Scritta da: Andrea De Candia
in Poesie (Poesie d'Autore)
Te l'ho detto
ahò, che mi fa male
persino un po'
il basilico.
Anche se so che
solo per calmarsi
beve acqua diluita
con voce verde
come il colore del treno
e del passaporto.
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Te l'ho detto
ahò, che mi fa male
persino un po'
il basilico.
Anche se so che
solo per calmarsi
beve acqua diluita
con voce verde
come il colore del treno
e del passaporto.
Dal momento che ho ficcato un sorcio nel
gelido berretto gli cresceranno quei due giorni
di discrimine nel pelo ci ficcherei anche l'acqua se
piovesse ovvero uccelli se morissi in un metro quadro
di nuvole con il muso rivestito in porcellana
rubata dalla tazza del caffè
anche se la gente sa che è ancora
viva e talvolta persino mi accarezza, ci ficcherei anche
mia madre con le labbra pendule - perché
metta radici di refe rosa
non seppellirei mai un po' di ovatta.
Siamo molto cortesi l'uno con l'altro,
diciamo che è bello incontrarsi dopo anni.
Le nostre tigri bevono latte.
I nostri sparvieri vanno a piedi.
I nostri squali affogano nell'acqua.
I nostri lupi sbadigliano a gabbia aperta.
Le nostre vipere si sono scrollate di dosso i lampi,
le scimmie gli slanci, i pavoni le penne.
I pipistrelli già da tanto sono volati via dai nostri capelli.
Ci fermiamo a metà frase,
senza scampo sorridenti.
La nostra gente
non sa parlarsi.
Nell'attimo una stella chiude il suo occhio
Il rospo perde la sua pietra lunare
Tu nel tuo letto regali il respiro alla notte
Oh carta dell'universo
i tuoi segni cancellano dalla nostra mente
le venature dell'estraneità –
Diseredati piangiamo la polvere.
Mi stai come una pietà antica tra le braccia a croce sul cuore.
Di Trasfigurazione sensuale.
Nasci dalla mia costa
e l'alito sulla tempia a dare vita
- apparente morte -
Di tutti i sussulti e fra gli inganni
a ridosso d'un tumulto
l'iniziazione notturna di te
che mi stai come una pietà antica tra le braccia a croce sul cuore.
Anima che accarezzo a sera, e sei un cane
stanco, ma un cane sempre fedele. Un cane
che balbetta un nome: padrone, padrone mio.
Non lasciarmi anima cane, non lasciarmi mai.
Paura dei tuoi occhi,
di quel vertice puro
entro cui batte il pensiero,
paura del tuo sguardo
nascosto velluto d'algebra
col quale mi percorri,
paura delle tue mani
calamite leggere
che chiedono linfa,
paura dei tuoi ginocchi
che premono il mio grembo
e poi ancora paura
sempre sempre paura,
finché il mare sommerge
questa mia debole carne
e io giaccio sfinita
su te che diventi spiaggia
e io che divento onda
che tu percuoti e percuoti
con il tuo remo d'Amore.
La mia risata vola alta
Più in alto dei cappelli cardinalizi
E della speranza.
I miei seni sorridono quando brilla il sole
Malgrado i miei abiti malgrado mio marito
Felice nell'essere così sporca
Perché gli avvoltoi mi amano
E anche Dio.
Piove nella conchiglia blu della città
Piove e il mare si lamenta
I morti piangono senza tregua senza ragione senza fazzoletti
Gli alberi si stagliano contro il cielo viaggiatore
Esibendo i loro membri ispidi agli angeli e agli uccelli
Perché piove e il vento tace
Le gocce folli pennate di sporcizia
Scacciano i gatti nelle strade
E l'odore vischioso del tuo nome si sparge sul cemento dei marciapiedi
Piove mio amore sull'erba spianata
Dove i nostri corpi distesi hanno gioiosamente germogliato
Per tutta l'estate
Piove oh madre mia e anche tu non puoi farci niente
Perché l'inverno avanza solitario sulla distesa delle spiagge
E Dio ha dimenticato di chiudere il rubinetto.
E di nuovo un diluvio
Lettere d'alfabeto strappate crudelmente
pesci all'amo che parlano
nello scheletro salino
a rendere leggibile la ferita –
E di nuovo imparare la morte
dall'antica vita
fuga per la porta d'aria
a cogliere nuove colpe da pianeti addormentati
Esercizio estremo sull'antico elemento del respiro
atterrito da nuova morte
Dov'è andato il pianto
se la terra è scomparsa?