Poesie d'Autore migliori


in Poesie (Poesie d'Autore)
Qui ti amo.
Tra i pini scuri si srotola il vento.
Brilla fosforescente la luna su acque erranti.
Passano giorni uguali, inseguendosi l'un l'altro.

Si dirada la nebbia in figure danzanti.
Un gabbiano d'argento si stacca dal tramonto.
A volte una vela. Alte, alte stelle.

O la croce nera di una nave.
Solo.
A volte mi alzo all'alba e persino la mia anima è umida.
Suona, risuona il mare lontano.
Questo è un porto.
Qui io ti amo.

Qui io ti amo e invano l'orizzonte ti occulta.
Ti sto amando anche in mezzo a queste cose fredde.
A volte vanno i miei baci su quelle navi gravi,
che corrono sul mare dove non arriveranno.
Mi vedo già dimenticato come queste vecchie àncore.

Sono più tristi le banchine quando ormeggia la sera.
Si stanca la mia vita inutilmente affamata.
Amo quel che non ho. Tu sei così distante.
La mia noia lotta con lenti crepuscoli.
Ma poi giunge la notte e inizia a cantarmi.
La luna proietta la sua pellicola di sogno.

Mi guardano con i tuoi occhi le stelle più grandi.
E poiché io ti amo, i pini nel vento
vogliono cantare il tuo nome con le loro foglie metalliche
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    Scritta da: Silvana Stremiz
    in Poesie (Poesie d'Autore)

    Viviamo in tempi infami

    Viviamo in tempi infami
    dove il matrimonio delle anime
    deve suggellare l'unione dei cuori;
    in quest'ora di orribili tempeste
    non è troppo aver coraggio in due
    per vivere sotto tali vincitori.

    Di fronte a quanto si osa
    dovremo innalzarci,
    sopra ogni cosa, coppia rapita
    nell'estasi austera del giusto,
    e proclamare con un gesto augusto
    il nostro amore fiero, come una sfida.

    Ma che bisogno c'è di dirtelo.
    Tu la bontà, tu il sorriso,
    non sei tu anche il consiglio,
    il buon consiglio leale e fiero,
    bambina ridente dal pensiero grave
    a cui tutto il mio cuore dice: Grazie!
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      Scritta da: Antonella Marotta
      in Poesie (Poesie d'Autore)
      A volte sulla sponda della via
      preso da infinito scoramente
      mi seggo; e dove vado mi domando,
      perché cammino. E penso la mia morte
      e mi vedo già steso nella bara
      troppo stretta fatoccio inanimato...

      Quant'albe nasceranno ancora al mondo
      dopo di noi!
      Di ciò che abbiam sofferto
      di tutto ciò che in vita ebbimo a cuore
      non rimarrà il più piccolo ricordo

      Le generazioni passan come
      onde di fiume...

      Una mortale pesantezza il cuore
      m'opprime.
      Inerte vorrei esser fatto
      come qualche antichissima rovina
      e guardare succedersi le ore,
      e gli uomini mutare i passi, i cieli
      all'alba colorirsi, scolorirsi
      a sera...
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        in Poesie (Poesie d'Autore)
        Quando seguo l'ora che batte il passar del tempo
        e vedo il luminoso giorno spento nella tetra notte,
        quando scorgo la viola ormai priva di vita
        e riccioli neri striati di bianco,
        quando vedo privi di foglie gli alberi maestosi
        che un dì protessero il gregge dal caldo
        e l'erbe d'estate imprigionate in covoni
        portate su carri irte di bianchi ed ispidi rovi,
        allor, pensando alla tua bellezza, dubbio m'assale
        che anche tu te ne andrai tra i resti del tempo,
        perché grazie e bellezze si staccan dalla vita
        e muoiono al rifiorir di altre primavere:
        e nulla potrà salvarsi dalla lama del Tempo
        se non un figlio che lo sfidi quand'ei ti falcerà.
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          Scritta da: Phantastica
          in Poesie (Poesie d'Autore)
          Coloro che sognano di giorno sono consapevoli di molte cose che sfuggono a coloro che sognano solo di notte.
          Nelle loro visioni grigie captano sprazzi d'eternità e tremano, svegliandosi, nello scoprire di essere giunti al limite del grande segreto.
          In un attimo, apprendono qualcosa del discernimento del bene e qualcosa più che la pura e semplice conoscenza del male.
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            in Poesie (Poesie d'Autore)
            Restai insaziata tutti i miei anni.
            Arrivato il pomeriggio, tremante
            avvicinai il tavolo per mangiare
            e assaggiai un vino strano,

            quello che avevo visto sulle tavole
            quando affamata - tornando a casa -
            guardavo attraverso i vetri la ricchezza
            che non speravo di possedere mai.

            Non conobbi l'abbondanza del pane -
            era diversa la briciola
            che avevo divisa con gli uccelli
            nella sala da pranzo della natura.

            Il troppo mi urta - è così insolito.
            Mi sentivo a disagio, spaesata -
            come una bacca ai fratta montana
            trapiantata sulla strada.

            E non avevo fame. Allora capii
            che la fame è un istinto
            di chi guarda le vetrine dal di fuori.
            L'entrare, la disperde.
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              Scritta da: Saeglopur
              in Poesie (Poesie d'Autore)

              Ode all'autunno

              Modesto è l'autunno, come i taglialegna.
              Costa molto togliere tutte le foglie
              da tutti gli alberi di tutti i paesi.
              La primavera le cucì in volo
              e ora bisogna lasciarle cadere
              come se fossero uccelli gialli:
              Non è facile.
              Serve tempo.
              Bisogna correre per le strade,
              parlare lingue,
              svedese, portoghese,
              parlare la lingua rossa,
              quella verde.
              Bisogna sapere
              tacere in tutte le lingue
              e dappertutto, sempre,
              lasciare cadere,
              cadere,
              lasciare cadere,
              cadere le foglie.
              Difficile è essere autunno,
              facile essere primavera.
              Accendere tutto quel che è nato
              per essere acceso.
              Spegnere il mondo, invece,
              facendolo scivolare via
              come se fosse un cerchio di cose gialle,
              fino a fondere odori, luce, radici,
              e a far salire il vino all'uva,
              coniare con pazienza l'irregolare moneta
              della cima dell'albero
              e spargerla dopo
              per disinteressate strade deserte,
              è compito di mani virili.
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