Poesie d'Autore


Scritta da: Andrea De Candia
in Poesie (Poesie d'Autore)
Su una via asfaltata faceva bella mostra di sé un foulard e un
istante più tardi c'era già un'ala d'oca rinsecchita
mi veniva dietro una signorona non mi crede nessuno
ma aveva la mia pelle e la mia carne e due pezzetti
di mani di vetro e delle perline e una gonna lillipuziana
troppo stretta, e a me spuntava una tazza
bianca dove c'è il cuore e la dov'è la tempia una piccola
pompa di caucciù e dov'è la bocca una zampa
gialla di cuculo, sul serio che m'incalzava e allora ho detto
alla signorona: mi scusi, madame, in realtà però
dà alquanto nell'occhio ciò che fa,
e lei mi ha risposto: insomma
secondo me
ciò che si può
non è escluso.
Composta martedì 1 settembre 2015
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    Scritta da: Gabriella Stigliano
    in Poesie (Poesie d'Autore)

    Il ricordo

    Quando per un mortale il fragore
    del giorno cessa e sulla muta città
    l'ombra traslucida della notte
    e il sonno che ristora scende già,
    allora per me s'insinua nel silenzio
    il tempo del penoso vegliare:
    e nell'inerzia notturna, della serpe
    del cuore sento i morsi bruciare.
    I sogni fervono e da gravi pensieri
    è oppressa allora la mia mente.
    Il tacito ricordo davanti a me
    il suo lungo rotolo distende,
    e con disgusto leggendo la mia vita,
    amaramente piango e mi deprimo,
    amaramente tremo e maledico,
    ma i tristi versi non sopprimo.
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      Scritta da: Gabriella Stigliano
      in Poesie (Poesie d'Autore)

      Il talismano

      Là dove il mare batte senza sosta
      contro le rocce solitarie,
      là dove la luna più calda brilla
      nell'ora della nebbia serale,
      dove, negli harem dilettandosi,
      i giorni passa il musulmano,
      là una fata, lusingandomi,
      mi consegnò un talismano.
      E, lusingandomi, diceva:
      "custodisci il mio talismano:
      in esso c'è una forza segreta!
      Ora è qui nella tua mano.
      Dalle malattie, dalla tomba,
      nel minaccioso uragano,
      la tua testa, amico caro,
      non salverà il mio talismano.
      E le ricchezze dell'oriente
      esso giammai ti donerà,
      e gli adoratori del profeta
      esso non ti sottometterà;
      e in grembo agli amici più cari,
      da un triste paese lontano,
      nella tua terra non ti porterà
      questo mio talismano.
      Ma quando dei perfidi occhi
      ti vorranno affascinare,
      o una bocca nella buia notte
      ti bacerà senza amare –
      da nuove ferite del cuore,
      da ogni desiderio insano,
      dal tradimento e dall'oblio
      ti salverà il mio talismano.
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        Scritta da: Gabriella Stigliano
        in Poesie (Poesie d'Autore)

        Il poeta

        Finché Apollo non sacrifica
        il poeta sul suo altare,
        nelle pene del vano mondo
        egli spaurito deve aspettare.
        È muta la sua sacra lira,
        l'anima freddi sogni assapora,
        dei miseri figli della terra,
        forse egli è più misero ancora.
        Ma appena la parola divina
        il sensibile udito toccherà,
        come un'aquila risvegliata,
        l'anima del poeta si alzerà.
        È triste nei trastulli del mondo,
        fugge via dalla gente chiassosa,
        davanti all'idolo delle masse
        non china la testa orgogliosa.
        Corre, selvaggio e severo,
        pieno di sgomento e di canti,
        fin sulle onde del deserto,
        nel bosco di querce fruscianti.
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          Scritta da: Gabriella Stigliano
          in Poesie (Poesie d'Autore)

          Le tre fonti

          Nella steppa del mondo, triste e sconfinata,
          sgorgarono tre fonti come d'incanto:
          della giovinezza – rapida e ribelle –
          ribolle, corre, brillando e gorgogliando;
          la fonte di Castalia che con l'ispirazione
          nella steppa del mondo gli esuli disseta;
          l'ultima fonte – la fredda fonte dell'oblio,
          che più di tutte placa la febbre del poeta.
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            Scritta da: Gabriella Stigliano
            in Poesie (Poesie d'Autore)

