Poesie d'Autore


Scritta da: Cheope
in Poesie (Poesie d'Autore)
A me pare uguale agli dei
chi a te vicino così dolce
suono ascolta mentre tu parli
e ridi amorosamente. Subito a me
il cuore si agita nel petto
solo che appena ti veda, e la voce
si perde sulla lingua inerte.

Un fuoco sottile affiora rapido alla pelle,
e ho buio negli occhi e il rombo
del sangue alle orecchie.
E tutta in sudore e tremante
Come erba patita scoloro:
e morte non pare lontana
a me rapita di mente.
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    Scritta da: Cheope
    in Poesie (Poesie d'Autore)

    Serena III

    Fissa questa manciata di bellezza su questa tavolozza
    non si sa mai potrebbe essere finale

    oppure lasciala è il paradiso e poi
    velluta imeni suoi globi dei tuoi occhi

    o sul ponte di Butt arrossisci di vergogna
    la mista declinazione di queste mammelle
    rizza la tua luna tua e soltanto tua
    su su su fino alla stella della sera
    svieni sull'archi-gassometro
    garofano fresco di Misery Hill
    svieni sulla piccola rossa
    casa di preghiere
    qualcosa cuore di Maria
    il Bull e il Pool le gettate che non si incontreranno mai
    almeno in questo mondo

    invece sfreccia tra i fusti caracollanti
    rovescia il ponte Victoria bravo
    rallenta striscia giù per Ringsend Road
    Irishtown Sandymount cerca trova il Fuoco dell'Inferno
    gli AppartamentiMerrion segnati da un trilione di sigma
    il Dito di Gesucristo Figlio di Dio Salvatore
    ragazze sorprese mentre si spogliano bravo
    sul frangiventi e onde di Bootersgrad
    la marea pànico dei gabbiani bigi
    le sabbie si smuovono nel tuo cuore caldo
    nasconditi non nella Rocca non ti fermare
    non ti fermare.
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      Scritta da: Cheope
      in Poesie (Poesie d'Autore)

      Malacoda

      Tre volte venne
      l'uomo delle pompe funebri
      impassibile dietro la bombetta squamosa
      a misurare
      non lo pagano per misurare?
      Questo incorruttibile nell'ingresso
      questo malebranca guazzante nei gigli
      Malacoda fino ai ginocchi nei gigli
      Malacoda nonostante l'esperto terrore
      che felpa il suo perineo smorza il segnale
      sospirando nell'aria greve
      sarà? Deve essere deve essere
      cerca le gramigne occupali in giardino
      sentite lei può vedere non c'è bisogno

      per seppellire
      con gli ungulati assistenti
      cerca le gramigne distrai la loro attenzione
      sentire lei deve vedere non c'è bisogno

      per coprire
      certo copri copri bene tutto
      la tua targa permettimi tieni il tuo zolfo
      divino vetro canicolare sereno
      aspetta Scarmiglione aspetta aspetta
      metti questo Huysum sulla cassa
      attento all'imago è lui
      sentire lei deve vedere deve
      tutti a bordo tutti i
      morti a mezz'asta sì sì.
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        Scritta da: Cheope
        in Poesie (Poesie d'Autore)

        Elegia Pasquale

        Pasqua ventosa che sali ai crocifissi
        con tutto il tuo pallore disperato,
        dov'è il crudo preludio del sole?
        E la rosa la vaga profezia?
        Dagli orti di marmo
        ecco l'agnello flagellato
        a brucare scarsa primavera
        e illumina i mali dei morti
        pasqua ventosa che i mali fa più acuti

        E se è vero che oppresso mi composero
        a questo tempo vuoto
        per l'esaltazione del domani,
        ho tanto desiderato
        questa ghirlanda di vento e di sale
        queste pendici che lenirono
        il mio corpo ferita di cristallo;
        ho consumato purissimo pane

        Discrete febbri screpolano la luce
        di tutte le pendici della pasqua,
        svenano il vino gelido dell'odio;
        è mia questa inquieta
        Gerusalemme di residue nevi,
        il belletto s'accumula nelle
        stanze nelle gabbie spalancate
        dove grandi uccelli covarono
        colori d'uova e di rosei regali,
        e il cielo e il mondo è l'indegno sacrario
        dei propri lievi silenzi.

