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in Poesie (Poesie d'Autore)

La meditazione

La nostra paura più profonda
non è di essere inadeguati.

La nostra paura più profonda,
è di essere potenti oltre ogni limite.

È la nostra luce, non la nostra ombra,
a spaventarci di più.

Ci domandiamo: " Chi sono io per essere brillante, pieno di talento, favoloso? "
In realtà chi sei tu per Non esserlo?
Siamo figli di Dio.

Il nostro giocare in piccolo,
non serve al mondo.

Non c'è nulla di illuminato
nello sminuire se stessi cosicché gli altri
non si sentano insicuri intorno a noi.

Siamo tutti nati per risplendere,
come fanno i bambini.

Siamo nati per rendere manifesta
la gloria di Dio che è dentro di noi.

Non solo in alcuni di noi:
è in ognuno di noi.

E quando permettiamo alla nostra luce
di risplendere, inconsapevolmente diamo
agli altri la possibilità di fare lo stesso.

E quando ci liberiamo dalle nostre paure,
la nostra presenza
automaticamente libera gli altri.
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    Scritta da: Elisa Iacobellis
    in Poesie (Poesie d'Autore)
    Se devi amarmi, per null'altro sia
    se non che per amore.
    Mai non dire:
    "L'amo per il sorriso,
    per lo sguardo,
    la gentilezza del parlare,
    il modo di pensare
    così conforme al mio,
    che mi rese sereno un giorno".
    Queste son tutte cose
    che posson mutare,
    Amato, in sé o per te, un amore
    così sorto potrebbe poi morire.
    E non amarmi per pietà di lacrime
    che bagnino il mio volto.
    Può scordare il pianto
    chi ebbe a lungo
    il tuo conforto, e perderti.
    Soltanto per amore amami
    e per sempre, per l'eternità.
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      Scritta da: Silvana Stremiz
      in Poesie (Poesie d'Autore)

      A N. V. N.

      C'è nel contatto umano un limite fatale,
      non lo varca né amore né passione,
      pur se in muto spavento si fondono le labbra
      e il cuore si dilacera d'amore.

      Perfino l'amicizia vi è impotente,
      e anni d'alta, fiammeggiante gioia,
      quando libera è l'anima ed estranea
      allo struggersi lento del piacere.

      Chi cerca di raggiungerlo è folle,
      se lo tocca soffre una sorda pena...
      ora hai compreso perché il mio cuore
      non batte sotto la tua mano.
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        Scritta da: Silvana Stremiz
        in Poesie (Poesie d'Autore)
        Io sono innamorato di tutte le signore
        che mangiano le paste nelle confetterie.

        Signore e signorine -
        le dita senza guanto -
        scelgon la pasta. Quanto
        ritornano bambine!

        Perché nïun le veda,
        volgon le spalle, in fretta,
        sollevan la veletta,
        divorano la preda.

        C'è quella che s'informa
        pensosa della scelta;
        quella che toglie svelta,
        né cura tinta e forma.

        L'una, pur mentre inghiotte,
        già pensa al dopo, al poi;
        e domina i vassoi
        con le pupille ghiotte.

        Un'altra - il dolce crebbe -
        muove le disperate
        bianchissime al giulebbe
        dita confetturate!

        Un'altra, con bell'arte,
        sugge la punta estrema:
        invano! Ché la crema
        esce dall'altra parte!

        L'una, senz'abbadare
        a giovine che adocchi,
        divora in pace. Gli occhi
        altra solleva, e pare

        sugga, in supremo annunzio,
        non crema e cioccolatte,
        ma superliquefatte
        parole del D'Annunzio.

        Fra questi aromi acuti,
        strani, commisti troppo
        di cedro, di sciroppo,
        di creme, di velluti,

        di essenze parigine,
        di mammole, di chiome:
        oh! Le signore come
        ritornano bambine!

        Perché non m'è concesso -
        o legge inopportuna! -
        il farmivi da presso,
        baciarvi ad una ad una,

        o belle bocche intatte
        di giovani signore,
        baciarvi nel sapore
        di crema e cioccolatte?

        Io sono innamorato di tutte le signore
        che mangiano le paste nelle confetterie.
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          Scritta da: Silvana Stremiz
          in Poesie (Poesie d'Autore)
          So quello che dirmi
          vorresti in quest'ora...
          Non dirlo!
          Guarda laggiù il fondo dello stagno
          che si fa cupo
          e come si rincorrono le nuvole
          specchianti sul velluto nero...
          Non dirlo!
          Questa è una mala notte.
          Lo so,
          in quest'ora infuria
          nel profondo del tuo petto
          tutto ciò che ti preme.
          Non chiedere!
          Sulla tua bocca indugia
          ancora la parola che ci fa infelici...
          Non dirla!
          Questa è una mala notte.
          Me lo dirai domani.
          Non lo sappiamo,
          chissà forse
          domani tutto sarà miracolosamente facile
          ciò che oggi nessun cuore può sopportare,
          ciò che oggi mi rende tanto infelice.
          Non chiedere!
          Questa è una mala notte.
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            Scritta da: Lorenzo Mariani
            in Poesie (Poesie d'Autore)

            Inno alla bellezza

            Vieni dal cielo profondo o esci dall'abisso,
            Bellezza? Il tuo sguardo, divino e infernale,
            dispensa alla rinfusa il sollievo e il crimine,
            ed in questo puoi essere paragonata al vino.

