Poesie d'Autore migliori


Scritta da: Elisa Iacobellis
in Poesie (Poesie d'Autore)
Sono una stella del firmamento
che osserva il mondo, disprezza il mondo
e si consuma nel proprio ardore.

Io sono il mare di notte in tempesta
il mare urlante che accumula nuovi
peccati e agli antichi rende mercede.

Sono dal vostro mondo
esiliato di superbia educato, dalla superbia frodato,
io sono il re senza corona.

Son la passione senza parole
senza pietre del focolare, senz'arma nella guerra,
è la mia stessa forza che mi ammala.
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    Scritta da: Silvana Stremiz
    in Poesie (Poesie d'Autore)

    Notturno in tram a Berlino

    La vecchiaia la solitudine e io e poi una malinconia tutti
    e quattro camminiamo fianco a fianco senza parlarci

    ciascuno cammina solo ma siamo l'uno a fianco dell'altro

    che cosa non avremmo dato gli uni e gli altri per non sentire
    il rumore dei passi gli uni degli altri

    dentro di noi abbiamo pietà imprechiamo gli uni contro
    gli altri ma ci amiamo perché non crediamo gli uni negli altri

    che cosa non avremmo dato per arrivare a un incrocio e infilare presto
    quattro strade diverse ma non so se uno di noi morisse se quelli che restano sarebbero contenti

    la vecchiaia la solitudine e io e poi una malinconia tutti e
    quattro camminiamo fianco a fianco

    la notte prendiamo il tram i tram che non sappiamo dove vadano

    la notte i tram puliti larghi a tre vagoni ci portano in
    qualche luogo con stridori sferragliamenti

    a un tratto si levano davanti a noi dei muri bruciati e sotto
    il riverbero dei lampioni marciano diritti e testardi verso di noi

    delle finestre appaiono davanti a noi e vengono in folla verso
    di noi schiaciandosi l'una con l'altra

    finestre che non hanno nè vetri nè infissi che non sono finestre
    delle stanze degli uomini ma finestre del vuoto

    passiamo davanti alle porte senza battenti le porte che aprono su nulla

    sui marciapiedi degli uomini con tre punti sopra il bracciale aspettano il tram

    sono appoggiati sui loro bastoni dalle punte di gomma

    non so se tutti i muti sono anche dei sordi ma certo la maggior parte dei ciechi sono dei ciechi con gli occhi aperti e le luci dei tram cadono nei loro occhi aperti ma loro non si rendono conto che la luce cade nei loro occhi

    vecchie bigliettaie stanche fanno salire i ciechi sui tram

    donne che mi avete guidato teneramente tenendomi per mano

    a quasi tutte voi non ho dato che qualche poesia e forse un po' di tristezza

    sono grato a voi tutte

    traversiamo le tenebre degli spiazzi vuoti dove crescono i ciuffi d'erbacce

    i tram traversano le piazze i cui palazzi barocchi sono distrutti

    e le pietre bruciate spezzate si somigliano talmente che la testa
    ci gira e giriamo in tondo

    questa città è tutta bucata perché ha mandato i suoi soldati a distruggere altre città

    ho visto città rase al suolo avevano mandato i loro soldati a distruggere altre città e i soldati delle altre città le avevano rase al suolo

    ho visto città che preparavano i loro soldati per mandarli
    a distruggere altre città ed essere distrutte esse stesse

    dei violinisti salgono in tram con le scatole dei violini sotto
    il braccio e i loro lunghi capelli tristi non riescono a
    nascondere la loro calvizie

    questo agosto è forse l'ultimo agosto del mondo ha chiesto uno dei violinisti alla bigliettaia in una lingua che non conosco
    sulle piattaforme dei tram ci sono dei giovani in collera

    credo ch'essi stessi non sappiano perché e contro chi sono in collera

    che ora sarà adesso all'Avana amore mio sarà notte o giorno

    le ragazze scendono dai tram

    le loro gambe sono abbastanza ben fatte

    senza fare un gesto seduto dove sono le seguo e sotto il ponte
    di pietra sento vicinissimo al mio viso il calore delle loro bocche e volto la testa a una giovane donna che mi tocca la spalla senza ch'io sappia dov'è

    i suoi capelli son paglia d'oro le sue ciglia azzurre

    il suo collo bianco è lungo e rotondo

    alle fermate vecchie donne terribili con cappelli di
    paglia nera traversano le rotaie tenendosi per mano

    l'uomo seduto alla mia destra s'è inabissato dentro se stesso
    s'è perduto dentro se stesso

