Poesie d'Autore


Scritta da: Ma Na
in Poesie (Poesie d'Autore)

Alle stelle

Luci che mai son pago di mirare
come diamanti eternamente ardenti. Voi,
fiaccole lucenti,
che la notte e tenebrose nubi
attraversate;
voi che i parchi del cielo, come fiori
adornate.
Voi, testimoni d'Iddio il dì della
creazione,
che solo Dio conosce e commisura,
che soltanto il Suo verbo chiamò col
giusto nome
(noi, ciechi mortali, che cimentarci osiamo!)
Custodi del piacere, oh quante dolci notti
ho trascorso, vegliando, a contemplarvi.
Sentinelle del tempo, quando succederà
che libero d'affanni e mai di voi
dimentico,
sotto di me io vi scruti, voi che col
vostro lume
mi avete acceso l'anima e la mente?
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    Scritta da: Pierluigi Camilli
    in Poesie (Poesie d'Autore)

    Gli umanitari

    Ecco il genio umanitario
    che del mondo stazionario
    unge le carrucole.
    Per finir la vecchia lite
    tra noi, bestie incivilite
    sempre un po' selvatiche,
    coll'idea d'essere Orfeo
    vuoi mestare in un cibreo
    l'universo e reliqua.
    Al ronzio di quella lira
    ci uniremo, gira gira,
    tutti in un gomitolo.
    Varietà d'usi e di clima
    le son fisime di prima;
    è mutata l'aria.
    I deserti, i monti, i mari,
    son confini da lunari,
    sogni di geografi.
    Col vapore e coi palloni troveremo gli scorcioni
    anco nelle nuvole;
    ogni tanto, se ci pare,
    scapperemo a desinare
    sotto, qui agli antipodi;
    e né gemini emisferi
    ci uniremo bianchi e neri:
    bene! Che bei posteri!
    Nascerà di cani e gatti
    una razza di mulatti
    proprio in corpo e in anima.
    La scacchiera d'Arlecchino
    sarà il nostro figurino,
    simbolo dell'indole.
    (Già per questo il Gran Sultano
    fé' la giubba al Mussulmano
    a coda di rondine!)
    Bel gabbione di fratelli!
    Di tirarci pè capelli
    smetteremo all'ultimo.
    Sarà inutile il cannone;
    rnorirem d'indigestione,
    anzi di nullaggine.
    La fiaccona generale
    per la storia universale
    farà molto comodo.
    Io non so se il regno umano
    deve aver Papa e Sovrano:
    ma se ci hanno a essere,
    Il Monarca sarà probo
    e discreto: un re del globo
    saprà star né limiti.
    Ed il capo della fede?
    Consoliamoci, si crede
    che sarà cattolico.

    Finirà, se Dio lo vuole,
    questa guerra di parole,
    guerra da pettegoli.
    Finirà: sarà parlata
    una lingua mescolata,
    tutta frasi aeree;
    e già già da certi tali
    nei poemi e nei giornali
    si comincia a scriverè.
    Il puntiglio discortese
    di tener dal suo paese,
    sparirà tra gli uomini.
    Lo chez-nous'd'un vagabondo
    vorrà dire: in questo mondo,
    non a casa al diavolo.
    Tu, gelosa ipocondria,
    che m'inchiodi a casa mia,
    escimi dal fegato;
    e tu pur chetati, o Musa,
    che mi secchi colla scusa
    dell'amor di patria.
    Son figliuol dell'universo,
    e mi sembra tempo perso
    scriver per l'Italia.
    Cari miei concittadini,
    non prendiamo per confini
    l'Alpi e la Sicilia.
    S'ha da star qui rattrappiti
    sul terren che ci ha nutriti?
    O che siamo cavoli?
    Qua e là nascere adesso,
    figuratevi, è lo stesso:
    io mi credo Tartaro.
    Perché far razza tra noi?
    Non è scrupolo da voi:
    abbracciamo i barbari!
    Un pensier cosmopolita
    ci moltiplichi la vita,
    e ci slarghi il cranio.
    Il cuor nostro accartocciato,
    nel sentirsi dilatato,
    cesserà di battere.
    Così sia: certe battute
    fanno male alla salute;
    ci è da dare in tisico.
    Su venite, io sto per uno;
    son di tutti e di nessuno;
    non mi vò confondere.
    Nella gran cittadinanza,
    picchia e mena, ho la speranza
    di veder le scimmie
    Sì sì, tutto un zibaldone:
    alla barba di Platone
    ecco la repubblica!
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      Scritta da: Salvatore Messina
      in Poesie (Poesie d'Autore)

