Poesie d'Autore


Scritta da: Cheope
in Poesie (Poesie d'Autore)

I Pastori

Settembre, andiamo. È tempo di migrare.
Ora in terra d'Abruzzi i miei pastori
lascian gli stazzi e vanno verso il mare:
scendono all'Adriatico selvaggio
che verde è come i pascoli dei monti.

Han bevuto profondamente ai fonti
alpestri, che sapor d'acqua natia
rimanga né cuori esuli a conforto,
che lungo illuda la lor sete in via.
Rinnovato hanno verga d'avellano.

E vanno pel tratturo antico al piano,
quasi per un erbal fiume silente,
su le vestigia degli antichi padri.
O voce di colui che primamente
conosce il tremolar della marina!

Ora lungh'esso il litoral cammina
La greggia. Senza mutamento è l'aria.
Il sole imbionda sì la viva lana
che quasi dalla sabbia non divaria.
Isciacquio, calpestio, dolci romori.

Ah perché non son io cò miei pastori?
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    Scritta da: Cheope
    in Poesie (Poesie d'Autore)

    A vucchella

    Si comm'a nu sciurillo...
    tu tiene na vucchella,
    nu poco pucurillo,
    appassuliatella.

    Méh, dammillo, dammillo,
    è comm'a na rusella...
    dammillo nu vasillo,
    dammillo, Cannetella!

    Dammillo e pigliatillo
    nu vaso... piccerillo
    comm'a chesta vucchella

    che pare na rusella...
    nu poco pucurillo
    appassuliatella...
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      Scritta da: Cheope
      in Poesie (Poesie d'Autore)

      L'amico che dorme

      Che diremo stanotte all'amico che dorme?
      La parola più tenue ci sale alle labbra
      dalla pena più atroce. Guarderemo l'amico,
      le sue inutili labbra che non dicono nulla,
      parleremo sommesso.
      La notte avrà il volto
      dell'antico dolore che riemerge ogni sera
      impassibile e vivo. Il remoto silenzio
      soffrirà come un'anima, muto, nel buio.
      Parleremo alla notte che fiata sommessa.

      Udiremo gli istanti stillare nel buio
      al di là delle cose, nell'ansia dell'alba,
      che verrà d'improvviso incidendo le cose
      contro il morto silenzio. L'inutile luce
      svelerà il volto assorto del giorno. Gli istanti
      taceranno. E le cose parleranno sommesso.
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        Scritta da: Cheope
        in Poesie (Poesie d'Autore)

        Il vino triste

        La fatica è sedersi senza farsi notare.
        Tutto il resto poi viene da sé. Tre sorsate
        e ritorna la voglia di pensarci da solo.
        Si spalanca uno sfondo di lontani ronzii,
        ogni cosa si sperde, e diventa un miracolo
        esser nato e guardare il bicchiere. Il lavoro
        (l'uomo solo non può non pensare al lavoro)
        ridiventa l'antico destino che è bello soffrire
        per poterci pensare. Poi gli occhi si fissano
        a mezz'aria, dolenti, come fossero ciechi.

        Se quest'uomo si rialza e va a casa a dormire,
        pare un cieco che ha perso la strada. Chiunque
        può sbucare da un angolo e pestarlo di colpi.
        Può sbucare una donna e distendersi in strada,
        bella e giovane, sotto un altr'uomo, gemendo
        come un tempo una donna gemeva con lui.
        Ma quest'uomo non vede. Va a casa a dormire
        e la vita non è che un ronzio di silenzio.

        A spogliarlo, quest'uomo, si trovano membra sfinite
        e del pelo brutale, qua e là. Chi direbbe
        che in quest'uomo trascorrono tiepide vene
        dove un tempo la vita bruciava? Nessuno
        crederebbe che un tempo una donna abbia fatto carezze
        su quel corpo e baciato quel corpo, che trema,
        e bagnato di lacrime, adesso che l'uomo
        giunto a casa a dormire, non riesce, ma geme.
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          Scritta da: Cheope
          in Poesie (Poesie d'Autore)

          Estate

          È riapparsa la donna dagli occhi socchiusi
          e dal corpo raccolto, camminando per strada.
          Ha guardato diritto tendendo la mano,
          nell'immobile strada. Ogni cosa è riemersa.

          Nell'immobile luce dei giorno lontano
          s'è spezzato il ricordo. La donna ha rialzato
          la sua semplice fronte, e lo sguardo d'allora
          è riapparso. La mano si è tesa alla mano
          e la stretta angosciosa era quella d'allora.
          Ogni cosa ha ripreso i colori e la vita
          allo sguardo raccolto, alla bocca socchiusa.

