ai miei tempi lettere d'amore,
              come le altre,
              ridicole.

              Le lettere d'amore, se c'è l'amore,
              devono essere
              ridicole.

              Ma dopotutto
              solo coloro che non hanno mai scritto
              lettere d'amore
              sono
              ridicoli.

              Magari fosse ancora il tempo in cui scrivevo
              senza accorgermene
              lettere d'amore
              ridicole.

              La verità è che oggi
              sono i miei ricordi
              di quelle lettere
              a essere ridicoli.

              (Tutte le parole sdrucciole,
              come tutti i sentimenti sdruccioli,
              sono naturalmente
              ridicole).
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                Scritta da: Silvana Stremiz

                È tempo, amico

                Certo per me, amico, è tempo
                di appendere la cetra
                in contemplazione
                e silenzio.

                Il cielo è troppo alto
                e vasto
                perché risuoni di questi
                solitari sospiri.

                Tempo è di unire le voci,
                di fonderle insieme
                e lasciare che la grazia canti
                e ci salvi la Bellezza.

                Come un tempo cantavano le foreste
                tra salmo e salmo
                dai maestori cori
                e il brillio delle vetrate
                e le absidi in fiamme.

                E i fiumi battevano le mani
                al Suo apparire dalle cupole
                lungo i raggi obliqui della sera;
                e angeli volavano sulle case
                e per le campagne e i deserti
                riprendevano a fiorire.

                Oppure si udiva fra le pause
                scricchiolare la luce nell'orto, quando
                pareva che un usignolo cantasse
                "Filii et Filiae", a Pasqua.

                (da "Nel segno del Tau")
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                  Scritta da: Silvana Stremiz
                  E daj cont sto chez-nous: ma sanguanon!
                  Subet ch'el gh'ha sta gran cuccagna in Franza,
                  ghe va tant a andà foeura di cojon
                  e a tornà a cà a godella sta bordanza?

                  In quant a nun, s'el ne usa st'attenzion
                  in contrassegn de grata redondanza
                  el scassem subet giò del tabellon
                  di balloss e di porch senza creanza.

                  Anzi, ch'el varda, vuj ch'el preghem fina
                  de no fà olter quand el riva a cà
                  che parlà maa de nun sira e mattina.

                  Inscí almanch podaravem lusingass
                  che paricc finalment, dandegh a trà,
                  barattassen el sit d'andà a seccass.
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