Poesie d'Autore migliori


in Poesie (Poesie d'Autore)
Pensando, intrecciando ombre nella solitudine profonda.
Persino tu sei lontana, oh, più lontana di tutti.
Pensando, liberando uccelli, dileguando immagini,
sotterrando lampade.
Campanili di nebbie, così distante, lassù in alto!
Soffocando lamenti, macinando oscure speranze,
silenzioso mugnaio,
la notte cade bocconi ai tuoi piedi, lontano dalla città.

La tua presenza mi è estranea, curiosa come quella di un oggetto.
Penso, cammino a lungo, la mia vita prima di te.
La mia vita prima di tutti, la mia ruvida vita.
Il grido di fronte al mare, tra le pietre,
che corre libero, folle, nel vapore del mare.
La furia triste, il grido, la solitudine del mare.
Straripante, violento, teso verso il cielo.

Tu, donna, che cos'eri lì, quale piega, quale stecca
di quell'immenso ventaglio? Eri lontana come ora.
Incendio nel bosco! Arde in croci azzurrine.
Arde, arde, infiamma, sfavilla in alberi di luce.
Crolla, crepita. Incendio. Incendio.
E la mia anima balla ferita da trucioli infuocati.
Chi chiama? Quale silenzio popolato di echi?
Ora della nostalgia, ora della gioia, ora della solitudine,
ora mia tra tutte!
Conchiglia in cui il vento passa cantando.
Tanta passione di pianto avvinghiata al mio corpo.

Sussulto di tutte le radici,
assalto di tutte le onde!
Girava, allegra, triste, interminabile, la mia anima.

Pensando, sotterrando lampade nella solitudine profonda.
Chi sei tu, chi sei?
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    in Poesie (Poesie d'Autore)
    I recessi ombrosi dove in sogno io vedo
    i più vaghi uccelli canori,
    son come labbra - e tutta la tua melodia
    di parole cui il labbro da forma. -
    I tuoi occhi, gemme nel cielo del cuore,
    desolati si posano allora,
    o Dio!, sulla mia mente funerea -
    luce di stelle su un nero drappo.

    Il tuo cuore - il tuo cuore! Mi ridesto
    e sospiro, e dormo per sognare
    di quella verità che l'oro non può mai comprare -
    e di quelle futilità che sempre può, invece.
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      Scritta da: Silvana Stremiz
      in Poesie (Poesie d'Autore)

      Capitano! Mio Capitano!

      O Capitano! Mio Capitano! Il nostro viaggio tremendo è terminato,
      la nave ha superato ogni ostacolo, l'ambìto premio è conquistato,
      vicino è il porto, odo le campane, tutto il popolo esulta,
      occhi seguono l'invitto scafo, la nave arcigna e intrepida;
      ma o cuore! Cuore! Cuore!
      O gocce rosse di sangue,
      là sul ponte dove giace il Capitano,
      caduto, gelido, morto.

      O Capitano! Mio Capitano! Risorgi, odi le campane;
      risorgo - per te è issata la bandiera - per te squillano le trombe,
      per te fiori e ghirlande ornate di nastri - per te le coste affollate,
      te invoca la massa ondeggiante, a te volgono i volti ansiosi;
      ecco Capitano! O amato padre!
      Questo braccio sotto il tuo capo!
      È solo un sogno che sul ponte
      sei caduto, gelido, morto.

      Non risponde il mio Capitano, le sue labbra sono pallide e immobili,
      non sente il padre il mio braccio, non ha più energia né volontà,
      la nave è all'ancora sana e salva, il suo viaggio concluso, finito,
      la nave vittoriosa è tornata dal viaggio tremendo, la meta è raggiunta;
      esultate coste, suonate campane!
      Mentre io con funebre passo
      Percorro il ponte dove giace il mio Capitano,
      caduto, gelido, morto.
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        Scritta da: Silvana Stremiz
        in Poesie (Poesie d'Autore)

        Sonetto alla scienza

        Scienza, vera figlia ti mostri del Tempo annoso,
        tu che ogni cosa trasmuti col penetrante occhio!
        Ma dimmi, perché al poeta così dilani il cuore,
        avvoltoio dalle ali grevi e opache?
        Come potrebbe egli amarti? E giudicarti savia,
        se mai volesti che libero n'andasse errando
        a cercar tesori per i cieli gemmati?
        Pure, si librava con intrepide ali.
        Non hai tu sbalzato Diana dal suo carro?
        E scacciato l'Amadriade dal bosco,
        che in più felice stella trovò riparo?
        Non hai tu strappato la Naiade ai suoi flutti,
        l'Elfo ai verdi prati e me stesso infine
        al mio sogno estivo all'ombra del tamarindo?
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          Scritta da: Andrea De Candia
          in Poesie (Poesie d'Autore)
          La sacra notte all'orizzonte è sorta
          e il consolante, grato giorno
          ha rotolato quasi velo d'oro,
          velo gettato sull'abisso. Come
          visione è dileguato il mondo esterno...
          E l'uomo ormai, quale orfanello privo
          di ricetto, sta nudo ed impotente,
          a faccia a faccia con il nero abisso.

          Ed è a se stesso abbandonato, il senno
          annullato, il pensiero derelitto;
          nell'anima sua propria inabissato,
          né di fuori è sostegno né confine...
          Ed ogni cosa luminosa e viva
          gli pare adesso trapassato sogno...
          E nel notturno, estraneo, indecifrato
          conosce egli il retaggio familiare.
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