Lo spazio bianco è fragile luogo dove il tutto non è ma tutto potrebbe essere. Probabile vita, informe si alimenta dal kháos di instabile certezza variabile tempo sospensiva attesa. Trangosciare è naturale sospendere lecito dubitare, illune prassi di un quotidiano controcanto. Cercando la chiave di volta passeggia senza fine l'esistente mentre inerme lotta contro quesiti e illusioni, paure e speranze appese al filo filo di un unico respiro respiro di un'altra vita vita di un nuovo figlio figlio prematuro.
Oggi "un bambino" mi ha detto: la maestra mi ha dato un tema in cui devo parlare del mondo che immagino. Io immagino un mondo dove ci vogliamo bene; immagino un mondo dove non c'è odio; immagino un mondo dove non c'è violenza. Io immagino un mondo dove c'è la fantasia, caramelle per la strada; immagino un mondo che quando piove cade cioccolato. Io immagino un mondo dove non ci sono litigi; immagino un mondo dove ci sono parole dolcissime per ognuno di noi; immagino un mondo dove la bocca serve per scherzare e non per offendere. Io immagino un mondo dove una mano serve "in più" e non per picchiare; immagino un mondo con gente migliore; immagino un mondo con sorrisi di gioia e non "doppie facce"; immagino un mondo con la mia famiglia senza problemi. Io immagino un mondo dove tu mi possa dire che il mondo è così, ma so che il mio mondo di adesso è proprio quello che non voglio.
Ottuso mostro la parola vacilla e si districa lebbrose intenzioni si svolgono si sciupano nei corridoi quotidiani nere acque lo sguardo s'inclina disincarnato nel prevalente pudore le rosse colline di viti si sono dissolte nelle nebbie degli anni restano simulacri non fungibili di corse strappate al pomeriggio le stagioni gemmanti si celano alle spalle
decadenti memorie si diventa in sussurrate precoci apatie ma fummo sempre precoci non so se vanto o irrimediabili vanità
ma così è stato, un improbabile esistere malamente declinato per frettolosi viottoli in superficie.
Prima di diventare ricco ricordati che sei sempre un uomo. Prima, e che le burrasche della ricchezza non sono meno difficili da vincere di quelle della povertà e che la ricchezza può essere un uragano che spazza via quello che di più prezioso sei, per darti in cambio solo ciò che di prezioso hai.
Di tremore in tremore s'allontanava l'intima luce si scolorivano i bordi delle giornate lunghe ringhiere in ombra di accatastati libri variopinti,
età passanti nei canali inconsapevoli cedevoli al moto inerziale lungo una retta invisibile con velocità costante di soffocati sussulti di materia di per se stessa immobile agitatasi nella geometria spazio-temporale invasa dal tessuto connettivo liquido circolante in un sistema chiuso ricco di acqua per ricordarci che tutti fummo pesci, blocchi primordiali della Via lattea.
Oltre ogni ostacolo siamo stati corridori in questo esistere, ci siamo rincorsi e attesi, ci siamo superati e ci siamo lasciati indietro, reciprocamente. E quante volte ci siamo fermati. Soli. Si può camminare affiancati e liberi o sprecare i passi maturi di vita.
A piedi nudi il residuo tragitto. Passeggiando in pianura.