Poesie d'Autore migliori


Scritta da: Elisabetta
in Poesie (Poesie d'Autore)

Passione d'amore

Quei parmi in cielo fra gli Dei, se accanto
ti siede, e vede il tuo bel riso, e sente
i dolci detti e l'amoroso canto!

A me repente,
con più tumulto il core urta nel petto:
more la voce, mentre ch'io ti miro,
su la mia lingua nelle fauci stretto
geme il sorriso.

Serpe la fiamma entro il mio sangue, ed ardo:
un indistinto tintinnio m'ingombra
gli orecchi, e sogno: mi s'innalza al gaurdo
torbida l'ombra.

E tutta molle d'un sudor di gelo,
e smorta in viso come erba che langue,
tremo e fremo di brividi, ed anelo
tacito, esangue.
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    Scritta da: Paul Mehis
    in Poesie (Poesie d'Autore)

    Per la vecchia denti-storti

    Conosco una donna
    che compera continuamente puzzle
    cinesi
    puzzle
    cubi
    cavi
    pezzi che alla fine s'incastrano
    in un ordine
    li completa
    matematicamente
    risolve tutti i suoi
    puzzle
    vive giù in riva al mare
    mette lo zucchero fuori per le formiche
    e crede
    alla fin fine
    in un mondo migliore.
    Ha i capelli bianchi
    li pettina di rado
    ha i denti storti
    e indossa ampie tute informi
    su un corpo che molte
    donne vorrebbero avere.
    Per anni mi ha irritato
    con quelle che giudicavo
    eccentricità - come i gusci d'uovo a mollo
    (per nutrire le piante
    col calcio).
    Ma infine quando penso alla sua
    vita
    e la paragono alle altre vite
    più eccitanti, più belle
    e originali
    mi accorgo che lei ha ferito meno
    gente di tutti quelli che conosco
    (e per ferire intendo semplicemente ferire).
    Ha passato periodi tremendi,
    periodi in cui avrei forse potuto
    aiutarla di più
    perché è la madre della mia unica figlia
    e siamo stati un tempo grandi amanti,
    ma ne è uscita,
    come ho detto
    ha ferito meno gente di
    tutti quelli che conosco,
    e se guardi le cose così,
    beh,
    ha creato un mondo migliore.
    Ha vinto.
    Composta martedì 21 luglio 2009
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      Scritta da: Gabriella Stigliano
      in Poesie (Poesie d'Autore)

      Non mi accorsi del momento

      Non mi accorsi del momento in cui varcai
      per la prima volta la soglia
      di questa vita
      Quale fu la potenza che mi schiuse
      in questo vasto mistero
      come sboccia un fiore
      in una foresta a mezzanotte?
      Quando al mattino guardai la luce,
      subito sentii che non ero
      uno straniero in questo mondo,
      che l'inscrutabile, senza nome e forma
      mi aveva preso tra le sue braccia
      sotto l'aspetto di mia madre.
      Così, nella morte, lo stesso sconosciuto
      m'apparirà come sempre a me noto.
      e poiché amo questa vita
      so che amerò anche in morte.
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        Scritta da: Andrea De Candia
        in Poesie (Poesie d'Autore)
        Come crepiti nelle mie mani.
        Da quando ti ho conosciuto
        ho perso i valori estremi della vita.
        Sai quanto pesa una carezza?
        Sai cosa sono le mani?
        Sono uccelli che cercano orizzonti,
        sono uccelli che cercano pace,
        sono le mani dell'intelligenza e della ritrosia,
        sono il pane quotidiano degli angeli,
        sono le ali che cercano refrigerio.
        Il tuo volto è un nido d'aria
        attraverso il quale io trovo il mio nulla.
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          in Poesie (Poesie d'Autore)

          Mamm'Emilia

          In te sono stato albume, uovo, pesce,
          le ere sconfinate della terra
          ho attraversato nella tua placenta,
          fuori di te sono contato a giorni.

          In te sono passato da cellula a scheletro
          un milione di volte mi sono ingrandito,
          fuori di te l'accrescimento è stato immensamente meno.
          Sono sgusciato dalla tua pienezza
          senza lasciarti vuota perché il vuoto
          l'ho portato con me.

