Poesie d'Autore migliori


Scritta da: Valeria S
in Poesie (Poesie d'Autore)

Per il mio cuore

Per il mio cuore basta il tuo petto,
per la tua libertà bastano le mie ali.
Dalla mia bocca arriverà fino in cielo
ciò che stava sopito sulla tua anima.

È in te l'illusione di ogni giorno.
Giungi come la rugiada sulle corolle.
Scavi l'orizzonte con la tua assenza.
Eternamente in fuga come l'onda.

Ho detto che cantavi nel vento
come i pini e come gli alberi maestri delle navi.
Come quelli sei alta e taciturna.
E di colpo ti rattristi, come un viaggio.

Accogliente come una vecchia strada.
Ti popolano echi e voci nostalgiche.
Io mi sono svegliato e a volte migrano e fuggono
gli uccelli che dormivano nella tua anima.
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    in Poesie (Poesie d'Autore)
    Tu mi prendesti per mano e mi traesti
    al Tuo fianco, mi facesti sedere su
    l'alto seggio al cospetto di tutti
    gli uomini; ond'io divenni timido,
    incapace di muovermi e di seguitar
    la mia via; esitante e scongiurante
    a ogni passo che non avessi a urtare
    in una loro spina insidiosa.
    Alfine son liberato!
    Il colpo è giunto, stride l'insulto,
    il mio posto è là, giri nella polvere.
    Ormai dinanzi a me sono aperti i sentieri.
    Aperte ho l'ali al desiderio del cielo,
    Vado a raggiungere le stelle cadenti
    della mezzanotte, vado a precipitarmi
    nell'ombra profonda.
    Somiglio a nuvola estiva in balia dell'uragano,
    la quale, gettato via l'aureo diadema,
    appende la folgore come spada a una catena di lampi.
    Corro con folle gioia giù pel sentiero polveroso
    del reietto; m'avvicino alla Tua,
    finale accoglienza.
    Il bimbo trova la madre quando ne lascia il grembo.
    Quando io vengo separato da Te,
    sbandito dalla Tua casa, sono libero di contemplare
    il Tuo volto.
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      Scritta da: Elisa Iacobellis
      in Poesie (Poesie d'Autore)

      Temevo che la furia del mio vento

      Temevo che la furia del mio vento
      rovinasse tutti i germogli belli e veri,
      e il mio sole è brillato e brillato,
      ed il mio vento non ha mai soffiato.

      Ma un germoglio bello o vero
      non fu trovato su nessun albero,
      perché tutti i germogli crebbero e crebbero
      senza frutti, falsi, anche se belli da vedere.
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        Scritta da: Silvana Stremiz
        in Poesie (Poesie d'Autore)

        Lettere dal carcere a Munevver

        Che sta facendo adesso
        adesso, in questo momento?
        È a casa? Per la strada?
        Al lavoro? In piedi? Sdraiata?
        Forse sta alzando il braccio?
        Amor mio
        come appare in quel movimento
        il polso bianco e rotondo!
        Che sta facendo adesso
        adesso, in questo momento?
        Un gattino sulle ginocchia
        Lei lo accarezza.
        O forse sta camminando
        ecco il piede che avanza.
        Oh i tuoi piedi che mi son cari
        che mi camminano sull'anima
        che illuminano i miei giorni bui!
        A che pensa?
        A me? O forse... chi sa
        ai fagioli che non si cuociono.
        O forse si domanda
        perché tanti sono infelici
        sulla terra.
        Che sta facendo adesso
        adesso, in questo momento?
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          Scritta da: Silvana Stremiz
          in Poesie (Poesie d'Autore)

          Viaggio a Montevideo

          Io vidi dal ponte della nave
          I colli di Spagna
          Svanire, nel verde
          Dentro il crepuscolo d'oro la bruna terra celando
          Come una melodia:
          D'ignota scena fanciulla sola
          Come una melodia
          Blu, su la riva dei colli ancora tremare una viola...
          Illanguidiva la sera celeste sul mare:
          Pure i dorati silenzii ad ora ad ora dell'ale
          Varcaron lentamente in un azzurreggiare:...
          Lontani tinti dei varii colori
          Dai più lontani silenzii
          Ne la ceste sera varcaron gli uccelli d'oro: la nave
          Già cieca varcando battendo la tenebra
          Coi nostri naufraghi cuori
          Battendo la tenebra l'ale celeste sul mare.
          Ma un giorno
          Salirono sopra la nave le gravi matrone di Spagna
          Da gli occhi torbidi e angelici
          Dai seni gravidi di vertigine. Quando
          In una baia profonda di un'isola equatoriale
          In una baia tranquilla e profonda assai più del cielo notturno
          Noi vedemmo sorgere nella luce incantata
          Una bianca città addormentata
          Ai piedi dei picchi altissimi dei vulcani spenti
          Nel soffio torbido dell'equatore: finché
          Dopo molte grida e molte ombre di un paese ignoto,
          Dopo molto cigolìo di catene e molto acceso fervore
          Noi lasciammo la città equatoriale
          Verso l'inquieto mare notturno.
          Andavamo andavamo, per giorni e per giorni: le navi
          gravi di vele molli di caldi soffi incontro passavano lente:
          Sì presso di sul cassero a noi ne appariva bronzina
          Una fanciulla della razza nuova,
          Occhi lucenti e le vesti al vento! Ed ecco: selvaggia a la fine di un giorno che apparve
          La riva selvaggia là giù sopra la sconfinata marina:
          E vidi come cavalle
          Vertiginose che si scioglievano le dune
          Verso la prateria senza fine
          Deserta senza le case umane
          E noi volgemmo fuggendo le dune che apparve
          Su un mare giallo de la portentosa dovizia del fiume,
          Del continente nuovo la capitale marina.
          Limpido fresco ed elettrico era il lume
          Della sera e là le alte case parevan deserte
          Laggiù sul mar del pirata
          De la città abbandonata
          Tra il mare giallo e le dune...
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            Scritta da: Roberta68
            in Poesie (Poesie d'Autore)

            Quercia sfrondata

            Ti abbiamo tagliato,
            albero!
            Come sei spoglio e bizzarro.
            Cento volte hai patito,
            finché tutto in te fu solo tenacia
            e volontà!
            Io sono come te. Non ho
            rotto con la vita
            incisa, tormentata
            e ogni giorno mi sollevo dalle
            sofferenze e alzo la fronte alla luce.
            Ciò che in me era tenero e delicato,
            il mondo lo ha deriso a morte,
            ma indistruttibile è il mio essere,
            sono pago, conciliato.
            Paziente genero nuove foglie
            Da rami cento volte sfrondati
            e a dispetto di ogni pena
            rimango innamorato
            del mondo folle.
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              Scritta da: Maresa Schembri
              in Poesie (Poesie d'Autore)

              Amore

              Dicono che lo sciacallo e la talpa
              bevano allo stesso ruscello
              dove viene a bere il leone.

              E dicono che l'aquila e l'avvoltoio
              infilino il becco nella stessa carcassa,
              e stanno in pace l'uno con l'altro, davanti alla cosa morta.

              O amore, che con la tua regale mano
              hai imbrigliato i miei desideri,
              e hai elevato la mia fame e la mia sete
              a dignità di orgoglio,
              non permettere che il forte e il durevole in me
              mangino il pane e bevano il vino
              che tentano il mio io più debole.
              Lasciami piuttosto morire di fame,
              e consenti che il mio cuore bruci dalla sete
              e lasciami morire e avvizzirmi,
              prima che io stenda la mano
              verso una coppa che tu non abbia riempito
              o una ciotola che tu non abbia benedetto.
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