Poesie d'Autore


Scritta da: Luca D'Elisi
in Poesie (Poesie d'Autore)

Fosse semplice

Immersa la testa nella vasca
quanto basta
fino a riuscire sentire il battito del cuore
io mi agito
e penso di non essere riuscita
come sapone
l'amore scivola dalle mie dita
quella sensazione che fa perder la ragione
i sentimenti sono la mia prigione
ma...
Vorrei fosse più semplice
della mia vita eri complice
istinto primordiale
di un amore naturale
tutto quel che era
vive ancora in me.
Devo realizzare
cosa mi ha spinto a sbagliare
per andare avanti
sei uno come tanti
qual è la prossima vittima
ad essere ferita
lo so non sarò l'ultima
arriverà il conto
e credimi la vita non fa sconto
un giorno sarai abbandonato
come me sarai dimenticato
ma...
Vorrei fosse più semplice
della mia vita eri complice
istinto primordiale
di un amore naturale
tutto quel che era
non deve esistere.
Di fronte a me solo me stessa
dalla tua storia l'orgoglio mi ha dimessa
per rialzarmi ho dovuto capire
quale metà del bicchiere era da riempire
solo io, sono solo io
mai più avrò un uomo come Dio
e non sto parlando di te in particolare
ma senz'altro ti potrai identificare.
Ora è più semplice
della mia vita eri complice
istinto primordiale
di un amore naturale
tutto quel che era
ora più non c'è.
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    Scritta da: Andrea De Candia
    in Poesie (Poesie d'Autore)
    Su una via asfaltata faceva bella mostra di sé un foulard e un
    istante più tardi c'era già un'ala d'oca rinsecchita
    mi veniva dietro una signorona non mi crede nessuno
    ma aveva la mia pelle e la mia carne e due pezzetti
    di mani di vetro e delle perline e una gonna lillipuziana
    troppo stretta, e a me spuntava una tazza
    bianca dove c'è il cuore e la dov'è la tempia una piccola
    pompa di caucciù e dov'è la bocca una zampa
    gialla di cuculo, sul serio che m'incalzava e allora ho detto
    alla signorona: mi scusi, madame, in realtà però
    dà alquanto nell'occhio ciò che fa,
    e lei mi ha risposto: insomma
    secondo me
    ciò che si può
    non è escluso.
    Composta martedì 1 settembre 2015
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      Scritta da: Gabriella Stigliano
      in Poesie (Poesie d'Autore)

      Il ricordo

      Quando per un mortale il fragore
      del giorno cessa e sulla muta città
      l'ombra traslucida della notte
      e il sonno che ristora scende già,
      allora per me s'insinua nel silenzio
      il tempo del penoso vegliare:
      e nell'inerzia notturna, della serpe
      del cuore sento i morsi bruciare.
      I sogni fervono e da gravi pensieri
      è oppressa allora la mia mente.
      Il tacito ricordo davanti a me
      il suo lungo rotolo distende,
      e con disgusto leggendo la mia vita,
      amaramente piango e mi deprimo,
      amaramente tremo e maledico,
      ma i tristi versi non sopprimo.
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        Scritta da: Gabriella Stigliano
        in Poesie (Poesie d'Autore)

        Il talismano

        Là dove il mare batte senza sosta
        contro le rocce solitarie,
        là dove la luna più calda brilla
        nell'ora della nebbia serale,
        dove, negli harem dilettandosi,
        i giorni passa il musulmano,
        là una fata, lusingandomi,
        mi consegnò un talismano.
        E, lusingandomi, diceva:
        "custodisci il mio talismano:
        in esso c'è una forza segreta!
        Ora è qui nella tua mano.
        Dalle malattie, dalla tomba,
        nel minaccioso uragano,
        la tua testa, amico caro,
        non salverà il mio talismano.
        E le ricchezze dell'oriente
        esso giammai ti donerà,
        e gli adoratori del profeta
        esso non ti sottometterà;
        e in grembo agli amici più cari,
        da un triste paese lontano,
        nella tua terra non ti porterà
        questo mio talismano.
        Ma quando dei perfidi occhi
        ti vorranno affascinare,
        o una bocca nella buia notte
        ti bacerà senza amare –
        da nuove ferite del cuore,
        da ogni desiderio insano,
        dal tradimento e dall'oblio
        ti salverà il mio talismano.
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          Scritta da: Gabriella Stigliano
          in Poesie (Poesie d'Autore)

          Il poeta

          Finché Apollo non sacrifica
          il poeta sul suo altare,
          nelle pene del vano mondo
          egli spaurito deve aspettare.
          È muta la sua sacra lira,
          l'anima freddi sogni assapora,
          dei miseri figli della terra,
          forse egli è più misero ancora.
          Ma appena la parola divina
          il sensibile udito toccherà,
          come un'aquila risvegliata,
          l'anima del poeta si alzerà.
          È triste nei trastulli del mondo,
          fugge via dalla gente chiassosa,
          davanti all'idolo delle masse
          non china la testa orgogliosa.
          Corre, selvaggio e severo,
          pieno di sgomento e di canti,
          fin sulle onde del deserto,
          nel bosco di querce fruscianti.
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            Scritta da: Gabriella Stigliano
            in Poesie (Poesie d'Autore)

            Le tre fonti

            Nella steppa del mondo, triste e sconfinata,
            sgorgarono tre fonti come d'incanto:
            della giovinezza – rapida e ribelle –
            ribolle, corre, brillando e gorgogliando;
            la fonte di Castalia che con l'ispirazione
            nella steppa del mondo gli esuli disseta;
            l'ultima fonte – la fredda fonte dell'oblio,
            che più di tutte placa la febbre del poeta.
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              Scritta da: Gabriella Stigliano
              in Poesie (Poesie d'Autore)

