Poesie personali


in Poesie (Poesie personali)
Ti aspetterò tra inferno e paradiso,
ti aspetterò sulla vetta della montagna più alta nel punto più basso della Terra, tra cielo e mare,
ti aspetterò tra luce e oscurità, dove fiamme fredde alimentate dai ghiacci creano ombre al posto del fumo,
ti aspetterò al centro dell'universo disegnando i tuoi occhi su una tela invisibile usando i colori dei sogni mentre il battito del cuore segnerà il tempo di questa attesa.
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    Scritta da: Brunason
    in Poesie (Poesie personali)

    Ho trovato un silenzio

    Ho trovato un silenzio,
    un sordo oblio.
    Freddo e agghiacciante.

    Indifferente, immemore,
    tu avanzi.
    Senza rimpianti.

    Nessuno è più indigente.
    Di chi come te
    non sente ormai niente.

    Hai bisogno del mio amore
    e lo sciupi insieme al nulla
    di ogni giorno.

    Forse son folle
    ma ho grande pietà
    del tuo cuore di ghiaccio.

    Come vetro s'infrangerà
    su un cuore marmoreo
    più rude del tuo.
    Composta mercoledì 2 dicembre 2009
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      Scritta da: Brunason
      in Poesie (Poesie personali)

      Corsi e ricorsi

      A volte mi domando
      se una Mano impassibile
      abbia tracciato a caso
      la mia strada.

      Dejà vu.
      Percorsi obbligati.
      Iter dolorosi.
      Ancora e ancora.

      Tutto passa,
      tutto torna.
      Nulla resta,
      nulla muta.

      Guardo al Cielo
      gli occhi asciutti.
      Grido al Cielo
      senza alcuna voce.

      Tornerà il sereno,
      lo so.

      Quel Sole nascosto
      trafiggerà con il Suo splendore
      queste nubi minacciose,
      oscure.

      Ma mi domando
      se è permesso sperare.
      E implorare di vivere
      al calore di un Sole perenne
      Senza intristire e gelare
      alla freddezza di cuori polari.

      E prego.
      Composta giovedì 26 novembre 2009
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        Scritta da: Brunason
        in Poesie (Poesie personali)

        Serena malinconia

        Fluisce il tempo,
        scandito
        dalla mesta consapevolezza
        che sarà
        un altro giorno.
        Un altro giorno
        senza te.

        Il sorriso forzato,
        patetico sforzo
        di mascherare la pena.
        Parvente allegria.

        E tu?
        Cammini dimentico
        o un ricordo talvolta
        t'assale?
        Vivi sereno
        o improvviso
        un morso
        ti sfiora il cuore?

        Io alzo le mani,
        non posso più stare
        sull'orlo
        a guardare.
        Il precipizio mi attira,
        il baratro mi chiama.
        L'amletico dubbio
        mi ferisce,
        in due mi separa.

        E allora, prego.
        Prego di tornare a godere
        del canto e del sole,
        del verde e del vento.

        Prego che questo ricordo cocente
        si trasformi
        in serena malinconia.
        Composta mercoledì 13 aprile 2005
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          Scritta da: Brunason
          in Poesie (Poesie personali)

          Se fossi...

          Se fossi un albero,
          sarei un salice piangente.

          Flessibile ed etereo.
          Il salice cresce
          sempre più ondeggiante.
          Alto e slanciato.
          E così sottile
          da apparire inconsistente...

          Molto delicato.
          Oscillante dolcemente
          ad ogni alito di vento.
          Eppure...
          è resistente e tenace
          perfino nella tempesta.

          Non ho mai visto un salice abbattuto
          Nemmeno dopo una temporale.

          Al contrario,
          ho visti pini possenti,
          abbattuti, sradicati.
          Divelti e atterrati
          da forti venti.

          Alti e maestosi,
          si ergono fino al cielo.
          I rami mai sfrondati
          oltremisura si allungano
          e mutano l'antica condizione.
          Le piante ormai fragili appaiono.
          Trasformata è l'apparente solidità.