    è così lo so è così che la vecchiaia comincia

    tuttavia non è in mio potere non cadere nelle onde tristi

    così comincia la vecchiaia

    l'uomo seduto alla mia destra è caduto ancora nelle onde tristi

    alla porta del deposito siamo scesi dall'ultimo tram

    rientriamo a piedi

    tutti e quattro

    la vecchiaia la solitudine e io e poi una malinconia

    quando arriviamo all'albergo il sole comincia a spuntare

    nella nostra stanza apriamo la radio

    parla dei vascelli cosmici.
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      Scritta da: Silvana Stremiz
      in Poesie (Poesie d'Autore)

      Il Nunzio

      Un murmure, un rombo...
      Son solo: ho la testa
      confusa di tetri
      pensieri. Mi desta
      quel murmure ai vetri.
      Che brontoli, o bombo?
      Che nuove mi porti?
      E cadono l'ore
      giù giù, con un lento
      gocciare. Nel cuore
      lontane risento
      parole di morti...
      Che brontoli, o bombo?
      Che avviene nel mondo?
      Silenzio infinito.
      Ma insiste profondo,
      solingo smarrito,
      quel lugubre rombo.
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        Scritta da: Silvana Stremiz
        in Poesie (Poesie d'Autore)

        Felicità raggiunta

        Felicità raggiunta, si cammina
        per te sul fil di lama.
        Agli occhi sei barlume che vacilla
        al piede, teso ghiaccio che s'incrina;
        e dunque non ti tocchi chi più t'ama.

        Se giungi sulle anime invase
        di tristezza e le schiari, il tuo mattino
        è dolce e turbatore come i nidi delle cimase.
        Ma nulla paga il pianto di un bambino
        a cui fugge il pallone tra le case.
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          Scritta da: Silvana Stremiz
          in Poesie (Poesie d'Autore)

          Tu verrai comunque

          Tu verrai comunque
          perché dunque non ora?
          Ti attendo
          sono sfinita
          Ho spento il lume e aperto l'uscio
          a te, così semplice e prodigiosa.
          Prendi per questo l'aspetto che più ti aggrada
          irrompi come una palla avvelenata
          o insinuati furtiva come un freddo bandito
          o intossicami col delirio del tifo
          o con una storiella da te inventata
          e nota a tutti fino alla nausea
          che io veda la punta di un berretto turchino
          e il capopalazzo pallido di paura.
          Ora per me tutto è uguale
          turbina lo Enisej
          risplende la stella polare
          e annebbia un ultimo terrore
          l'azzurro bagliore di occhi addolorati.
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            Scritta da: Gabriella Stigliano
            in Poesie (Poesie d'Autore)

            Non disprezzare il poco

            Non disprezzare il poco, il meno, il non abbastanza
            L'umile, il non visto, il fioco, il silenzioso
            Perché quando saranno passati amori e battaglie
            Nell'ultimo camminare, nella spoglia stanza

            Non resteranno il fuoco e il sublime, il trionfo e la fanfara
            Ma braci, un sorso d'acqua, una parola sussurrata, una nota
            Il poco, il meno il non abbastanza.
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              Scritta da: Cheope
              in Poesie (Poesie d'Autore)

              I poeti

              Il sogno d'un passato lontano, d'una ignota
              stirpe, d'una remota
              favola nei Poeti luce. Ai Poeti oscuro
              è il sogno del futuro.
              Qual contro l'aure avverse una chioma divina,
              una fiamma divina,
              tal ne la vita splende
              l'Anima, si distende,
              in dietro effusa pende.

              Ospiti fummo (O tu che m'ami: ti sovviene?
              Era ne le tue vene
              il Ritmo), ospiti fummo in imperi di gloria.
              Nativa è la memoria
              in noi, dei fiori ardenti su dai cavi alabastri
              come tangibili astri,
              dei misteri veduti,
              degli amori goduti,
              degli aromi bevuti.

