Poesie d'Autore


Scritta da: Silvana Stremiz
in Poesie (Poesie d'Autore)

Se musica è la donna amata

Ma tu continua e perditi, mia vita,
per le rosse città dei cani afosi
convessi sopra i fiumi arsi dal vento.
Le danzatrici scuotono l'oriente
appassionato, effondono i metalli
del sole le veementi baiadere.
Un passero profondo si dispiuma
sul golfo ov'io sognai la Georgia:
dal mare (una viola trafelata
nella memoria bianca di vestigia)
un vento desolato s'appoggiava
ai tuoi vetri con una piuma grigia
e se volevi accoglierlo una bruna
solitudine offesa la tua mano
premeva nei suoi limbi odorosi
d'inattuate rose di lontano.
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    Scritta da: Silvana Stremiz
    in Poesie (Poesie d'Autore)

    La mia vita, il mio canto

    L'egual vita diversa urge intorno;
    cerco e non trovo e m'avvio
    nell'incessante suo moto:
    a secondarlo par uso o ventura,
    ma dentro fa paura.
    Perde, chi scruta,
    l'irrevocabil presente;
    né i melliflui abbandoni
    né l'oblioso incanto
    dell'ora il ferreo battito concede.
    E quando per cingerti lo balzo
    -' sirena del tempo -
    un morso appéna e una ciocca ho di te:
    o non ghermita fuggì, e senza grido
    nei pensiero ti uccido
    è nell'atto mi annego.
    Se a me fusto è l'eterno,
    fronda la storia e patria il fiore,
    pur vorrei maturar da radice
    la mia linfa nel vivido tutto
    e con alterno vigore felice
    suggere il sole e prodigar il frutto;
    vorrei palesasse il mio cuore
    nei suo ritmo l'umano destino,
    e che voi diveniste - veggente
    passione del mondo,
    bella gagliarda bontà -
    l'aria di chi respira
    mentre rinchiuso in sua fatica va.
    Qui nasce, qui muore i! Mio canto:
    e parrà forse vano
    accordo solitario;
    ma tu che ascolti, recalo
    al tuo bene e al tuo male;
    e non ti sarà oscuro.
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      Scritta da: Silvana Stremiz
      in Poesie (Poesie d'Autore)

      Certezza del vero

      Sciorinati giorni dispersi,
      cenci all'aria insaziabile:
      prementi ore senza uscita,
      fanghiglia d'acqua sorgiva:
      torpor d'attimi lascivi
      fra lo spirito e il senso;
      forsennato voler che a libertà
      si lancia e ricade,
      inseguita locusta tra sterpi;
      e superbo disprezzo
      e fatica e rimorso e vano intendere:
      e rigirìo sul luogo come carte,
      per invilire poi, fuggendoli lezzo,
      la verità lontano in pigro scorno;
      e ritorno, uguale ritorno
      dell'indifferente vita,
      mentr'echeggia la via
      consueti fragori e nelle corti
      s'amplian faccende in conosciute voci,
      e bello intorno il mondo, par dileggio
      all'inarrivabile gloria
      al piacer che non so,
      e immemore di me epico armeggio
      verso conquiste ch'io non griderò.
      - Oh-per l'umano divenir possente
      certezza ineluttabile del vero,
      ordisci, ordisci dè tuoi fili il panno
      che saldamente nel tessuto è storia
      e nel disegno eternamente è Dio:
      ma così, cieco e ignavo,
      tra morte e morte vii ritmo fuggente, anch'io
      t'avrò fatto; anch'io.
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        Scritta da: Silvana Stremiz
        in Poesie (Poesie d'Autore)

