Poesie personali


Scritta da: L. Orlandi
in Poesie (Poesie personali)

Mare

La tua bimba canta filastrocche,
manine gioiose le accolgono,
dolci sorrisi e infantili giochi ti accompagnano.

Bimbi cavalcano le onde
sommersi dalla schiuma,
cavalieri impugnano spade
e affrontano la vita.

Vocio, ritrovi di famiglie,
pause e riposi tranquilli
dal quotidiano rimescolio.

Tramonto silente, spazi vuoti,
acqua tiepida sussurra
infrangersi del mare assaporo...
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    in Poesie (Poesie personali)
    Come la pazienza è la virtù dei forti, così l'attesa è la Virtù dei grandi. Fin da piccoli non facciamo che aspettare, il nostro compleanno, il Natale, il giorno degli esami, una risposta, un sms importante, la nascita di un figlio etc. etc. non facciamo altro che attendere. E spesso arrivare al termine dell'attesa paga, sapere aspettare, sapere attendere ci premia. L'attesa ci ricompensa, ma, in cambio vuole solo tempo. Tempo sottratto alla nostra vita. Aspettare tre anni e rinunciare quasi allo scadere equivalgono ad aver perso tre anni di vita. Aspettare tre anni senza aver perso la speranza, ti porta a ritirare il tuo premio. Arrendersi e rinunciare all'attesa ti ruba la vita, continuare ad aspettare Ti ruba l'anima ma... potrebbe ridarti la Vita.
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      Scritta da: Salvatore Coppola
      in Poesie (Poesie personali)

      Giorno dopo giorno

      Giorno dopo giorno
      io vivo,
      e non ho paura di morire.
      Giorno dopo giorno
      io amo,
      e non ho paura di amare.
      Giorno dopo giorno
      io piango,
      e non ho paura di piangere.
      Giorno dopo giorno
      io urlo,
      e non ho paura di tacere.
      Giorno dopo giorno
      il mio cuore
      rallenterà i suoi battiti
      ma non ho paura.
      Giorno dopo giorno
      quando esso si fermerà,
      avrò saputo che la vita,
      non mi è mai appartenuta.
      Composta lunedì 31 ottobre 2011
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        Scritta da: Franco Mastroianni
        in Poesie (Poesie personali)
        La salsedine addosso imbiancava le pelli
        mentre i baci infiammavano le nostre papille
        con le dita ancorate tra i sassi

        i sorrisi ed il ridere ci giravano intorno
        quasi avessero i piedi per fare due passi

        resta qui... non scappare
        ma le dita sfuggivano... e il tuo ridere mi faceva impazzire

        noi nel moto perpetuo delle onde del mare
        mentre gli occhi sapevano solo riflettere amore

        dai riprova punta bene le dita oltre i sassi e la sabbia.

