O carro vuoto sul binano morto, ecco per te la merce rude d'urti e tonfi. Gravido ora pesi sui telai tesi; ma nei ràntoli gonfi si crolla fumida e viene annusando con fascino orribile la macchina ad aggiogarti. Via del suo spazio assorto all'aspro rullare d'acciaio al trabalzante stridere dei freni, incatenato nel gregge per l'immutabile legge del continuo-aperto cammino: e trascinato tramandi e irrigidito rattieni le chiuse forze inespresse su ruote vicine e rotaie incongiungibili e oppresse, sotto il ciel che balzano nei labirinto dei giorni nel bivio delle stagioni contro la noia sguinzaglia l'eterno, verso l'amore pertugia l'esteso, e non muore e vorrebbe, e non vive e vorrebbe, mentre la terra gli chiede il suo verbo e appassionata nel volere acerbo paga col sangue, sola, la sua fede.
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