        Crocifissa ai raggi ultimi è l'ombra
        le bocche non sono che sangue
        i cuori non sono che neve
        le mani sono immagini
        inferme della sera
        che miti vittime cela nel seno.
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          Scritta da: Cheope
          in Poesie (Poesie d'Autore)

          Esistere psichicamente

          Da questa artificiosa terra-carne
          esili acuminati sensi
          e sussulti e silenzi,
          da questa bava di vicende
          - soli che urtarono fili di ciglia
          ariste appena sfrangiate pei colli -
          da questo lungo attimo
          inghiottito da nevi, inghiottito dal vento,
          da tutto questo che non fu
          primavera non luglio non autunno
          ma solo egro spiraglio
          ma solo psiche,
          da tutto questo che non è nulla
          ed è tutto ciò ch'io sono:
          tale la verità geme a se stessa,
          si vuole pomo che gonfia ed infradicia.
          Chiarore acido che tessi
          i bruciori d'inferno
          degli atomi e il conato
          torbido d'alghe e vermi,
          chiarore-uovo
          che nel morente muco fai parole
          e amori.
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            Preghiera del clown

            Più ho voglia di piangere e più gli uomini si divertono,
            ma non importa, io li perdono, un po' perché essi non sanno,
            un po' per amor Tuo e un po' perché hanno pagato il biglietto.
            Se le mie buffonate servono ad alleviare le loro pene,
            rendi pure questa mia faccia ancora più ridicola,
            ma aiutami a portarla in giro con disinvoltura.

            C'è tanta gente che si diverte a far piangere l'umanità,
            noi dobbiamo soffrire per divertirla.
            Manda, se puoi, qualcuno su questo mondo,
            capace di far ridere me come io faccio ridere gli altri.
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              Teatro degli Artigianelli

              Falce martello e la stella d'Italia
              ornano nuovi la sala. Ma quanto
              dolore per quel segno su quel muro!

              Esce, sorretto dalle grucce, il Prologo.
              Saluta al pugno; dice sue parole
              perché le donne ridano e i fanciulli
              che affollano la povera platea.
              Dice, timido ancora, dell'idea
              che gli animi affratella; chiude: "E adesso
              faccio come i tedeschi: mi ritiro".
              Tra un atto e l'altro, alla Cantina, in giro
              rosseggia parco ai bicchieri l'amico
              dell'uomo, cui rimargina ferite,
              gli chiude solchi dolorosi; alcuno
              venuto qui da spaventosi esigli,
              si scalda a lui come chi ha freddo al sole.

              Questo è il Teatro degli Artigianelli,
              quale lo vide il poeta nel mille
              novecentoquarantaquattro, un giorno
              di Settembre, che a tratti
              rombava ancora il canone, e Firenze
              taceva, assorta nelle sue rovine.
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                Scritta da: Cheope
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                Squadra paesana

                Anch'io tra i molti vi saluto, rosso-
                alabardati,
                sputati
                dalla terra natia, da tutto un popolo
                amati.
                Trepido seguo il vostro gioco.
                Ignari
                esprimete con quello antiche cose
                meravigliose
                sopra il verde tappeto, all'aria, ai chiari
                soli d'inverno.

                Le angosce
                che imbiancano i capelli all'improvviso,
                sono da voi così lontane! La gloria
                vi dà un sorriso
                fugace: il meglio onde disponga. Abbracci
                corrono tra di voi, gesti giulivi.

                Giovani siete, per la madre vivi;
                vi porta il vento a sua difesa. V'ama
                anche per questo il poeta, dagli altri
                diversamente - ugualmente commosso.
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                  Scritta da: Cheope
                  in Poesie (Poesie d'Autore)

                  Il torrente

                  Tu così avventuroso nel mio mito,
                  così povero sei fra le tue sponde.
                  Non hai, ch'io veda, margine fiorito.
                  Dove ristagni scopri cose immonde.

                  Pur, se ti guardo, il cor d'ansia mi stringi,
                  o torrentello.
                  Tutto il tuo corso è quello
                  del mio pensiero, che tu risospingi
                  alle origini, a tutto il fronte e il bello
                  che in te ammiravo; e se ripenso i grossi
                  fiumi, l'incontro con l'avverso mare,
                  quest'acqua onde tu appena i piedi arrossi
                  nudi a una lavandaia,
                  la più pericolosa e la più gaia,
                  con isole e cascate, ancor m'appare;
                  e il poggio da cui scendi è una montagna.

                  Sulla tua sponda lastricata l'erba
                  cresceva, e cresce nel ricordo sempre;
                  sempre è d'intorno a te sabato sera;
                  sempre ad un bimbo la sua madre austera
                  rammenta che quest'acqua è fuggitiva,
                  che non ritrova più la sua sorgente,
                  né la sua riva; sempre l'ancor bella
                  donna si attrista, e cerca la sua mano
                  il fanciulletto, che ascoltò uno strano
                  confronto tra la vita nostra e quella
                  della corrente.
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