            Racchiudi nel tuo occhio il tramonto e l'aurora;
            profumi l'aria come una sera tempestosa;
            i tuoi baci sono un filtro e la tua bocca un'anfora
            che fanno vile l'eroe e il bimbo coraggioso.

            Esci dal nero baratro o discendi dagli astri?
            Il Destino irretito segue la tua gonna
            come un cane; semini a caso gioia e disastri,
            e governi ogni cosa e di nulla rispondi.

            Cammini sui cadaveri, o Bellezza, schernendoli,
            dei tuoi gioielli l'Orrore non è il meno attraente,
            l'Assassinio, in mezzo ai tuoi più cari ciondoli
            sul tuo ventre orgoglioso danza amorosamente.

            Verso di te, candela, la falena abbagliata
            crepita e arde dicendo: Benedetta la fiamma!
            L'innamorato ansante piegato sull'amata
            pare un moribondo che accarezza la tomba.

            Che tu venga dal cielo o dall'inferno, che importa,
            Bellezza! Mostro enorme, spaventoso, ingenuo!
            Se i tuoi occhi, il sorriso, il piede m'aprono la porta
            di un Infinito che amo e che non ho mai conosciuto?

            Da Satana o da Dio, che importa? Angelo o Sirena,
            tu ci rendi -fata dagli occhi di velluto,
            ritmo, profumo, luce, mia unica regina!
            L'universo meno odioso, meno pesante il minuto?
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              Scritta da: Andrea De Candia
              in Poesie (Poesie d'Autore)
              Come crepiti nelle mie mani.
              Da quando ti ho conosciuto
              ho perso i valori estremi della vita.
              Sai quanto pesa una carezza?
              Sai cosa sono le mani?
              Sono uccelli che cercano orizzonti,
              sono uccelli che cercano pace,
              sono le mani dell'intelligenza e della ritrosia,
              sono il pane quotidiano degli angeli,
              sono le ali che cercano refrigerio.
              Il tuo volto è un nido d'aria
              attraverso il quale io trovo il mio nulla.
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                in Poesie (Poesie d'Autore)

                Per la verità, io non ti amo coi miei occhi

                Per la verità, io non ti amo coi miei occhi,
                perché essi vedono in te un mucchio di difetti;
                ma è il mio cuore che ama quel che loro disprezzano
                e, apparenze a parte, ne gode alla follia.
                Né i miei orecchi delizia il timbro della tua voce,
                né la mia sensibilità è incline a vili toccamenti,
                né il mio gusto e l'olfatto bramano l'invito
                al banchetto dei sensi con te soltanto.
                Ma né i miei cinque spiriti, né i miei cinque sensi
                possono dissuadere questo mio sciocco cuore dal tuo servizio,
                avendo ormai perso ogni sembianza umana,
                ridotto a schiavo e misero vassallo del tuo superbo cuore.
                Solo in questo io considero la mia peste un bene:
                che chi mi fa peccare, m'infligge pure la penitenza.
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                  Scritta da: Andrea De Candia
                  in Poesie (Poesie d'Autore)

                  Contributo alla statistica

                  Su cento persone

                  che ne sanno sempre più degli altri
                  - cinquantadue;

                  insicuri ad ogni passo
                  - quasi tutti gli altri;

                  pronti ad aiutare
                  purché la cosa non duri molto
                  - ben quarantanove;

                  buoni sempre,
                  perché non sanno fare altrimenti
                  - quattro, bè, forse cinque;

                  propensi ad ammirare senza invidia
                  - diciotto;

                  viventi con la continua paura
                  di qualcuno o qualcosa
                  - settantasette;

                  dotati per la felicità,
                  - al massimo poco più di venti;

                  innocui singolarmente,
                  che imbarbariscono nella folla
                  - di sicuro più della metà;

                  crudeli,
                  se costretti dalle circostanze
                  - è meglio non saperlo
                  neppure approssimativamente;

                  quelli col senno di poi
                  - non molti di più
                  di quelli col senno di prima;

                  che dalla vita prendono solo cose
                  - quaranta,
                  anche se vorrei sbagliarmi;

                  ripiegati, dolenti
                  e senza torcia nel buio
                  - ottantatré
                  prima o poi;

                  degni di compassione
                  - novantanove;

                  mortali
                  - cento su cento.
                  Numero al momento invariato.
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