          È tornata l'angoscia dei giorni lontani
          quando tutta un'immobile estate improvvisa
          di colori e tepori emergeva, agli sguardi
          di quegli occhi sommessi. È tornata l'angoscia
          che nessuna dolcezza di labbra dischiuse
          può lenire. Un immobile cielo s'accoglie
          freddamente, in quegli occhi.
          Fra calmo il ricordo
          alla luce sommessa dei tempo, era un docile
          moribondo cui già la finestra s'annebbia e scompare.
          Si è spezzato il ricordo. La stretta angosciosa
          della mano leggera ha riacceso i colori
          e l'estate e i tepori sotto il viviclo cielo.
          Ma la bocca socchiusa e gli sguardi sommessi
          non dan vita che a un duro inumano silenzio.
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            Scritta da: Cheope
            in Poesie (Poesie d'Autore)

            Tremola poco lontano

            Tremola poco lontano la tua fragrante figura.
            Sarò dolce in questa notte fatata, di stella,
            lacrima e poesia; tra le mie mani si ribella,
            l'arancia che solo nella mia bocca matura.

            Pigro ti ascolto morire e quasi muoio sereno.

            Saluto con un cenno di cuore il tuo sorriso
            che guarda altrove, e deformandoti in viso,
            scivola una lacrima di cristallo sul tuo seno.

            La tua bocca s'apre a guisa di rosa e tace.

            Un cenno di primavera sembra verdeggiare
            nei tuoi occhi, come scoglio in calmo mare
            o brezza di vento tra le foglie, pianto di pace;
            che brucia tutto il resto che per me è natale;
            brucia il fuoco dentro se stesso nel movimento,
            solo una lacrima può redimere uno, dieci, cento
            errori che mi hanno visto sbagliare uguale.

            Ti vedo tra le sordide finestre del pensiero,
            uguale a mille baci di donna già assaporati
            allora, finiti già, ancor prima d'esser iniziati,
            persi nella notte di chi sono o di chi ero.

            E continuo a non capire tutto il tuo pianto di cera.

            Barcollo nella nebbia delle mie troppe risposte
            accompagnate poche volte, da domande poste
            male o mai poste, che di luce illuminano la sera.
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              Scritta da: Cheope
              in Poesie (Poesie d'Autore)

              Elegia XIX: andando a letto

              Vieni, mia Donna, vieni mio vigore sfida di ogni riposo,
              finché mi affanno resterò in affanno.
              Spesso il nemico avendo il suo nemico in vista
              dalla sola presenza vien fiaccato, anche se non combatte.
              Getta pur quel cinto che splende simile allo Zodiaco,
              ma che nasconde al mio sguardo un mondo assai più bello.
              Togli gli spilli dal pettorale cosparso di lustrini,
              così che gli occhi dei maliziosi vi si possono fermare.
              Slacciati, perché quell'accordo armonioso
              mi dice di esser già l'ora di recarsi a letto.
              Via quel busto felice, che invidio,
              perché può starti così stretto.
              E via la gonna che svela una tanto bella condizione,
              come quando dai campi fioriti l'ombra dei colli si fugge.
              Via il diadema tenace, ed esso mostri
              il diadema fluente dei capelli che da te si leva:
              e ora via quelle scarpe, posa il tuo piede libero
              in questo sacro tempio dell'amore, su questo soffice letto.
              In vesti così bianche che gli Angeli del cielo erano soliti
              essere accolti dagli uomini; Angelo, conduci insieme a te
              un cielo simile al Paradiso di Maometto; e sebbene
              cattivi spiriti biancovestiti passino, noi facilmente riconosciamo
              questi Angeli da uno spirito malvagio,
              quelli rizzano i nostri capelli, ma questi ci rizzano la carne.

              Dona licenza alle mie mani erranti, lasciale andare
              avanti e indietro, in mezzo, sopra e sotto.
              Oh mia America! Mia nuova terra scoperta,
              mio regno, più sicuro se solo un uomo lo domina,
              miniera di pietre preziose, mio Impero,
              come sono benedetto in questo mio scoprirti!
              Entrare in questi ceppi significa essere liberi;
              dove metto la mia mano sarà il mio suggello.

