Non ho preteso il tempo, le lunghezze, l'amaro del cambiamento, il ciclo delle stagioni. Il mio volere è vita degli attimi, la mutevolezza del secondo, lo stop, il respiro, il momento dopo, l'intervallo della palpebra mobile prima dello sbatter di ciglia e il chiedersi cos'abbia catturato la pupilla così, a contatto con la pelle nel punto del venir meno della visione e cosa ritrovi, come spettro inaspettato, in riapertura.
Perché non ti ho promesso nulla soltanto lo stoppino per la lampada e il bricco d'olio per una luce bassa sul tavolo macchiato di sangue. Non posso tessere il tappeto con questi fili di ferro. Non dire Buona notte la notte non è buona la notte estranea smemorata.
Sono un uomo ferito. E me ne vorrei andare e finalmente giungere, pietà, dove si ascolta l'uomo che è solo con sé. Non ho che superbia e bontà. E mi sento esiliato in mezzo agli uomini. Ma per essi sto in pena. Non sarei degno di tornare in me? Ho popolato di nomi il silenzio. Ho fatto a pezzi cuore e mente per cadere in servitù di parole? Regno sopra fantasmi. O foglie secche, anima portata qua e là... no, odio il vento e la sua voce di bestia immemorabile. Dio, coloro che t'implorano non ti conoscono più che di nome? M'hai discacciato dalla vita. Mi discaccerai dalla morte? Forse l'uomo è anche indegno di sperare. Anche la fonte del rimorso è secca? Il peccato che importa, se alla purezza non conduce più. La carne si ricorda appena che una volta fu forte. È folle e usata, l'anima. Dio guarda la nostra debolezza. Vorremmo una certezza. Di noi nemmeno più ridi? E compiangici dunque, crudeltà. Non ne posso più di stare murato nel desiderio senza amore. Una traccia mostraci di giustizia. La tua legge qual è? Fulmina le mie povere emozioni, liberami dall'inquietudine. Sono stanco di urlare senza voce.