        Quante immagini... quadri... senza cornici di nebbia.
        Composta lunedì 31 ottobre 2011
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          Scritta da: Pequi
          in Poesie (Poesie personali)
          Mi scopro a navigare 
          nell'acquario del tuo viso
          smarrito in quell'infinita
          incertezza dell'acqua nativa.
          Perso senza saper amare ti ho rifilato
          un vuoto a perdere
          scaricando le tue passioni, 
          livide come un
          pianto invernale...
          occhi strusciati male
          coi malintesi di una
          bellezza abusiva
          sul mio corpo 
          incarognito dai bisogni.
          E nell'illusione di potermi legare a te
          mi sono lasciato trastullare
          evitando il veleno di questi giorni,
          con le tempie pallide e il
          cuore d'argilla ho atteso
          i tuoi segnali,
          brevi respiri senz'alcun affanno.
          Sapevi come cercarmi:
          mi offrivi lampi senza peso 
          a cui mi aggrappavo abbarbicato 
          su due cosce tronfie di impudente
          lussuria ma prive di qualsiasi tremore.
          Persino le labbra mi hai concesso
          in distratti e fuggenti balli a due...
          forse un fastidio da sfumare.
          A luci spente, senza il coraggio
          che rende un uomo desiderio,
          ritmavo le tue frenesie
          lasciandomi violare dalle
          tue più scabre intimità.
          Scarne la parole,
          le mie ingoiate dall'emozione,
          rifratte nel riverbero della
          tua avvenenza.
          Le tue assenti,
          sprechi di pensiero se io rappresentavo solo
          la tempestosa morte dei tuoi sensi.
          Mi abbandonavi al dondolio
          dei tuoi piaceri,
          sagoma incagliata nella rosura
          dei tuoi attizzamenti,
          graffi nella mente
          rabbuiata dalle tue persistenti assenze.
          Eppur mi trovavi sempre,
          e quando convocato, senza sussulti,
          rabbonacciavo il mio spirito,
          rabberciavo il migliori fior di sorriso
          che potessi sbocciarti agli occhi e con 
          febbrile veemenza lo lasciavo
          appassire senza fronzoli.
          Scendevi oltre le viscere del mio desiderio e
          lo rovistavi strappando i finti bordi 
          di ogni mia difesa.
          Silenziosamente piangevo quel tuo lacerare 
          la mia presenza assente,
          senza mani che esaltassero il mio
          esserci per te o labbra gentili
          per azzittire il mio romanzo.
          Starnazzando godimenti immaginari 
          ti spegnevo gli occhi sul nostro ripetersi
          di corpi ma la tua mente fuggiva
          godendo della mia schiavitù
          incatenata alla spudoratezza dei nostri vizi.
          Poi a fior di labbra salutavi il mio congedo
          segregandomi nell'oblio delle impudicizie appagate
          e mi lasciavi varcar la notte
          senza il frastuono di pensieri contromano.
          Erano esili i miei abbandoni,
          addii sporchi d'indecenza coi quali osavo
          colorare i miei ritorni,
          come se dal tuo corpo potessi astrarre
          l'arte dei miei giorni futuri.
          Solo nel buio del mio distacco
          coglievo la pochezza dei nostri incontri
          e, con la carne appiccicata male
          da strali di vizio incolto,
          mi lasciavo lambire dal sorriso amaro
          dell'uomo solo.
          Composta venerdì 5 agosto 2011
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            Scritta da: Marco Teocoli
            in Poesie (Poesie personali)

            Volontario

            Non avevo mai sentito il suo nome
            ho avuto una strana sensazione,
            era li forte e bella
            con le braccia immerse nella terra,
            un forte grido la fece tremare
            era il pianto di un bambino
            in fretta le sue mani a cercare
            di corsa verso il tombino.
            acqua e fango a volontà
            il tempo non ha pietà.
            solo un attimo ancora
            ed il pianto vivrà perora,
            per un soffio strappato
            come uno zombi interrato.
            in un abbraccio a stringerti forte
            piangi e ridi ma non è morte.
            grazie al cuore di chi ti ha salvato
            il volontario verrà ricordato.
            Composta lunedì 31 ottobre 2011
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              Scritta da: Angelo Borrini
              in Poesie (Poesie personali)
              Sei una Rosa senza spine
              un giardino all'imbrunire
              una stella senza scia
              che mi illumina la via.
              Il mio sguardo è più sicuro
              quando vedo il tuo far duro
              ma alla sera è tutto dire
              sei serena come aprile.
              Un omaggio questo è
              alla persona miglior che c'è
              Carla questo è il suo nome
              lo dico ruggendo come un leone
              L'amore è tanto anzi di più
              alto come un monte o forse più sù
              non dimentico ne ora ne mai
              tutto quello che hai fatto e farai
              Ti amo.
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                Scritta da: Bramante
                in Poesie (Poesie personali)
                Tempo non ce n'è per temperare
                al calar di bruma le radici affrante
                Vorrei di questo mondo una matassa
                e a punto croce rimagliare
                una ad una le anime ricamare
                Sorreggerò le carcasse del passato
                nelle reti riemerse dai fondali
                dall'aspro odor del tempo perso
                Ogni scossa ogni tormento
                lo mangerò come fosse pane
                lascerò gli affanni con le ossa
                agli avvoltoi figli della fame
                È breve il tempo del puparo
                ti lascia al buio nelle angosce
                dove solo il freddo ti riconosce
                Miete anime il canto del silenzio
                sciorinando attende le sue vittime
                sul sagrato immacolato del paradiso
                Il mattino rattrista l'alba che scolora
                mentre il grano con pazienza attende il sole.
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