Le migliori poesie inserite da Silvana Stremiz

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Scritta da: Silvana Stremiz
Lei
sarà alta e bella,
sarà quella che hai sempre sognato,
l'avrai vista sui calendari o sulle pubblicità dei collant
l'avrai incontrata di notte,
nei nebbiosi locali dove a stento respiri,
o su certi squallidi giornali
o sulle pagine sgualcite di un libro senza illustrazioni
e l'avrai posseduta tra le fredde lenzuola,
sarà lei a tradirti ma sarà lei che vorrai
ogni notte, ancora

Lei non ha un cuore, non è mai triste e non ride
lei non ti parla, non è curiosa,
non prende mai l'iniziativa,
lei no, non è vittima di aspettative,
non ti guarda negli occhi,
non beve il tuo vino,
non si riscalda alle fiamme del tuo camino,
Lei non ama, ma non importa,
la vorrai anche perché non bussa alla tua porta,
perché non conosce il tuo numero e non ti chiama
la vorrai proprio perché lei non ti ama.
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    Scritta da: Silvana Stremiz

    Sinfonia azzurra

    Venne in cerca di te
    nella calda notte, lungo le strade dai fanali azzurri.
    Tutte le strade, allora, la notte erano azzurre
    come le vie dei cieli,
    e il volto amato
    non si vedeva: si sentiva in cuore
    E ti trovò, o dolcezza, nell'ombra
    casta, velata d'un vapor di stelle.
    Fra quel tremolìo d'astri
    discesi in terra,
    in quell'azzurro di due firmamenti
    l'uno a specchio dell'altro, ella
    ella pure rispecchiò in te l'anima sua notturna.
    E ti seguì con passo di bambina
    senza sapere, senza vedere, tacita e fluida.
    E allor che il giorno apparve
    con fresco riso roseo su l'immenso turchino,
    non trovò più se stessa
    per ritornare.
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      Scritta da: Silvana Stremiz

      Nel paese di mia madre

      Nel paese di mia madre v'è un campo quadrato, cinto di gelsi.
      Di là da quel campo altri campi quadrati, cinti di gelsi.
      Roggie scorrenti vi sono, fra alti argini, dritte, e non si sa dove vanno a finire.
      La terra s'allarga a misura del cielo, e non si sa dove vada a finire.

      Nel paese di mia madre v'han ponti di nebbia, che il vento solleva da placidi fiumi:
      varca il sogno quei ponti di nebbia, mentre le rive si stellan di lumi.
      Pioppi e betulle di tremula fronda accompagnan de l'acque il fluire:
      quando nè rami s'impigliano gli astri, in quella pace vorrei morire.

      Nel paese di mia madre un basso tugurio sonnecchia sul limite della risaia,
      e ronzano mosche lucenti, ghiotte, intorno a un ammasso di concio.
      Possanza di morte, possanza di vita, nell'odore del concio: ne gode
      la terra dall'humus profondo, sotto la vampa d'agosto che immobile sta.

      Nel paese di mia madre, quando il tramonto s'insaguina obliquio sui prati,
      vien da presso, vien da lontano una canzone di lunga via:
      la disser gli alari alle cune, gli aratri alle marre, le biche all'aie fiorite di lucciole,
      vecchia canzone di gente lombarda: "La Violetta la vaaa la vaaaa... "
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        Scritta da: Silvana Stremiz

        La mia vita, il mio canto

        L'egual vita diversa urge intorno;
        cerco e non trovo e m'avvio
        nell'incessante suo moto:
        a secondarlo par uso o ventura,
        ma dentro fa paura.
        Perde, chi scruta,
        l'irrevocabil presente;
        né i melliflui abbandoni
        né l'oblioso incanto
        dell'ora il ferreo battito concede.
        E quando per cingerti lo balzo
        -' sirena del tempo -
        un morso appéna e una ciocca ho di te:
        o non ghermita fuggì, e senza grido
        nei pensiero ti uccido
        è nell'atto mi annego.
        Se a me fusto è l'eterno,
        fronda la storia e patria il fiore,
        pur vorrei maturar da radice
        la mia linfa nel vivido tutto
        e con alterno vigore felice
        suggere il sole e prodigar il frutto;
        vorrei palesasse il mio cuore
        nei suo ritmo l'umano destino,
        e che voi diveniste - veggente
        passione del mondo,
        bella gagliarda bontà -
        l'aria di chi respira
        mentre rinchiuso in sua fatica va.
        Qui nasce, qui muore i! Mio canto:
        e parrà forse vano
        accordo solitario;
        ma tu che ascolti, recalo
        al tuo bene e al tuo male;
        e non ti sarà oscuro.
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          Scritta da: Silvana Stremiz

          Il ponte Mirabeau

          Sotto il ponte Mirabeau scorre la Senna
          E i nostri amori
          Me lo devo ricordare
          La gioia veniva sempre dopo il dolore
          Venga la notte suoni l'ora
          I giorni se ne vanno io rimango

          Le mani nelle mani faccia a faccia restiamo
          Mentre sotto
          Il ponte delle nostre braccia passa
          L'onda stanca degli eterni sguardi
          Venga la notte suoni l'ora
          I giorni se ne vanno io rimango

          L'amore se ne va come quest'acqua corrente
          L'amore se ne va
          Com'è lenta la vita
          E come la Speranza è violenta
          Venga la notte suoni l'ora
          I giorni se ne vanno io rimango

          Passano i giorni e passano le settimane
          Né il tempo passato
          Né gli amori ritornano
          Sotto il ponte Mirabeau scorre la Senna
          Venga la notte suoni l'ora
          I giorni se ne vanno io rimango.
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            Scritta da: Silvana Stremiz

            Il sole e l'ombra

            Sole di mezzogiorno, nel luglio felice, sulla piazza deserta:
            piazza lontana di città lontana, tu ed il tuo uomo,
            e quello era il mondo.
            Bianca nella tua veste, bianca vibratile fiamma tu pure,
            nell'abbaglio d'incendio dell'aria.
            Bianco il tuo riso perduto nel riso di lui, fresco di polla il
            tuo riso d'amore tra il vasto fulgere ed ardere.
            Non sarebbe discesa la notte, non sarebbe venuto il domani,
            tua la luce, tuo l'uomo, tuo il tempo.
            Fermasti il tempo in pieno sull'ora solare per cui in terra
            tu fosti divina:
            il resto è ombra e polvere d'ombra.
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              Scritta da: Silvana Stremiz

              Nonno

              Sulla panchina fuori casa
              seduto a caccia di ricordi,
              riflessi in quegli occhi
              ormai senza luce, cerchi...

              Cerchi nella mente il visto.
              Dipingi il presente con i colori
              di un antico vissuto e vedere.

              Sfiori con il tocco quei ricordi.
              Con il tuo bastone ti fai strada
              fra il sentiero reale,
              con gli occhi fra quei ricordi.

              Cerchi ogni altrove
              nel libro del vissuto,
              nel bagaglio del passato
              ciò che non hai più.

              Cammini con le gambe,
              tocchi con le mani,
              vedi con la mente,
              ma negli occhi...
              il vuoto del non vedere.
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