Poesie d'Autore


Scritta da: Cheope
in Poesie (Poesie d'Autore)

Ancora sulla strada di Zenna

Perché quelle piante turbate m'inteneriscono?
Forse perché ridicono che il verde si rinnova
a ogni primavera, ma non rifiorisce la gioia?
Ma non è questa volta un mio lamento
e non è primavera, è un'estate,
l'estate dei miei anni.
Sotto i miei occhi portata dalla corsa
la costa va formandosi immutata
da sempre e non la muta il mio rumore
né, più fondo, quel repentino vento che la turba
e alla prossima svolta, forse finirà.
E io potrò per ciò che muta disperarmi
portare attorno il capo bruciante di dolore.
Ma l'opaca trafila delle cose
che là dietro indovino: la carrucola nel pozzo,
la spola della teleferica nei boschi,
i minimi atti, i poveri
strumenti umani avvinti alla catena
della necessità, la lenza
buttata a vuoto nei secoli,
le scarse vite, che all'occhio di chi torna
e trova che nulla nulla è veramente mutato
si ripetono identiche,
quelle agitate braccia che presto ricadranno,
quelle inutilmente fresche mani
che si tendono a me e il privilegio
del moto mi rinfacciano.
Dunque pietà per le turbate piante
evocate per poco nella spirale del vento
che presto da me arretreranno via via
salutando salutando.
Ed ecco già mutato il mio rumore
s'impunta un attimo e poi si sfrena
fuori da sonni enormi
e un altro paesaggio gira e passa.
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    Scritta da: Cheope
    in Poesie (Poesie d'Autore)

    Spesso per viottoli tortuosi

    Spesso per viottoli tortuosi
    quelque part en Algerie
    del luogo incerto
    che il vento morde,
    la tua pioggia il tuo sole
    tutti in un punto
    tra sterpi amari del più amaro filo
    di ferro, spina senza rosa
    ma già un anno è passato,
    è appena un sogno:
    siamo tutti sommessi a ricordarlo.

    Ride una larva chiara
    dov'era la sentinella
    e la collina
    dei nostri spiriti assenti
    deserta e immemorabile si vela.
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      Scritta da: Cheope
      in Poesie (Poesie d'Autore)

      Settembre

      Già l'olea fragrante nei giardini
      d'amarezza ci punge: il lago un poco
      si ritira da noi, scopre una spiaggia
      d'aride cose,
      di remi infranti, di reti strappate.
      E il vento che illumina le vigne
      già volge ai giorni fermi queste plaghe
      da una dubbiosa brulicante estate.

      Nella morte già certa
      cammineremo con più coraggio,
      andremo a lento guado coi cani
      nell'onda che rotola minuta.
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        Scritta da: Cheope
        in Poesie (Poesie d'Autore)

        Pianto della notte

        Tacciono i boschi e i fiumi,
        e'l mar senza onda giace,
        ne le spelonche i venti han tregua e pace,
        e ne la notte bruna
        alto silenzio fa la bianca luna;
        e noi tegnamo ascose
        le dolcezze morose.
        Amor non parli o spiri,
        sien muti i baci e muti i miei sospiri.
        Qual rugiada o qual pianto,
        quai lagrime eran quelle
        che sparger vidi dal notturno manto
        e dal candido volto de le stelle?
        E perché seminò la bianca luna
        di cristalline stelle un puro nembo
        a l'erba fresca in grembo?
        Perché ne l'aria bruna
        s'udian, quasi dolendo, intorno intorno
        gir l'aure insino al giorno?
        Fur segni forse de la tua partita,
        vita de la mia vita?
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          Scritta da: Cheope
          in Poesie (Poesie d'Autore)
          Parola che l'amor da la rotonda
          bocca mi versa come unguenti e odori;
          Parola che da l'odio irrompi fuori
          fischiando come sasso da la fionda;

          sola virtù che da la carne immonda
          alzi gli spinti e inebri di fulgori;
          o seme indistruttibile né cuori,
          Parola, o cosa mistica e profonda;

          ben io so la tua specie e il tuo mistero
          e la forza terribile che dentro
          porti e la pia soavità che spandi;

          ma fossi tu per me fiume tra i grandi
          fiumi più grande, e limpido nel centro
          de la Vita recassi il mio pensiero!
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            Scritta da: Cheope
            in Poesie (Poesie d'Autore)

            I poeti

            Il sogno d'un passato lontano, d'una ignota
            stirpe, d'una remota
            favola nei Poeti luce. Ai Poeti oscuro
            è il sogno del futuro.
            Qual contro l'aure avverse una chioma divina,
            una fiamma divina,
            tal ne la vita splende
            l'Anima, si distende,
            in dietro effusa pende.

            Ospiti fummo (O tu che m'ami: ti sovviene?
            Era ne le tue vene
            il Ritmo), ospiti fummo in imperi di gloria.
            Nativa è la memoria
            in noi, dei fiori ardenti su dai cavi alabastri
            come tangibili astri,
            dei misteri veduti,
            degli amori goduti,
            degli aromi bevuti.

            In qual sera purpurea chiudemmo gli occhi? Quale
            fu ne l'ora mortale
            il nostro Dio? Da quale portentosa ferita
            esalammo la vita?
            Forse dopo una strage di eroi? Sotto il profondo
            ciel d'un letto profondo?
            Le nostre spoglie fiera
            custodì la Chimera
            ne la purpurea sera.

