Brilla di rugiada il prato; più vivace già corre la sorgente desta; il faggio inclina il capo incerto e tra le foglie mormora e brilla; e intorno a grigie nubi
rosse fiamme si allungano, annunciando, senza rumore si levano in onde; come flutti alla riva, le cangianti, alte si levano, sempre più alte.
Vieni ora, sali, e non troppo presto, giorno dorato, al vertice del cielo! Perché più aperto e confidente vola a te il mio occhio, beato! Fino a quando
giovane nella tua bellezza guardi e troppo splendido e orgoglioso ancora per me non sei; sempre vorresti andare lo potessi io con te, viandante Dio!
Ma tu sorridi del lieto spavaldo, che vorrebbe eguagliarti; benedici invece il mio mortale agire e ancora benigno! Allieta il mio muto sentiero.
Voi che lassù vi aggirate nella luce sul soffice suolo, o beate divinità! Rilucenti, divini aliti lievemente vi sfiorano, come dita d'artista le sacre corde. Indifferenti al fato, come addormentati poppanti, respirano gli abitatori del cielo; castamente custodito in piccola gemma fiorisce per sempre per loro lo spirito, e gli occhi, beati, guardano nel calmo eterno chiarore.
Come lieve sarà la terra solo una nube d'amore a sera quando dissolta in musica trasmigrerà la pietra
e rocce, incubi ammucchiati sul cuore dell'uomo, pesi di tristezza, sprizzeranno dalle vene.
Come lieve sarà la terra solo una nube d'amore a sera quando la nero accesa vendetta magnetizzata dall'angelo sterminatore morrà fredda e muta sulla sua gelida veste.
Come lieve sarà la terra solo una nube d'amore a sera quando scomparve qualcosa di stellare con un bacio di rosa fatto di nulla.
Ti guardo, i tuoi occhi sfuggono i miei, la carestia di parole non m'inganna mi sei vicina, ma sento nelle ossa il suono della tua lontananza. Giro sul tuo corpo come un vagabondo, errante, senza saper dove, strada in salita che mi strema, cerco di sopraffare la mia solitudine tu non ci sei più, come le ombre che si disperdono nel traffico.
La linea distorta del dolore che ritenta la geometria del cosmo divinamente accesa e sempre ti insegue sulla traccia di luce e poi si oscura in questa epilettica ansia di giungere alla fine. E qui tra le quattro mura nulla se non la mano pittrice del tempo embrione di eternità sul capo la luce primigenia e il cuore, fuggiasco incatenato che balza dalla sua vocazione: essere una ferita.
Inanellerei catene dalle ossessioni agli alluci tralasciando margini di respiro sulle bocche della possibilità
Coniugando imperativi tra sbarre di umori ferrosi e i condizionali sulle mani tra le attese e le promesse
| Mancate |
Quando ti scorro china in piena tra gli argini della pelle e gli orli delle dita a ogni alba spezzo alluminio e corro per starti più dentro ché ti voglio prigione su tutte le mie dipendenze