          Non io ho scelto
          se sottilissimo salice apparire
          o stabile quercia.
          Forse altro avrei scelto.
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            Scritta da: cassie
            in Poesie (Poesie personali)

            Vivere

            Sai che vivi una vita che non ti appartiene
            e il tuo cuore è legato dalle catene
            Con il passare del tempo ne senti il peso
            e non ne rimani sorpreso
            Ti svegli ogni giorno con la convinzione che cambierà
            Ma sai già che non accadrà
            Speri che qualcosa ti smuova
            Come una notizia nuova
            Ma il tempo passa ugualmente
            e tu non stai facendo niente
            Allora ti arrabbi e chiedi perché
            Ti siedi e bevi un caffè
            Con la mente pensi come sarebbe
            Se ciò che vuoi accadrebbe
            Saresti felice?
            O infelice?
            Non è chiederselo e agire
            Ma hai paura di fuggire
            Ma da cosa ti domandi
            è ora di diventare grandi
            Così è deciso e prendi e vai
            e inizierai una nuova vita vedrai
            Alti e bassi arriveranno
            Ma basta affrontarli e passeranno
            Basta vivere questa vita per te insofferente
            e ora di viverla splendente.
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              Scritta da: Giuseppe
              in Poesie (Poesie personali)

              Rullata

              Sulla grande pista rulla l'aereo potente
              scalda i motori, si muove lentamente.
              Poi si gira, torna indietro, indi sobbalza
              fa rumore, inquina l'aria ma non s'alza.

              Triste è l'amor che muore lentamente.
              Lascia ferite non sanabili o difficilmente.
              Peggio ancora l'amore che non nasce:
              lascia tristezza e vuote, assurde fasce.
              Composta sabato 21 aprile 2007
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                Scritta da: Tiziana Monari
                in Poesie (Poesie personali)

                Canzone per Gino

                Se sogno di un uomo
                io penso a mio padre
                pescatore di stelle e lampare
                in mattini con l'oro alla bocca
                a dare la carta vetrata
                nella sua bottega di resina e legno
                nei suoi ossimori di neve
                con tardive bambole lunghe
                in un lamento d'ottobre
                in un arcano buio di pensieri

                se penso ad un uomo
                parlo a mio padre
                con la sua falce a mietere il grano
                nelle crepe dorate dei campi
                all'imbrunire del giorno
                i sandali ai piedi
                le Marlboro che si consumavano piano
                troppe donne ad aspettarlo alla sera
                troppi balli sotto i ciliegi d'agosto.

                Ora mi sorride da una cornice in cristallo
                allontanato dagli anni
                in un giardino ad innestare talee
                capitano di un vascello di vetro
                le lancette dell'orologio spuntato
                il suo Longines dal cinturino marrone

                ha la cravatta allentata
                capovolto in un canto di naufraghi
                un ricciolo d'oro disperso nel vento
                la Prinz azzurra alle spalle
                abbracciato ad un Dio controvoglia

                il cappello sghembo alla sera
                in un presente imperfetto
                che è solo passato

                in una veglia ormai dipinta di rosso.
                Composta domenica 8 novembre 2009
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                  Scritta da: Michela
                  in Poesie (Poesie personali)

                  L'addio

                  Sono giorni che le cerco
                  in fondo allo stomaco,
                  all'inizio dell'intestino,
                  tra le mie dita;
                  sommerse dalle ciglia
                  impregnate di quelle lacrime
                  che non sanno fermarsi.
                  Poi un singhiozzo notturno,
                  un rigurgito di suoni,
                  di versi strozzati,
                  di silenzi stravolti.
                  Ed eccole emergere
                  come buttate fuori dal fondo
                  di quel pozzo che non ha fine.
                  Le mie parole,
                  per descrivere un dolore
                  che non ha colore,
                  non odore, né sapore.
                  Ma si vede negli incubi notturni,
                  nel somatizzare l'inquietudine
                  su di un corpo segnato,
                  troppo sincero ed opprimente
                  per essere creduto.
                  Un dolore che non ha pace
                  che ritorna nella malattia,
                  alla ricerca di una cura
                  che lo possa stordire
                  e poi ammutolire.
                  Il tuo dolore
                  che mi urli in faccia,
                  tu, falso testimone di buoni propositi.
                  Il tuo dolore
                  rinchiuso nel mio corpo
                  che continui a tormentare.
                  Una parola ti chiedo di darmi,
                  quella che mi ridarà la pace:
                  Addio.
                  Composta sabato 17 ottobre 2009
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