        Il carro vuoto

        O carro vuoto sul binano morto,
        ecco per te la merce rude d'urti
        e tonfi. Gravido ora pesi
        sui telai tesi;
        ma nei ràntoli gonfi
        si crolla fumida e viene
        annusando con fascino orribile
        la macchina ad aggiogarti.
        Via del suo spazio assorto
        all'aspro rullare d'acciaio
        al trabalzante stridere dei freni,
        incatenato nel gregge
        per l'immutabile legge
        del continuo-aperto cammino:
        e trascinato tramandi
        e irrigidito rattieni
        le chiuse forze inespresse
        su ruote vicine e rotaie
        incongiungibili e oppresse,
        sotto il ciel che balzano
        nei labirinto dei giorni
        nel bivio delle stagioni
        contro la noia sguinzaglia l'eterno,
        verso l'amore pertugia l'esteso,
        e non muore e vorrebbe, e non vive e vorrebbe,
        mentre la terra gli chiede il suo verbo
        e appassionata nel volere acerbo
        paga col sangue, sola, la sua fede.
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          in Poesie (Poesie d'Autore)

          Il Natale

          Gesù, il Fedele, il Verace, è il Giudice
          che prese a esprimere visibile
          nel giorno del Santo Natale
          l'inesprimibile misericordia del Padre:
          prese a raggiar malvisto nel voltò sublime
          la bellezza divina e materna compiendo:
          e nuovo incanto di beltà pervase
          con intimo fremito l'universo
          fra linee terrene presagio di Cielo
          per educarci lassù, al Paradiso;
          ma prima ancora la Bontà rifulse,
          accese d'esser buono il gran tormento,
          accese d'esser buono un vasto incendio
          che a somiglianza divina
          cresce e arde per ogni cuore
          in carità di Dio trasfigurato:
          cura d'una vita monda,
          sete d'innocenza,
          anelito di vergine scienza,
          e devota attenzione presso il Bimbo,
          attenzione devota al Fanciullo
          fatto emblema d'ogni cosa pura,
          sciolto problema d'ogni vita piena;
          e infine salvifico effetto
          sopra l'intero creato
          a salvare già qui tutto l'uomo,
          ciò che è nato nel mondo perituro
          e portarlo sicuro al giudizio;
          Gesù il Fedele,
          il solo punto fermo nel moto dei tempi, in sterminata serie di eventi:
          il solo Santo che non manca mai,
          che trascende dove ci comprende
          e si fa dono 'in cima ai nostri guai
          e pareggia la grazia coi perdono:
          vero Dio trasumanante
          e a Deità aperto vero Uomo:
          Egli, il Fedele per sempre,
          Maestro vivente di Fede,
          egli che viene a Natale in peccato
          per meritarci in maestà di gloria,
          continuo avvento al termine segnato:
          se non'invano passiamo il breve tempo
          come luce del Figlio Incarnato,
          come frutti di dolce consiglio,
          impegno amoroso di vita,
          di vita dei singolo unanime nel segno,
          vita raggiunta infinita,
          in beata circolazione
          dove l'impeto ta porta
          che ineffabilmente ovunque va non ritorna,
          ma In desìo del Padre universalmente procede,
          nel fulgore del fuoco
          tutti insieme gloriando
          quali figli di Dio,
          alleluiando ai Padre,
          al Tìglio e allo Spìrito Santo
          che universalmente procede,
          tutti insieme in gioco giocondo festando
          quali in gaudio rapiti figli di Dio
          nell'impeto che procede
          su per la multanime fiamma
          di fratelli nella Mamma Celeste,
          i Fratelli di Gesù il Fedele.
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            Scritta da: Silvana Stremiz
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            Gira la trottola viva

            Gira la trottola viva
            sotto la sferza, mercé la sferza;
            lasciata a sé giace priva,
            stretta alla terra, odiando la terra;
            fin che giace guarda il suolo;
            ogni cosa è ferma,
            e invidia il moto, insidia l'ignoto;
            ma se poggia a un punto solo
            mentre va s'impernia,
            e scorge intorno vede d'intorno;
            il cerchio massimo è in alto
            se erige il capo, se regge il corpo;
            nell'aria tersa è in risalto
            se leva il corpo, se eleva il capo;
            gira - e il mondo variopinto
            fonde in sua bianchezza
            tutti i contorni, tutti i colori;
            gira, e il mondo disunito
            fascia in sua purezza
            con tutti i cuori per tutti i giorni;
            vive la trottola e gira,
            la sferza Iddio, la sferza è il tempo:
            così la trottola aspira
            dentro l'amore verso l'eterno.
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              Scritta da: Silvana Stremiz
              in Poesie (Poesie d'Autore)

