Poesie d'Autore migliori


Scritta da: Silvana Stremiz
in Poesie (Poesie d'Autore)

Rubai

È l'alba. S'illumina il mondo
come l'acqua che lascia cadere sul fondo
le sue impurità. E sei tu, all'improvviso
tu, mio amore, nel chiarore infinito
di fronte a me.

Giorno d'inverno, senza macchia, trasparente
come vetro. Addentare la polpa candida e sana
d'un frutto. Amarti, mia rosa, somiglia
all'aspirare l'aria in un bosco di pini.

Chi sa, forse non ci ameremmo tanto
se le nostre anime non si vedessero da lontano
non saremmo così vicini, chi sa,
se la sorte non ci avesse divisi.

È così, mio usignolo, tra te e me
c'è solo una differenza di grado:
tu hai le ali e non puoi volare
io ho le mani e non posso pensare.

Finito, dirà un giorno madre Natura
finito di ridere e di piangere
e sarà ancora la vita immensa
che non vede non parla non pensa.
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    Scritta da: Silvana Stremiz
    in Poesie (Poesie d'Autore)

    Il Cinque Maggio

    Ei fu. Siccome immobile,
    dato il mortal sospiro,
    stette la spoglia immemore
    orba di tanto spiro,
    così percossa, attonita
    la terra al nunzio sta,
    muta pensando all'ultima
    ora dell'uom fatale;
    né sa quando una simile
    orma di piè mortale
    la sua cruenta polvere
    a calpestar verrà.
    Lui folgorante in solio
    vide il mio genio e tacque;
    quando, con vece assidua,
    cadde, risorse e giacque,
    di mille voci al sònito
    mista la sua non ha:
    vergin di servo encomio
    e di codardo oltraggio,
    sorge or commosso al sùbito
    sparir di tanto raggio;
    e scioglie all'urna un cantico
    che forse non morrà.
    Dall'Alpi alle Piramidi,
    dal Manzanarre al Reno,
    di quel securo il fulmine
    tenea dietro al baleno;
    scoppiò da Scilla al Tanai,
    dall'uno all'altro mar.
    Fu vera gloria? Ai posteri
    l'ardua sentenza: nui
    chiniam la fronte al Massimo
    Fattor, che volle in lui
    del creator suo spirito
    più vasta orma stampar.
    La procellosa e trepida
    gioia d'un gran disegno,
    l'ansia d'un cor che indocile
    serve, pensando al regno;
    e il giunge, e tiene un premio
    ch'era follia sperar;
    tutto ei provò: la gloria
    maggior dopo il periglio,
    la fuga e la vittoria,
    la reggia e il tristo esiglio;
    due volte nella polvere,
    due volte sull'altar.
    Ei si nomò: due secoli,
    l'un contro l'altro armato,
    sommessi a lui si volsero,
    come aspettando il fato;
    ei fè silenzio, ed arbitro
    s'assise in mezzo a lor.
    E sparve, e i dì nell'ozio
    chiuse in sì breve sponda,
    segno d'immensa invidia
    e di pietà profonda,
    d'inestinguibil odio
    e d'indomato amor.
    Come sul capo al naufrago
    l'onda s'avvolve e pesa,
    l'onda su cui del misero,
    alta pur dianzi e tesa,
    scorrea la vista a scernere
    prode remote invan;
    tal su quell'alma il cumulo
    delle memorie scese.
    Oh quante volte ai posteri
    narrar se stesso imprese,
    e sull'eterne pagine
    cadde la stanca man!
    Oh quante volte, al tacito
    morir d'un giorno inerte,
    chinati i rai fulminei,
    le braccia al sen conserte,
    stette, e dei dì che furono
    l'assalse il sovvenir!
    E ripensò le mobili
    tende, e i percossi valli,
    e il lampo dè manipoli,
    e l'onda dei cavalli,
    e il concitato imperio
    e il celere ubbidir.
    Ahi! Forse a tanto strazio
    cadde lo spirto anelo,
    e disperò; ma valida
    venne una man dal cielo,
    e in più spirabil aere
    pietosa il trasportò;
    e l'avviò, pei floridi
    sentier della speranza,
    ai campi eterni, al premio
    che i desideri avanza,
    dov'è silenzio e tenebre
    la gloria che passò.
    Bella Immortal! Benefica
    Fede ai trionfi avvezza!
    Scrivi ancor questo, allegrati;
    ché più superba altezza
    al disonor del Gòlgota
    giammai non si chinò.
    Tu dalle stanche ceneri
    sperdi ogni ria parola:
    il Dio che atterra e suscita,
    che affanna e che consola,
    sulla deserta coltrice
    accanto a lui posò.
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      Scritta da: Cheope
      in Poesie (Poesie d'Autore)

      Aprile

      Socchiusa è la finestra, sul giardino.
      Un'ora passa lenta, sonnolenta.
      Ed ella, ch'era attenta, s'addormenta
      a quella voce che già si lamenta,
      - che si lamenta in fondo a quel giardino.

      Non è che voce d'acque su la pietra:
      e quante volte, quante volte udita!
      Quell'amore e quell'ora in quella vita
      s'affondan come ne l'onda infinita
      stretti insieme il cadavere e la pietra.

