La nostra nascita non è che un sonno e un oblio; L'anima che ci accompagna, stella di nostra vita, d'altro saggio gode ben altrove, e da tanto lontano è giunta non già. Tutta dimentica di sua prima natura nè in nudità di sè completa, che anzi trascina a noi con sè i gran nembi di gloria. Dal Dio ch'è nostra casa. Indugia su noi bambini per un poco di cielo.
Vivono la vita calma delle radici. I loro desideri non li opprime il Fato, o, se li opprime, li redime con la vita immortale. Non hanno ombre o altri che li attristino. E, inoltre, non esistono...
Amo la libertà dè tuoi romiti vicoli e delle tue piazze deserte, rossa Pavia, città della mia pace. Le fontanelle cantano ai crocicchi con chioccolìo sommesso: alte le torri sbarran gli sfondi, e, se pesante ho il cuore, me l'avventano su verso le nubi. Guizzan, svelti, i tuoi vicoli, e s'intrecciano a labirinto; ed ai muretti pendono glicini e madreselve; e vi s'affacciano alberi di gran fronda, dai giardini nascosti. Viene da quel verde un fresco pispigliare d'uccelli, una fragranza di fiori e frutti, un senso di rifugio inviolato, ove la vita ignara sia di pianto e di morte. Assai più belli i bei giardini, se nascosti: tutto mi pare più bello, se lo vedo in sogno. E a me basta passar lungo i muretti caldi di sole; e perdermi nè tuoi vicoli che serpeggian come bisce fra verzure d'occulti orti da fiaba, rossa Pavia, città della mia pace.
Chi vuol conoscer, donne, il mio signore, miri un signor di vago e dolce aspetto, giovane d'anni e vecchio d'intelletto, imagin de la gloria e del valore: di pelo biondo, e di vivo colore, di persona alta e spazioso petto, e finalmente in ogni opra perfetto, fuor ch'un poco (oimè lassa! ) empio in amore. E chi vuol poi conoscer me, rimiri una donna in effetti ed in sembiante imagin de la morte e dè martiri, un albergo di fé salda e costante, una, che, perché pianga, arda e sospiri, non fa pietoso il suo crudel amante.
Tutto quello che passa per le tue mani ha una dolce impronta un senso giusto un sapore di semi si riscatta dall'onta del suo essere plumbeo ogni ruga si spiana sull'arco della fronte chi da te si diparte a te ritorna come un pane sparito rifiorito nel forno.
La fiamma viva straziò l'aria, uní i volti in purpureo gesto, svegliò la freschezza delle bocche, fece delle braccia un nido, e dei corpi brezze nelle dune, cullarsi delle foglie nelle brezze.
Siamo sensibili, il vetriolo del mondo attuale non deturperà la nostra fantasia.
Siamo sensibili, orologi rallentati sfiorano i nostri animi giocondi, acquistiamo minuti indispensabili con la moneta dell'irrazionalità.
Siamo sensibili, non indosseremo mai abiti d'apparenza, scoperchieremo tombe mnemoniche inesplorate.
Siamo insensibili, al disprezzo dei non volanti, alla tortura della nostra ineguaglianza, al possesso smisurato di alambicchi posticci.
Siamo inutili, le vostre necessità svaniscono nell'eterno.
Anche se calpestate il nostro cipiglio brumoso, e calpestate ogni giorno la nostra incoerente duttilità; Noi, con l'orgoglio di saper piangere e l'angoscia di guadare luoghi irraggiungibili vi rammenteremo che... ... siamo sensibili.
Gira la trottola viva sotto la sferza, mercé la sferza; lasciata a sé giace priva, stretta alla terra, odiando la terra; fin che giace guarda il suolo; ogni cosa è ferma, e invidia il moto, insidia l'ignoto; ma se poggia a un punto solo mentre va s'impernia, e scorge intorno vede d'intorno; il cerchio massimo è in alto se erige il capo, se regge il corpo; nell'aria tersa è in risalto se leva il corpo, se eleva il capo; gira - e il mondo variopinto fonde in sua bianchezza tutti i contorni, tutti i colori; gira, e il mondo disunito fascia in sua purezza con tutti i cuori per tutti i giorni; vive la trottola e gira, la sferza Iddio, la sferza è il tempo: così la trottola aspira dentro l'amore verso l'eterno.