              Il profeta

              In un cupo deserto io vagavo
              dalla sete dello spirito oppresso,
              ed ecco un serafino con sei ali
              mi apparve ad un tratto da presso.
              Lieve come un sogno si avvicinò
              e gli occhi stanchi mi sfiorò.
              Si aprirono le profetiche pupille
              come alle aquile impaurite.
              Poi toccò le mie orecchie,
              e di suoni esse furono empite:
              e vidi in alto degli angeli il volo
              e udii il cielo che fremeva,
              e scorsi il moto delle serpi marine
              e il vinco delle valli che cresceva.
              Poi si accostò alla mia bocca,
              strappò la mia lingua veemente,
              ma frivola, vuota e maligna,
              e l'aculeo del saggio serpente
              nella mia bocca agghiacciata
              ficcò con la destra sanguigna.
              Poi il petto mi aprì con la spada,
              ne tolse il mio cuore tremante,
              e nel petto aperto egli depose
              un carbone ardente e fiammante.
              Come salma nel deserto giacevo,
              ma la voce divina intendevo:
              "alzati, guarda e ascolta, o profeta,
              fa ciò che ho scritto nella mente,
              percorri terre e mari senza tregua,
              con la parola accendi il cuore della gente".
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                Scritta da: Gabriella Stigliano
                in Poesie (Poesie d'Autore)

                Rinascita

                Un barbaro artista il quadro annerisce
                di un genio con mano indolente,
                e il suo disegno iniquo egli traccia
                su quel quadro assurdamente.
                Ma, con gli anni, come vecchie scaglie,
                si stacca l'estraneo colore,
                e l'opera del genio ci appare
                nel suo primitivo splendore.
                Così nell'anima mia travagliata
                scompaiono gli errori compiuti,
                e tornano in essa le visioni
                dei limpidi giorni vissuti.
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                  Scritta da: dantino
                  in Poesie (Poesie d'Autore)

                  Con la morte nel cuore

                  Ho seminato pietre di girasole, dove la terra è morta
                  ho respirato la pazzia nel suicidio di ogni ragione
                  dove in rassegnati muri pulsanti di angoscia
                  la vita ha percorso il più triste cammino
                  m'inchino, dove ferma è l'aria
                  dove pesante e difficile fu ogni morire
                  dove latrati di cani impazziti ancora si scorgono,
                  rompendo il digiuno del tempo, nell'arco di vita che manca
                  ed io, ho respirato dove bimbi hanno pianto e sofferto
                  in un perenne, dignitoso, pianto di dolore
                  questa è la disperazione collettiva
                  i bimbi, non dovrebbero morire
                  i bimbi sono piccoli angeli inermi
                  che il male, non dovrebbe neppure sfiorare

                  ho respirato l'umanità trafitta
                  e sparso pietre di solitudine nel supplizio infernale
                  ho camminato la terra dei santi
                  con l'inverno nel cuore
                  perché ognuno ricordi
                  e abbia pietà sufficiente a poter ricordare
                  ho immaginato l'inimmaginabile
                  e cercato di comprendere l'incomprensibile

                  la morte mi ha accolto
                  con il forte suo odore
                  la morte mi ha accolto piangendo
                  anch'essa sconfitta
                  dentro recinti di filo spinato, ancor rossi di sangue e calore
                  ho ascoltato l'eco finito di urla suicide
                  questo è il silenzio più fermo
                  che il tempo possa mai misurare
                  dove anche gli alberi irti, vorrebbero
                  ad ogni memoria fuggire
                  dove anche il vento più degno
                  oserà mai più entrare.
                  Composta mercoledì 26 agosto 2015
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                    Scritta da: Angela MORI
                    in Poesie (Poesie d'Autore)

                    Capriccio d'estate

                    Chiudete la porta,
                    lasciate dentro il fragore,
                    del russare di corpi stanchi.
                    Dalla mente se riuscite,
                    cancellate ogni reminiscenza,
                    alla luce del mattino, uscite,
                    stanca e guastata,
                    dalla notte che passaste.
                    Adesso resta solo dormire.
                    Giocondità visse poche ore,
                    ma vivrà immortali giorni,
                    non si scorda in pochi attimi,
                    ciò che non si rinverrà mai più.
                    Tracannavano le bocche avide,
                    come cuccioli dal petto di madre,
                    mangiavano come fiere,
                    ogni virtù che offriste,
                    e cantavano con voi liberate,
                    nello strepito dell'eccitazione.
                    Posata la chitarra,
                    la musica è finita,
                    l'ultimo sorso stillato,
                    la fatica ora giunge.
                    Indossate i vestiti vostri,
                    ora ignuda non stiate,
                    mentre la testa ancora rotea,
                    ravveduta, che pensate?
                    Nubile e pulita acceduta,
                    ma signora sporca uscita,
                    l'alcol che leva ogni virtù,
                    mi scortò nell'inferno del piacere,
                    l'acqua la vergogna non abolirà,
                    e la sfrenatezza di stanotte,
                    per l'anima mia rimarrà reato.
                    Il rammarico non darà pace,
                    froderò l'innamorato prossimo,
                    e altri conquistati a venire,
                    le compagne e le sorelle,
                    la madre e i vicini,
                    per avere in notte d'estate,
                    trasgredito con desiderio,
                    alle ferree ma rette norme
                    dell'onesto lecito vivere.
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