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in Poesie (Poesie d'Autore)
Pensando, intrecciando ombre nella solitudine profonda.
Persino tu sei lontana, oh, più lontana di tutti.
Pensando, liberando uccelli, dileguando immagini,
sotterrando lampade.
Campanili di nebbie, così distante, lassù in alto!
Soffocando lamenti, macinando oscure speranze,
silenzioso mugnaio,
la notte cade bocconi ai tuoi piedi, lontano dalla città.

La tua presenza mi è estranea, curiosa come quella di un oggetto.
Penso, cammino a lungo, la mia vita prima di te.
La mia vita prima di tutti, la mia ruvida vita.
Il grido di fronte al mare, tra le pietre,
che corre libero, folle, nel vapore del mare.
La furia triste, il grido, la solitudine del mare.
Straripante, violento, teso verso il cielo.

Tu, donna, che cos'eri lì, quale piega, quale stecca
di quell'immenso ventaglio? Eri lontana come ora.
Incendio nel bosco! Arde in croci azzurrine.
Arde, arde, infiamma, sfavilla in alberi di luce.
Crolla, crepita. Incendio. Incendio.
E la mia anima balla ferita da trucioli infuocati.
Chi chiama? Quale silenzio popolato di echi?
Ora della nostalgia, ora della gioia, ora della solitudine,
ora mia tra tutte!
Conchiglia in cui il vento passa cantando.
Tanta passione di pianto avvinghiata al mio corpo.

Sussulto di tutte le radici,
assalto di tutte le onde!
Girava, allegra, triste, interminabile, la mia anima.

Pensando, sotterrando lampade nella solitudine profonda.
Chi sei tu, chi sei?
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    Scritta da: Silvana Stremiz
    in Poesie (Poesie d'Autore)

    In un momento

    In un momento
    Sono sfiorite le rose
    I petali caduti
    Perché io non potevo dimenticare le rose
    Le cercavamo insieme
    Abbiamo trovato delle rose
    Erano le sue rose erano le mie rose
    Questo viaggio chiamavamo amore
    Col nostro sangue e colle nostre lagrime facevamo le rose
    Che brillavano un momento al sole del mattino
    Le abbiamo sfiorite sotto il sole tra i rovi
    Le rose che non erano le nostre rose
    Le mie rose le sue rose
    P. S. E così dimenticammo le rose.
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      Scritta da: Silvana Stremiz
      in Poesie (Poesie d'Autore)

      Sonetto alla scienza

      Scienza, vera figlia ti mostri del Tempo annoso,
      tu che ogni cosa trasmuti col penetrante occhio!
      Ma dimmi, perché al poeta così dilani il cuore,
      avvoltoio dalle ali grevi e opache?
      Come potrebbe egli amarti? E giudicarti savia,
      se mai volesti che libero n'andasse errando
      a cercar tesori per i cieli gemmati?
      Pure, si librava con intrepide ali.
      Non hai tu sbalzato Diana dal suo carro?
      E scacciato l'Amadriade dal bosco,
      che in più felice stella trovò riparo?
      Non hai tu strappato la Naiade ai suoi flutti,
      l'Elfo ai verdi prati e me stesso infine
      al mio sogno estivo all'ombra del tamarindo?
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        in Poesie (Poesie d'Autore)

        Da poesia in forma di rosa - il libro delle croci

        Da quel gabbione uscii...
        Nessuno mi guardava.
        Per quale distrazione?
        Per quale pensiero immerso
        senza pietà nel cuore?
        Per quale esclusiva
        incomunicabile passione?
        Come una vecchia carta,
        un pezzo di giornale trascinato
        sul lastrico dal vento,
        vagavo, ignorato, contro i cantoni
        di marmo e ottone,
        gli alberelli severi del Nord,
        i vetri di una Banca...
        Il futuro dell'uomo!
        Nessuno sapeva più nulla della pietà,
        della speranza: sapevano
        in questa accanita città,
        solamente il futuro, come già seppero la vita.
        Ognuno l'aveva in cuore,
        passione quotidiana, scontata
        novità, luce della nuova storia.
        E io senza più capire
        cos'aveva potere d'importargli,
        di avere per loro significato
        di farli ridere, di farli piangere,
        ero un vecchio pezzo di giornale,
        trascinato dal nuovo vento
        tra i loro piedi di Angeli.
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          Scritta da: Andrea De Candia
          in Poesie (Poesie d'Autore)
          La sacra notte all'orizzonte è sorta
          e il consolante, grato giorno
          ha rotolato quasi velo d'oro,
          velo gettato sull'abisso. Come
          visione è dileguato il mondo esterno...
          E l'uomo ormai, quale orfanello privo
          di ricetto, sta nudo ed impotente,
          a faccia a faccia con il nero abisso.

          Ed è a se stesso abbandonato, il senno
          annullato, il pensiero derelitto;
          nell'anima sua propria inabissato,
          né di fuori è sostegno né confine...
          Ed ogni cosa luminosa e viva
          gli pare adesso trapassato sogno...
          E nel notturno, estraneo, indecifrato
          conosce egli il retaggio familiare.
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