            Il profeta

            In un cupo deserto io vagavo
            dalla sete dello spirito oppresso,
            ed ecco un serafino con sei ali
            mi apparve ad un tratto da presso.
            Lieve come un sogno si avvicinò
            e gli occhi stanchi mi sfiorò.
            Si aprirono le profetiche pupille
            come alle aquile impaurite.
            Poi toccò le mie orecchie,
            e di suoni esse furono empite:
            e vidi in alto degli angeli il volo
            e udii il cielo che fremeva,
            e scorsi il moto delle serpi marine
            e il vinco delle valli che cresceva.
            Poi si accostò alla mia bocca,
            strappò la mia lingua veemente,
            ma frivola, vuota e maligna,
            e l'aculeo del saggio serpente
            nella mia bocca agghiacciata
            ficcò con la destra sanguigna.
            Poi il petto mi aprì con la spada,
            ne tolse il mio cuore tremante,
            e nel petto aperto egli depose
            un carbone ardente e fiammante.
            Come salma nel deserto giacevo,
            ma la voce divina intendevo:
            "alzati, guarda e ascolta, o profeta,
            fa ciò che ho scritto nella mente,
            percorri terre e mari senza tregua,
            con la parola accendi il cuore della gente".
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              Scritta da: Gabriella Stigliano
              in Poesie (Poesie d'Autore)

              Rinascita

              Un barbaro artista il quadro annerisce
              di un genio con mano indolente,
              e il suo disegno iniquo egli traccia
              su quel quadro assurdamente.
              Ma, con gli anni, come vecchie scaglie,
              si stacca l'estraneo colore,
              e l'opera del genio ci appare
              nel suo primitivo splendore.
              Così nell'anima mia travagliata
              scompaiono gli errori compiuti,
              e tornano in essa le visioni
              dei limpidi giorni vissuti.
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                Scritta da: dantino
                in Poesie (Poesie d'Autore)

                Con la morte nel cuore

                Ho seminato pietre di girasole, dove la terra è morta
                ho respirato la pazzia nel suicidio di ogni ragione
                dove in rassegnati muri pulsanti di angoscia
                la vita ha percorso il più triste cammino
                m'inchino, dove ferma è l'aria
                dove pesante e difficile fu ogni morire
                dove latrati di cani impazziti ancora si scorgono,
                rompendo il digiuno del tempo, nell'arco di vita che manca
                ed io, ho respirato dove bimbi hanno pianto e sofferto
                in un perenne, dignitoso, pianto di dolore
                questa è la disperazione collettiva
                i bimbi, non dovrebbero morire
                i bimbi sono piccoli angeli inermi
                che il male, non dovrebbe neppure sfiorare

                ho respirato l'umanità trafitta
                e sparso pietre di solitudine nel supplizio infernale
                ho camminato la terra dei santi
                con l'inverno nel cuore
                perché ognuno ricordi
                e abbia pietà sufficiente a poter ricordare
                ho immaginato l'inimmaginabile
                e cercato di comprendere l'incomprensibile

                la morte mi ha accolto
                con il forte suo odore
                la morte mi ha accolto piangendo
                anch'essa sconfitta
                dentro recinti di filo spinato, ancor rossi di sangue e calore
                ho ascoltato l'eco finito di urla suicide
                questo è il silenzio più fermo
                che il tempo possa mai misurare
                dove anche gli alberi irti, vorrebbero
                ad ogni memoria fuggire
                dove anche il vento più degno
                oserà mai più entrare.
                Composta mercoledì 26 agosto 2015
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                  Scritta da: Angela MORI
                  in Poesie (Poesie d'Autore)

                  Capriccio d'estate

                  Chiudete la porta,
                  lasciate dentro il fragore,
                  del russare di corpi stanchi.
                  Dalla mente se riuscite,
                  cancellate ogni reminiscenza,
                  alla luce del mattino, uscite,
                  stanca e guastata,
                  dalla notte che passaste.
                  Adesso resta solo dormire.
                  Giocondità visse poche ore,
                  ma vivrà immortali giorni,
                  non si scorda in pochi attimi,
                  ciò che non si rinverrà mai più.
                  Tracannavano le bocche avide,
                  come cuccioli dal petto di madre,
                  mangiavano come fiere,
                  ogni virtù che offriste,
                  e cantavano con voi liberate,
                  nello strepito dell'eccitazione.
                  Posata la chitarra,
                  la musica è finita,
                  l'ultimo sorso stillato,
                  la fatica ora giunge.
                  Indossate i vestiti vostri,
                  ora ignuda non stiate,
                  mentre la testa ancora rotea,
                  ravveduta, che pensate?
                  Nubile e pulita acceduta,
                  ma signora sporca uscita,
                  l'alcol che leva ogni virtù,
                  mi scortò nell'inferno del piacere,
                  l'acqua la vergogna non abolirà,
                  e la sfrenatezza di stanotte,
                  per l'anima mia rimarrà reato.
                  Il rammarico non darà pace,
                  froderò l'innamorato prossimo,
                  e altri conquistati a venire,
                  le compagne e le sorelle,
                  la madre e i vicini,
                  per avere in notte d'estate,
                  trasgredito con desiderio,
                  alle ferree ma rette norme
                  dell'onesto lecito vivere.
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