              Dall'immagine tesa

              Dall'immagine tesa
              vigilo l'istante
              con imminenza di attesa -
              e non aspetto nessuno:
              nell'ombra accesa
              spio il campanello
              che impercettibile spande
              un polline di suono -
              e non aspetto nessuno:
              fra quattro mura
              stupefatte di spazio
              più che un deserto
              non aspetto nessuno:
              ma deve venire,
              verrà, se resisto
              a sbocciare non visto,
              verrà d'improvviso,
              quando meno l'avverto:
              verrà quasi perdono
              di quanto fa morire,
              verrà a farmi certo
              del suo e mio tesoro,
              verrà come ristoro
              delle mie e sue pene,
              verrà, forse già viene
              il suo bisbiglio.
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                Scritta da: Silvana Stremiz
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                Monologo

                Vita che non osai chiedere e fu,
                mite, incredula d'essere sgorgata
                dal sasso impenetrabile del tempo,
                sorpresa, poi sicura della terra,
                tu vita ininterrotta nelle fibre
                vibranti, tese al vento della notte...

                Era, donde scendesse, un salto d'acque
                silenziose, frenetiche, affluenti
                da una febbrile trasparenza d'astri
                ove di giorno ero travolto in giorno,
                da me profondamente entro di me
                e l'angoscia d'esistere tra rocce
                perdevo e ritrovavo sempre intatta.

                Tempo di consentire sei venuto,
                giorno in cui mi maturo, ripetevo,
                e mormora la crescita del grano,
                ronza il miele futuro. Senza pausa
                una ventilazione oscura errava
                tra gli alberi, sfiorava nubi e lande;
                correva, ove tendesse, vento astrale,
                deserto tra le prime fredde foglie,
                portava una germinazione oscura
                negli alberi, turbava pietre e stelle.

                Con lo sgomento d'una porta
                che s'apra sotto un peso ignoto, entrava
                nel cuore una vertigine d'eventi,
                moveva il delirio e la pietà.
                Le immagini possibili di me,
                passi uditi nel sogno ed inseguiti,
                svanivano, con che tremenda forza
                ti fu dato di cogliere, dicevo,
                tra le vane la forma destinata!
                Quest'ora ti edifica e ti schianta.
                L'uno ancora implacato, l'altro urgeva -
                con insulto di linfa chiusa i giorni
                vorticosi nascevano da me,
                rapidi, colmi fino al segno, ansiosi,
                senza riparo n'ero trascinato.
                Fosti, quanto puoi chiedere, reale,
                la contesa col nulla era finita,
                spirava un tempo lucido e furente,
                senza fine perivi e rinascevi,
                ne sentivi la forza e la paura.
                Una disperazione antica usciva
                dagli alberi, passava sulle tempie.
                Vita, ne misuravi la pienezza,.
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                  Scritta da: Silvana Stremiz
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                  Da "Avvento Notturno" Avorio

                  Parla il cipresso equinoziale, oscuro
                  e montuoso esulta il capriolo,
                  dentro le fonti rosse le criniere
                  dai baci adagio lavan le cavalle.
                  Giù da foreste vaporose immensi
                  alle eccelse città battono i fiumi
                  lungamente, si muovono in un sogno
                  affettuose vele verso Olimpia.
                  Correranno le intense vie d'Oriente
                  ventilate fanciulle e dai mercati
                  salmastri guarderanno ilari il mondo.
                  Ma dove attingerò io la mia vita
                  ora che il tremebondo amore è morto?
                  Violavano le rose l'orizzonte,
                  esitanti città stavano in cielo
                  asperse di giardini tormentosi,
                  la sua voce nell'aria era una roccia
                  deserta e incolmabile di fiori.
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