      Il sole e la notte

      È sempre così di giorno e di notte.
      C'è il gallo che canta
      e la stella che torna
      con i suoi sogni per te
      contadino del mondo
      ovunque tu sia.
      Con le mani affondate nelle tasche
      fischietta il fanciullo
      e la fanciulla lo attende alla finestra,
      ma un altro è passato prima di lui,
      ed è la stessa cosa.
      Di giorno.
      Di notte.
      Il lavoro stanco,
      il riposo pigro
      e poi il gallo che canta
      e si passa il giorno sperando
      nelle stelle che verranno:
      ma è una notte di novilunio
      e non si vede niente
      mentre un fanciullo
      fischietta ancora deluso
      con un filo di paglia in bocca
      e una lacrima
      che il sole ha asciugato sul suo viso,
      e poi la notte.
      Ma il fanciullo è stanco
      e vomita odio e dolore
      al solito canto del gallo
      e lascia il suo mondo
      per seguire un cercatore d'oro,
      ma il colore del metallo
      non cambia la vita
      e fischietterà ancora deluso
      al chiudersi d'una finestra
      in un peccato d 'amore.
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        Scritta da: Marianna Mansueto
        in Poesie (Poesie d'Autore)
        Tu vivi sempre nei tuoi atti.
        Con la punta delle dita
        sfiori il mondo, gli strappi
        aurore, trionfi, colori,
        allegrie: è la tua musica.
        La vita è ciò che tu suoni.

        Dai tuoi occhi solamente
        emana la luce che guida
        i tuoi passi. Cammini
        fra ciò che vedi. Soltanto.

        E se un dubbio ti fa cenno
        a diecimila chilometri,
        abbandoni tutto, ti lanci
        su prore, su ali,
        sei subito lì; con i baci,
        coi denti lo laceri:
        non è più dubbio.
        Tu mai puoi dubitare.

        Perché tu hai capovolto
        i misteri. E i tuoi enigmi,
        ciò che mai potrai capire,
        sono le cose più chiare:
        la sabbia dove ti stendi,
        il battito del tuo orologio
        e il tenero corpo rosato
        che nel tuo specchio ritrovi
        ogni giorno al risveglio,
        ed è il tuo. I prodigi
        che sono già decifrati.

        E mai ti sei sbagliata,
        solo una volta, una notte
        che t'invaghisti di un'ombra
        -l'unica che ti è piaciuta-
        un'ombra pareva.
        E volesti abbracciarla.
        Ed ero io.
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          Scritta da: Marianna Mansueto
          in Poesie (Poesie d'Autore)
          Ti si sta vedendo l'altra.
          Somiglia a te:
          i passi, la stessa fronte aggrondata,
          gli stessi tacchi alti
          tutti macchiati di stelle.
          Quando andrete per strada
          insieme, tutte e due,
          che difficile sapere
          chi sei, chi non sei tu!
          Così uguali ormai, che sarà
          impossibile continuare a vivere
          così, essendo tanto uguali.
          E siccome tu sei la fragile,
          quella che appena esiste, tenerissima,
          sei tu a dover morire.
          Tu lascerai che ti uccida,
          che continui a vivere lei,
          la falsa tu, menzognera,
          ma a te così somigliante
          che nessuno ricorderà
          tranne me, ciò che eri.
          E verrè un giorno
          -perché verrà, sì, verrà-
          in cui guardandomi negli occhi
          tu vedrai
          che penso a lei e che la amo
          e vedrai che non sei tu.
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            Scritta da: Silvana Stremiz
            in Poesie (Poesie d'Autore)
            La felicità è fatta di attimi.
            La felicità è un bimbo che nasce,
            il sorriso di un anziano,
            la gioia dei tuoi figli,
            le braccia calde dei tuoi genitori
            le favole ascoltate e quelle raccontate,
            i tuoi figli che crescono,
            vedere nascere i tuo nipoti,
            l'affetto dei tuoi amici,
            e mille altre piccole cose che danno un senso a questa vita.
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              Scritta da: Rita Cangiano
              in Poesie (Poesie d'Autore)
              Girerò per le strade finché non sarò stanca morta
              saprò vivere sola e fissare negli occhi
              ogni volto che passa e restare sempre la stessa.
              Questo fresco che sale a cercarmi le vene
              è un risveglio che mai nel mattino ho provato
              così vero: soltanto, mi sento più forte
              che il mio corpo, e un tremore più feddo accompagna il mattino.
              Son lontani i mattini che avevo vent'anni.
              E domani, ventuno: domani uscirò per le strade,
              ne ricordo ogni sasso e le strisce di cielo.
              Da domani la gente riprende a vedermi
              e sarò ritta in piedi e potrò soffermarmi
              e specchiarmi in vetrine. I mattini di un tempo,
              ero giovane e non lo sapevo, e
              nemmeno sapevo
              di essere io che passavo-una donna, pdrona
              di se stessa. La magra bambina che fui
              si è svegliata da un pianto non fosse mai stato.
              E desidero solo colori. I colori non piangono,
              sono come un risveglio: domani i colori
              torneranno. Ciascuna uscirà per la strada,
              ogni corpo un colore-perfino i bambini.
              Questo corpo vestito di rosso leggero
              dopo tanto pallore riavrà la sua vita.
              Sentirò intorno a me scivolare gli sguardi e saprò d'esser io: gettando un'occhiata,
              mi vedrò tra la gente. Ogni nuovo mattino,
              uscirò per le strade cercando i colori.
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