      Ella stende l'angoscia sua nel sonno.
      L'angoscia è forte, e il sonno è così lieve!
      (Par la luce d'april quasi una neve
      che sia tiepida. ) Ed ella certo deve
      soffrire, vagamente, anche nel sonno.

      Tutto nel sonno si rivela il male
      che la corrompe. Il volto impallidisce
      lentamente: la bocca s'appassisce
      nel suo respiro; su le guance lisce
      s'incava un'ombra... O rose, è il vostro male:

      rose del sole nuovo, pur di ieri,
      ch'ella recise ad una ad una (e intanto
      ella era affaticata un poco, e intanto
      l'acque avean su la stessa pietra il pianto
      d'oggi), oggi quasi sfatte, e pur di ieri!

      Ella non è più giovine. I suoi tardi
      fiori effuse nel primo ultimo amore.
      Fu di voluttà ebra e di dolore.
      Un grido era nel suo segreto cuore,
      assiduo: - Troppo tardi! Troppo tardi! -

      Ella non è più giovine. Son quasi
      bianchi i capelli su la tempia; sono
      su la fronte un po' radi. L'abbandono
      (ella è supina e immota), l'abbandono
      fa sembrar morte le sue mani, quasi.

      Né pure il gesto fa scendere mai
      sangue all'estrenútà de le sue dita!
      La tragga il sogno lungi da la vita.
      Veda nel sogno almen ringiovanita
      l'Amato ch'ella non vedrà piu mai.

      Socchiusa è la finestra, sul giardino.
      Un'ora passa lenta, sonnolenta.
      Non altro s'ode, ne la luce spenta,
      che quella voce che giù si lamenta,
      - che si lamenta in fondo a quel giardino.
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        Scritta da: Rea
        in Poesie (Poesie d'Autore)

        Ragazzo del sud

        Per le strade di Torino
        polizia e malviventi
        sono tutti di una razza
        sono figli degli stenti
        meridione disperato
        sole, mare e poesia
        o banditi per le strade
        o arruolati in polizia!

        Ragazzo del sud
        non ti rimane
        che andare in polizia
        o come alternativa
        una rapina a una gioielleria
        di tutti i tuoi fratelli
        sei l'unico che ha studiato
        il grande è già a Torino
        e in polizia si è già arruolato!
        Composta giovedì 22 luglio 2010
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          Scritta da: Gabriella Stigliano
          in Poesie (Poesie d'Autore)

          L'angelo

          Con un cenno della fronte respinge
          lungi da sé ogni vincolo, ogni limite
          perché per il suo cuore passa alto e immenso il ciclo
          degli eventi che ricorrono eterni.

          Nei fondi cieli scorge una folla di figure
          che lo chiamano: riconosci, vieni -.
          Ciò che ti pesa, perché lo sostengano,
          non affidarlo alle sue mani lievi.

          Verrebbero di notte a provarti nella lotta,
          trascorrendo la casa come furie,
          afferrandoti come per crearti
          e strapparti alla forma che ti chiude.
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            Scritta da: Giorgia Stella
            in Poesie (Poesie d'Autore)

            La persona sbagliata

            Pensandoci bene,
            in tutto ciò che vediamo, viviamo intensamente,
            ascoltiamo e pensiamo
            non esiste una persona giusta per noi.
            Esiste una persona che,
            se ti fermi un attimo a pensare,
            è in realtà la persona sbagliata.
            Perché la persona giusta fa tutto giusto,
            arriva puntuale, dice le cose giuste,
            fa le cose giuste,
            ma non è che abbiamo sempre bisogno delle cose giuste.
            La persona sbagliata ti fa perdere la testa,
            fare pazzie, scappare il tempo
            morire d'amore.
            Verrà il giorno in cui la persona sbagliata non ti cercherà
            e sarà proprio in quel momento in cui vi incontrerete
            che il vostro donarsi l'un l'altra sarà più vero.
            La persona sbagliata è, in realtà,
            quello che la gente definisce
            una persona giusta.
            Quella persona ti farà piangere,
            ma un'ora dopo ti asciugherà le lacrime.
            Quella persona ti farà perdere il sonno,
            ma ti darà in cambio una notte d'amore
            indimenticabile.
            Quella persona forse ti ferisce
            e dopo ti riempie di gentilezze chiedendo il tuo perdono.
            Quella persona potrà anche non essere sempre al tuo fianco
            ma ti penserà in continuazione...
            è bene che ci sia una persona sbagliata per ognuno di noi
            perché la vita non è sicura,
            niente qui è sicuro,
            quello che è proprio sicuro è che dobbiamo vivere,
            ogni momento,
            ogni secondo,
            amando, sorridendo, piangendo,
            emozionando, pensando, agendo,
            desiderando, ottenendo.
            È solo così è possibile che si arrivi
            a quel momento della giornata,
            in cui diciamo:
            "Grazie a Dio, è andato tutto come doveva andare"
            Quando in realtà,
            tutto ciò che lui vuole,
            è che noi incontriamo la persona sbagliata,
            in modo che le cose inizino veramente
            a funzionare per il verso giusto
            per noi.
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