              In qual sera purpurea chiudemmo gli occhi? Quale
              fu ne l'ora mortale
              il nostro Dio? Da quale portentosa ferita
              esalammo la vita?
              Forse dopo una strage di eroi? Sotto il profondo
              ciel d'un letto profondo?
              Le nostre spoglie fiera
              custodì la Chimera
              ne la purpurea sera.

              E al risveglio improvviso dal sonno secolare
              noi vedemmo raggiare
              un altro cielo; udimmo altre voci, altri canti;
              udimmo tutti i pianti
              umani, tutti i pianti umani che la Terra
              nel suo cerchio rinserra.
              Udimmo tutti i vani
              gemiti e gli urli insani
              e le bestemmie immani.

              Udimmo taciturni la querela confusa.
              Ma ne l'anima chiusa
              l'antichissimo sogno, che fluttuava ancòra,
              ebbe una nuova aurora.
              E vivemmo; e ingannammo la vita ricordando
              quella morte, cantando
              dei misteri veduti,
              degli amori goduti,
              degli aromi bevuti.

              Or conviene il silenzio: alto silenzio. Oscuro
              è il sogno del futuro.
              Nuova morte ci attende. Ma in qual giorno supremo,
              o Fato, rivivremo?
              Quando i Poeti al mondo canteranno su corde
              d'oro l'inno concorde:
              - O voi che il sangue opprime,
              Uomini, su le cime
              splende l'Alba sublime!
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                in Poesie (Poesie d'Autore)

                Mi vengono a trovare un editore e un poeta

                Avevo appena vinto 115 dollari dai succhiacervelli e
                stavo nudo sul letto
                ascoltando un'opera di uno degli italiani
                e mi ero appena liberato di una donnaccia
                quando bussarono alla porta,
                e visto che i piedipiatti avevano fatto irruzione circa un mese prima,

                urlai piuttosto irritato -
                chi diavolo è? Che vuoi amico?
                sono il tuo editore! Rispose qualcuno urlando,
                e io strillai, non ho un editore,
                prova qui accanto, e lui rispose urlando,
                sei Charles Bukowski, vero? Mi tirai su e
                sbirciai attraverso la grata di ferro per accertarmi che non fosse un piedipiatti,

                e coprii la mia nudità con una vestaglia,
                diedi un calcio ad una lattina di birra e li invitai ad entrare,
                un editore e un poeta.
                Soltanto uno prese una birra (l'editore)
                Così io ne bevvi due per il poeta e una per me
                e loro sedevano là sudando e osservandomi
                e io sedevo là cercando di spiegare
                che non ero veramente un poeta nel senso tradizionale,
                e raccontai loro dei recinti per il bestiame e del mattatoio
                e degli ippodromi e delle condizioni di alcune nostre prigioni,
                e l'editore improvvisamente tirò fuori cinque riviste da una cartella

                e le gettò tra le lattine
                e parlammo dei Fiori del male, Rimbaud, Villon,
                e di cosa sembravano alcuni poeti moderni:
                J. B. May e Wolf the Hedley sono molto puri, unghie pulite, ecc.;
                Mi scusai per le lattine di birra, la mia barba, e tutto quello che c'era sul pavimento
                e ben presto tutti stavano sbadigliando
                e l'editore improvvisamente si alzò e io dissi,
                andate via?
                E poi l'editore e il poeta stavano uscendo dalla porta,
                e allora pensai, beh, al diavolo può non essergli piaciuto
                quello che hanno visto
                ma io non vendo lattine di birra e opera italiana e
                calze di nylon strappate sotto il letto e unghia sporche,
                io vendo rime vita e versi,
                e mi alzai e mi scolai una nuova lattina di birra
                e guardai le cinque riviste con il mio nome in copertina
                e mi chiesi cosa significasse,
                mi chiesi se scriviamo poesie o se stiamo tutti ammucchiati
                in una grande tenda
                abbracciando teste di cazzo.
                Composta mercoledì 25 settembre 2013
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