              Completa nudità! Tutte le gioie a te sono dovute,
              come le anime si separano dal corpo, così i corpi si devono spogliare
              per gustare la gioia interamente. Le gemme che voi donne usate
              sono come i miei dorati pomi d'Atlanta, davanti allo sguardo degli uomini,
              tali che quando l'occhio di uno stupido s'illumina a una gemma
              la sua anima terrena non vuole la donna, ma vuole i suoi beni.
              Come dipinti, o come gaie rilegature di libri
              fatte per i profani, così sono le vesti delle donne;
              in sè le donne sono libri mistici che solo noi,
              fatti degni della loro grazia, vediamo rivelati.
              E poiché io sono chiamato a conoscere tanto,
              liberamente mostrati come a una levatrice;
              getta via tutto, si, getta i tuoi bianchi lini:
              all'innocenza nessuna penitenza è mai dovuta.

              Per insegnarti, per primo ecco son nudo; allora dunque,
              per coprirti che altro ti occorre più di un uomo?
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                Scritta da: Cheope
                in Poesie (Poesie d'Autore)

                Psycocanto

                Caro mio, cosa fai tutto solo nel pollaio?
                - Le galline io ammiro per la loro maestà,
                quando placide ti guardano e ti fanno
                coccodè, coccodè, noi siam con te! -
                Caro mio, non ti vergogni? Cosa dici?
                - Dico che mi piace il gallo per la sua
                autorità. Osserva tutti con occhio
                obliquo e poi fa chicchiricchiii! -
                Caro mio, ti senti male? Un dottore
                ti ci vuole del cervello conoscitore.
                - A me piace molto l'uovo; la mattina
                me lo succhio in un baleno. Bene sto
                tutto il giorno, benedetto sia l'uovo! -
                Caro mio, tu sei matto! Più dell'uovo
                ti ci vuole una mazzata che ti faccia
                rinsavire. Anormale tu mi sembri!
                - Senti senti chi mi parla! Bacchettone
                conformista sempre più trasformista.
                Io di te me n'impipo; vacci tu
                dall'analista ché mi pari nichilista.
                Io amo polli e galli, embè, che te ne frega?
                Pensa un po' ai fatti tuoi
                che ai miei ci penso io! -.
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                  Scritta da: Cheope
                  in Poesie (Poesie d'Autore)

                  Cobò

                  Chicchicchirichi!... Chicchicchirichi!...
                  "Ecco il dì".
                  Cantano i galli di Cobò.
                  Il vecchio Cobò è sul suo letto che muore
                  fra poche ore.
                  Povero Cobò! Povero Cobò!
                  Ciangottano i pappagalli.
                  Addio Cobò! Addio Cobò!
                  E le galline:
                  cocococococococodè:
                  "oggi è per te"
                  cocococococococodè:
                  "Cobò tocca a te".
                  Le tortore piene di malinconia
                  si sono radunate in un cantuccio:
                  glu... glu... glu...
                  "non ti vedremo più".
                  I cani si aggirano mesti
                  con la coda ciondoloni, mugolando:
                  bau... bau... baubaubò:
                  "addio papà Cobò".
                  E i gatti miagolando:
                  gnai... gnai... gnai... fufù
                  "Mai... mai... mai più".
                  E le cornacchie:
                  gre gre gre gre
                  "anche a te, anche a te".
                  Fissando il capezzale
                  la civetta
                  veglia e aspetta.
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                    Scritta da: Cheope
                    in Poesie (Poesie d'Autore)

                    Questa notte

                    Vibrano corde stonate
                    al pensiero di lei.
                    Riverberi di specchio e stelle
                    annegano nel mare
                    della mia rinnovata solitudine;
                    schiantano sui miei occhi
                    stanchi bagliori, nuovi,
                    tristi piaceri che l'anima rude schiude;
                    antichi suoni,
                    schiusi dalla porpora di stelle
                    di cui si bagna mesta
                    la mia pelle; questa,
                    è la polvere stellare;
                    lascia la scìa,
                    mi sugge linfa vitale da bere dalla sorgente:
                    la mia.

                    Guardo il suo sguardo
                    che nell'infinito oceano
                    mi mostra le mille rotte,
                    sono solo, io,
                    questa notte
                    e mille altre.

                    Lacero in brandelli di seta e pianto
                    il pensiero fugace; di lei.

                    L'animo mio innamorato,
                    è fallace
                    dinanzi al canto inumano;
                    è straziato. Tremola
                    la mano levata verso il tuono,
                    poco distante,
                    in segno di sfida
                    o forse di perdono,
                    ma il gesto è insistente,
                    non odo alcun suono,
                    se non il pensiero
                    d'un uomo che si pente
                    d'aver intessuto di passato
                    il suo presente,
                    tanto d'aver finito
                    con il vestire d'abito scuro
                    ciò che poteva avere tra le mani ora;
                    o in futuro.

                    Ascolto solo l'urlo
                    che mi accompagna,
                    mi consola,
                    questa notte sola
                    o mille altre
                    e altre ancora.
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