Per il mio cuore basta il tuo petto, per la tua libertà bastano le mie ali. Dalla mia bocca arriverà fino in cielo ciò che stava sopito sulla tua anima.
È in te l'illusione di ogni giorno. Giungi come la rugiada sulle corolle. Scavi l'orizzonte con la tua assenza. Eternamente in fuga come l'onda.
Ho detto che cantavi nel vento come i pini e come gli alberi maestri delle navi. Come quelli sei alta e taciturna. E di colpo ti rattristi, come un viaggio.
Accogliente come una vecchia strada. Ti popolano echi e voci nostalgiche. Io mi sono svegliato e a volte migrano e fuggono gli uccelli che dormivano nella tua anima.
Tu mi prendesti per mano e mi traesti al Tuo fianco, mi facesti sedere su l'alto seggio al cospetto di tutti gli uomini; ond'io divenni timido, incapace di muovermi e di seguitar la mia via; esitante e scongiurante a ogni passo che non avessi a urtare in una loro spina insidiosa. Alfine son liberato! Il colpo è giunto, stride l'insulto, il mio posto è là, giri nella polvere. Ormai dinanzi a me sono aperti i sentieri. Aperte ho l'ali al desiderio del cielo, Vado a raggiungere le stelle cadenti della mezzanotte, vado a precipitarmi nell'ombra profonda. Somiglio a nuvola estiva in balia dell'uragano, la quale, gettato via l'aureo diadema, appende la folgore come spada a una catena di lampi. Corro con folle gioia giù pel sentiero polveroso del reietto; m'avvicino alla Tua, finale accoglienza. Il bimbo trova la madre quando ne lascia il grembo. Quando io vengo separato da Te, sbandito dalla Tua casa, sono libero di contemplare il Tuo volto.
Chi ama profondamente Non invecchia mai Neanche quando ha cent'anni. Potrà morire di vecchiaia Ma morirà giovane. L'amore è l'ala che solleva L'anima verso l'infinito. L'amore è il principio di tutte le cose.
Temevo che la furia del mio vento rovinasse tutti i germogli belli e veri, e il mio sole è brillato e brillato, ed il mio vento non ha mai soffiato.
Ma un germoglio bello o vero non fu trovato su nessun albero, perché tutti i germogli crebbero e crebbero senza frutti, falsi, anche se belli da vedere.
Che sta facendo adesso adesso, in questo momento? È a casa? Per la strada? Al lavoro? In piedi? Sdraiata? Forse sta alzando il braccio? Amor mio come appare in quel movimento il polso bianco e rotondo! Che sta facendo adesso adesso, in questo momento? Un gattino sulle ginocchia Lei lo accarezza. O forse sta camminando ecco il piede che avanza. Oh i tuoi piedi che mi son cari che mi camminano sull'anima che illuminano i miei giorni bui! A che pensa? A me? O forse... chi sa ai fagioli che non si cuociono. O forse si domanda perché tanti sono infelici sulla terra. Che sta facendo adesso adesso, in questo momento?
Io vidi dal ponte della nave I colli di Spagna Svanire, nel verde Dentro il crepuscolo d'oro la bruna terra celando Come una melodia: D'ignota scena fanciulla sola Come una melodia Blu, su la riva dei colli ancora tremare una viola... Illanguidiva la sera celeste sul mare: Pure i dorati silenzii ad ora ad ora dell'ale Varcaron lentamente in un azzurreggiare:... Lontani tinti dei varii colori Dai più lontani silenzii Ne la ceste sera varcaron gli uccelli d'oro: la nave Già cieca varcando battendo la tenebra Coi nostri naufraghi cuori Battendo la tenebra l'ale celeste sul mare. Ma un giorno Salirono sopra la nave le gravi matrone di Spagna Da gli occhi torbidi e angelici Dai seni gravidi di vertigine. Quando In una baia profonda di un'isola equatoriale In una baia tranquilla e profonda assai più del cielo notturno Noi vedemmo sorgere nella luce incantata Una bianca città addormentata Ai piedi dei picchi altissimi dei vulcani spenti Nel soffio torbido dell'equatore: finché Dopo molte grida e molte ombre di un paese ignoto, Dopo molto cigolìo di catene e molto acceso fervore Noi lasciammo la città equatoriale Verso l'inquieto mare notturno. Andavamo andavamo, per giorni e per giorni: le navi gravi di vele molli di caldi soffi incontro passavano lente: Sì presso di sul cassero a noi ne appariva bronzina Una fanciulla della razza nuova, Occhi lucenti e le vesti al vento! Ed ecco: selvaggia a la fine di un giorno che apparve La riva selvaggia là giù sopra la sconfinata marina: E vidi come cavalle Vertiginose che si scioglievano le dune Verso la prateria senza fine Deserta senza le case umane E noi volgemmo fuggendo le dune che apparve Su un mare giallo de la portentosa dovizia del fiume, Del continente nuovo la capitale marina. Limpido fresco ed elettrico era il lume Della sera e là le alte case parevan deserte Laggiù sul mar del pirata De la città abbandonata Tra il mare giallo e le dune...
Ti abbiamo tagliato, albero! Come sei spoglio e bizzarro. Cento volte hai patito, finché tutto in te fu solo tenacia e volontà! Io sono come te. Non ho rotto con la vita incisa, tormentata e ogni giorno mi sollevo dalle sofferenze e alzo la fronte alla luce. Ciò che in me era tenero e delicato, il mondo lo ha deriso a morte, ma indistruttibile è il mio essere, sono pago, conciliato. Paziente genero nuove foglie Da rami cento volte sfrondati e a dispetto di ogni pena rimango innamorato del mondo folle.
Luna, Piuma di cielo, Cosi velina, Arida, Trasporti il murmure d'anime spoglie?
E alla pallida che diranno mai Pipistrelli dai ruderi del teatro, In sogno quelle capre, E fra arse foglie come in fermo fumo Con tutto il suo sgolarsi di cristallo Un usignuolo?
Dicono che lo sciacallo e la talpa bevano allo stesso ruscello dove viene a bere il leone.
E dicono che l'aquila e l'avvoltoio infilino il becco nella stessa carcassa, e stanno in pace l'uno con l'altro, davanti alla cosa morta.
O amore, che con la tua regale mano hai imbrigliato i miei desideri, e hai elevato la mia fame e la mia sete a dignità di orgoglio, non permettere che il forte e il durevole in me mangino il pane e bevano il vino che tentano il mio io più debole. Lasciami piuttosto morire di fame, e consenti che il mio cuore bruci dalla sete e lasciami morire e avvizzirmi, prima che io stenda la mano verso una coppa che tu non abbia riempito o una ciotola che tu non abbia benedetto.