in Poesie (Poesie d'Autore)
Tre in uno
In casa mia c'è un gatto.
Bisbetico e litigioso.
Un gatto adorabile e gioviale.
E un gatto combattivo
Dal comportamento irreprensibile.
E pensare che ne ho uno solo!
Composta giovedì 8 luglio 2010
In casa mia c'è un gatto.
Bisbetico e litigioso.
Un gatto adorabile e gioviale.
E un gatto combattivo
Dal comportamento irreprensibile.
E pensare che ne ho uno solo!
Ecco la poesia che volevo scrivere
prima, ma non l'ho scritta
perché ti ho sentita muoverti.
Stavo ripensando
a quella prima mattina a Zurigo.
Quando ci siamo svegliati prima dell'alba.
Per un attimo disorientati. Ma poi siamo
usciti sul balcone che dominava
il fiume e la città vecchia.
E siamo rimasti lì senza parlare.
Nudi. A osservare il cielo schiarirsi.
Così felici ed emozionati. Come se
fossimo stati messi lì
proprio in quel momento.
Se della mia voce potessi liberarmi
per attorcigliare la tua gola alla mia
e solo usare quell'oceano
formato dalle tue parole che nettare sono
per la mia lingua di orfano di vedovo di straniero
Se smettere potessi d'essere assente
per trasformare la tua anima nella mia patria
lasciandoti sentire per una volta
l'impatto mortale del mio silenzio
In fondo altro non sono che il ricordo della tua voce.
Ogni volta che mi rifiuti
finisci di partorirmi.
Solevo, da giovane, gaio ridestarmi al mattino
con la rugiada, e m'attristavo alla caduta del giorno.
Ora al levarmi la bianca discesa maledico
che ogni radice rinfresca, e vorrei che le mie palpebre
fossero morte serrande giù tratte dal peso infinito
del mondo minerale. Ed è strano davvero che la sera,
quando le ombre distese giacciono come fieno tagliato,
in questa pazza età mi rallegri, e la mia anima canti
vividamente ardendo nel centro di un cielo gelato.
I piccoli particolari della casa:
il filo sullo scendiletto trasandato,
il cerino per terra,
la cenere
che posa sulla mattonella la sua fragile trama,
l'unghietta tagliata del bambino
accanto alla scarpa,
fanno piacere agli occhi che senza badarci
collezionano immagini di oggetti che non servono.
Per quel filo si ama di più la madre,
ci si ricorda del padre
per il cerino e la cenere,
e del bambino per l'unghia e le scarpe.
Piccoli oggetti che si spazzano, che nessuno raccoglie,
estremamente importanti, ci ricordano
le piccole contrarietà della vita
e poveri piaceri piccolissimi.
Un freddo vento australe
scompiglia i rami ai tigli,
sembra che vi s'impigli,
per guardar qui, la luna.
Io scrivo alla mia bella
che mi ha abbandonato
e la mia lunga lettera
la legge anche la luna.
La luce sua silente
scorre di riga in riga.
Io piango, e cosi scordo
preghiere sonno e luna.
Perché l'età ne'nvola
il desir cieco e sordo,
con la morte m'accordo,
stanco e vicino all'ultima parola.
L'alma che teme e cola
quel che l'occhio non vede,
come da cosa perigliosa e vaga,
dal tuo bel volto, donna, m'allontana.
Amor, ch'al ver non cede,
di nuovo il cor m'appaga
di foco e speme; e non già cosa umana
mi par, mi dice, amar...
Il tuo corpo tagliato
da una lama di luce –
per metà carne,
per metà ricordo.
Illuminazione obliqua,
il grande letto
intero,
il tepore lontano,
e la coperta rossa.
Chiudo la porta,
chiudo le finestre.
Vento con vento.
Unione inespugnabile.
Con la bocca piena
di un boccone di notte.
Ahi, l'amore.
Stelle numerose, come quelle del firmamento,
sabbia innumerevole, come quella in riva al
mare.
Luccicano le cose splendenti,
soffrono da sole quelle solitarie.
Lo splendore della sua stella penetra nella
carne.
Attendo
il momento in cui possa dire "Splendo".
Acqua immensa, galleggia sul deserto, mentre
la sabbia diventa il suo corpo,
fino a quando non si trasforma in vento
che soffia tra i granelli di sabbia.
Si affanna ad amare le proprie bugie,
fino a quando non le vede più.
Niente, non aspetto più niente da te, cielo,
Dovunque mi aggrappi cado con fragore
Dal tuo tetto d'aria colmo di conchiglie
Dal mazzo arrugginito delle tue stelle;
Una luna spropositata sorge in me
S'ingrossa minacciosa sui miei crinali
Sorgerà un plenilunio a frantumarmi.