          Sono venuto nudo, mi hai coperto
          così ho imparato nudità e pudore
          il latte e la sua assenza.
          Mi hai messo in bocca tutte le parole
          a cucchiaini, tranne una: mamma.
          Quella l'inventa il figlio sbattendo le due labbra
          quella l'insegna il figlio.
          Da te ho preso le voci del mio luogo,
          le canzoni, le ingiurie, gli scongiuri,
          da te ho ascoltato il primo libro
          dietro la febbre della scarlattina.
          Ti ho dato aiuto a vomitare, a friggere le pizze,
          a scrivere una lettera, ad accendere un fuoco,
          a finire le parole crociate, ti ho versato il vino
          e ho macchiato la tavola,
          non ti ho messo un nipote sulle gambe
          non ti ho fatto bussare a una prigione
          non ancora,
          da te ho imparato il lutto e l'ora di finirlo,
          a tuo padre somiglio, a tuo fratello,
          non sono stato figlio.
          Da te ho preso gli occhi chiari
          Non il loro peso
          a te ho nascosto tutto.
          Ho promesso di bruciare il tuo corpo
          di non darlo alla terra. Ti darò al fuoco
          fratello vulcano che ci orientava il sonno.
          Ti spargerò nell'aria dopo l'acquazzone
          all'ora dell'arcobaleno
          che ti faceva spalancare gli occhi.
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            Scritta da: Andrea De Candia
            in Poesie (Poesie d'Autore)

            Contributo alla statistica

            Su cento persone

            che ne sanno sempre più degli altri
            - cinquantadue;

            insicuri ad ogni passo
            - quasi tutti gli altri;

            pronti ad aiutare
            purché la cosa non duri molto
            - ben quarantanove;

            buoni sempre,
            perché non sanno fare altrimenti
            - quattro, bè, forse cinque;

            propensi ad ammirare senza invidia
            - diciotto;

            viventi con la continua paura
            di qualcuno o qualcosa
            - settantasette;

            dotati per la felicità,
            - al massimo poco più di venti;

            innocui singolarmente,
            che imbarbariscono nella folla
            - di sicuro più della metà;

            crudeli,
            se costretti dalle circostanze
            - è meglio non saperlo
            neppure approssimativamente;

            quelli col senno di poi
            - non molti di più
            di quelli col senno di prima;

            che dalla vita prendono solo cose
            - quaranta,
            anche se vorrei sbagliarmi;

            ripiegati, dolenti
            e senza torcia nel buio
            - ottantatré
            prima o poi;

            degni di compassione
            - novantanove;

            mortali
            - cento su cento.
            Numero al momento invariato.
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              Scritta da: Lorenzo Mariani
              in Poesie (Poesie d'Autore)

              Malasorte

              Per sollevare un così grande peso,
              Sisifo, il tuo coraggio ci vorrebbe!
              Per quanto ardore s'abbia nell'impresa,
              l'arte è lunga e il tempo è breve.

              Lontano dalle sepolture celebri,
              verso un cimitero isolato,
              il mio cuore, tamburo velato,
              va battendo marce funebri.

              -Quanti gioielli dormono sepolti
              nell'oblio e nelle tenebre,
              lontano dalle zappe e dalle sonde;

              quanti fiori effondono il profumo,
              dolce come un segreto, con rimpianto,
              nelle solitudini profonde.

              Malasorte.
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                in Poesie (Poesie d'Autore)
                Chiedo scusa al caso se lo chiamo necessità.
                Chiedo scusa alla necessità se tuttavia mi sbaglio.
                Non si arrabbi la felicità se la prendo per mia.
                Mi perdonino i morti se ardono appena nella mia memoria.
                Chiedo scusa al tempo per tutto il mondo che mi sfugge a ogni istante.
                Chiedo scusa al vecchio amore se do la precedenza al nuovo.
                Perdonatemi, guerre lontane, se porto fiori a casa.
                Perdonatemi, ferite aperte, se mi pungo un dito.
                Chiedo scusa a chi grida dagli abissi per il disco col minuetto.
                Chiedo scusa alla gente nelle stazioni se dormo alle cinque del mattino.
                Perdonami, speranza braccata, se a volte rido.
                Perdonatemi, deserti, se non corro con un cucchiaio d'acqua.
                E tu, falcone, da anni lo stesso, nella stessa gabbia,
                immobile con lo sguardo fisso sempre nello stesso punto,
                assolvimi, anche se tu fossi un uccello impagliato.
                Chiedo scusa all'albero abbattuto per le quattro gambe del tavolo.
                Chiedo scusa alle grandi domande per le piccole risposte.
                Verità, non prestarmi troppa attenzione.
                Serietà, sii magnanima con me.
                Sopporta, mistero dell'esistenza, se strappo fili dal tuo strascico.
                Non accusarmi, anima, se ti possiedo di rado.
                Chiedo scusa al tutto se non posso essere ovunque.
                Chiedo scusa a tutti se non so essere ognuno e ognuna.
                So che finché vivo niente mi giustifica,
                perché io stessa mi sono d'ostacolo.
                Non avermene, lingua, se prendo in prestito parole patetiche,
                e poi fatico per farle sembrare leggere.
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