            E al risveglio improvviso dal sonno secolare
            noi vedemmo raggiare
            un altro cielo; udimmo altre voci, altri canti;
            udimmo tutti i pianti
            umani, tutti i pianti umani che la Terra
            nel suo cerchio rinserra.
            Udimmo tutti i vani
            gemiti e gli urli insani
            e le bestemmie immani.

            Udimmo taciturni la querela confusa.
            Ma ne l'anima chiusa
            l'antichissimo sogno, che fluttuava ancòra,
            ebbe una nuova aurora.
            E vivemmo; e ingannammo la vita ricordando
            quella morte, cantando
            dei misteri veduti,
            degli amori goduti,
            degli aromi bevuti.

            Or conviene il silenzio: alto silenzio. Oscuro
            è il sogno del futuro.
            Nuova morte ci attende. Ma in qual giorno supremo,
            o Fato, rivivremo?
            Quando i Poeti al mondo canteranno su corde
            d'oro l'inno concorde:
            - O voi che il sangue opprime,
            Uomini, su le cime
            splende l'Alba sublime!
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              Scritta da: Cheope
              in Poesie (Poesie d'Autore)

              Aprile

              Socchiusa è la finestra, sul giardino.
              Un'ora passa lenta, sonnolenta.
              Ed ella, ch'era attenta, s'addormenta
              a quella voce che già si lamenta,
              - che si lamenta in fondo a quel giardino.

              Non è che voce d'acque su la pietra:
              e quante volte, quante volte udita!
              Quell'amore e quell'ora in quella vita
              s'affondan come ne l'onda infinita
              stretti insieme il cadavere e la pietra.

              Ella stende l'angoscia sua nel sonno.
              L'angoscia è forte, e il sonno è così lieve!
              (Par la luce d'april quasi una neve
              che sia tiepida. ) Ed ella certo deve
              soffrire, vagamente, anche nel sonno.

              Tutto nel sonno si rivela il male
              che la corrompe. Il volto impallidisce
              lentamente: la bocca s'appassisce
              nel suo respiro; su le guance lisce
              s'incava un'ombra... O rose, è il vostro male:

              rose del sole nuovo, pur di ieri,
              ch'ella recise ad una ad una (e intanto
              ella era affaticata un poco, e intanto
              l'acque avean su la stessa pietra il pianto
              d'oggi), oggi quasi sfatte, e pur di ieri!

              Ella non è più giovine. I suoi tardi
              fiori effuse nel primo ultimo amore.
              Fu di voluttà ebra e di dolore.
              Un grido era nel suo segreto cuore,
              assiduo: - Troppo tardi! Troppo tardi! -

              Ella non è più giovine. Son quasi
              bianchi i capelli su la tempia; sono
              su la fronte un po' radi. L'abbandono
              (ella è supina e immota), l'abbandono
              fa sembrar morte le sue mani, quasi.

              Né pure il gesto fa scendere mai
              sangue all'estrenútà de le sue dita!
              La tragga il sogno lungi da la vita.
              Veda nel sogno almen ringiovanita
              l'Amato ch'ella non vedrà piu mai.

              Socchiusa è la finestra, sul giardino.
              Un'ora passa lenta, sonnolenta.
              Non altro s'ode, ne la luce spenta,
              che quella voce che giù si lamenta,
              - che si lamenta in fondo a quel giardino.
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                Scritta da: Cheope
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                Autunno

                Autunno, che negli occhi suoi specchiasti
                e nel mar taciturno il tuo fulvo oro
                - tutte le acque un immobile tesoro
                parvero, e gli occhi più del mare vasti -,

                Autunno, io non sentii mai così forte
                la tristezza che tu solo diffondi
                - quante di me né tuoi boschi profondi
                son cose morte tra le foglie morte!

                Come ieri. Fu ieri la suprema
                tristezza e fu l'amor supremo. Ah mai,
                ne l'ore più segrete, mai l'amai
                come ieri. Ancor l'anima ne trema.

                Ella taceva, chiusa ne la nera
                tunica dove sparsi erano fiori
                pallidi, Autunno, come i tuoi che indori
                sul vano stelo; e, china a la ringhiera,

                guardava il golfo solitario, china
                come colei che un peso immane aggrava.
                - Ombra de la sua fronte! - O non guardava
                forse dentro di sé la sua ruina?

                Forse. Non domandai. Ma così piena-
                mente a lei rispondean tutte le cose
                visibili, apparenze dolorose
                d'anime involte ne la stessa pena,

                che io credetti vedere il suo dolore
                in quelle forme, vivere in un mondo
                espresso intero dal suo cuor profondo,
                irradiato da quel solo cuore;

                e fu per me ciascuna forma un segno
                che svelava un mistero: quasi un muto
                verbo; e più nulla fu disconosciuto,
                anche per me, ne l'infinito regno.
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                  Scritta da: Cheope
                  in Poesie (Poesie d'Autore)

                  Il vento scrive

                  Su la docile sabbia il vento scrive
                  con le penne dell'ala; e in sua favella
                  parlano i segni per le bianche rive.

                  Ma, quando il sol declina, d'ogni nota
                  ombra lene si crea, d'ogni ondicella,
                  quasi di ciglia su soave gota.

                  E par che nell'immenso arido viso
                  della pioggia s'immilli il tuo sorriso.
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