Poesie d'Autore migliori


Scritta da: Gabriella Stigliano
in Poesie (Poesie d'Autore)

Non mi accorsi del momento

Non mi accorsi del momento in cui varcai
per la prima volta la soglia
di questa vita
Quale fu la potenza che mi schiuse
in questo vasto mistero
come sboccia un fiore
in una foresta a mezzanotte?
Quando al mattino guardai la luce,
subito sentii che non ero
uno straniero in questo mondo,
che l'inscrutabile, senza nome e forma
mi aveva preso tra le sue braccia
sotto l'aspetto di mia madre.
Così, nella morte, lo stesso sconosciuto
m'apparirà come sempre a me noto.
e poiché amo questa vita
so che amerò anche in morte.
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    Scritta da: Andrea De Candia
    in Poesie (Poesie d'Autore)
    Come crepiti nelle mie mani.
    Da quando ti ho conosciuto
    ho perso i valori estremi della vita.
    Sai quanto pesa una carezza?
    Sai cosa sono le mani?
    Sono uccelli che cercano orizzonti,
    sono uccelli che cercano pace,
    sono le mani dell'intelligenza e della ritrosia,
    sono il pane quotidiano degli angeli,
    sono le ali che cercano refrigerio.
    Il tuo volto è un nido d'aria
    attraverso il quale io trovo il mio nulla.
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      in Poesie (Poesie d'Autore)

      Mamm'Emilia

      In te sono stato albume, uovo, pesce,
      le ere sconfinate della terra
      ho attraversato nella tua placenta,
      fuori di te sono contato a giorni.

      In te sono passato da cellula a scheletro
      un milione di volte mi sono ingrandito,
      fuori di te l'accrescimento è stato immensamente meno.
      Sono sgusciato dalla tua pienezza
      senza lasciarti vuota perché il vuoto
      l'ho portato con me.

      Sono venuto nudo, mi hai coperto
      così ho imparato nudità e pudore
      il latte e la sua assenza.
      Mi hai messo in bocca tutte le parole
      a cucchiaini, tranne una: mamma.
      Quella l'inventa il figlio sbattendo le due labbra
      quella l'insegna il figlio.
      Da te ho preso le voci del mio luogo,
      le canzoni, le ingiurie, gli scongiuri,
      da te ho ascoltato il primo libro
      dietro la febbre della scarlattina.
      Ti ho dato aiuto a vomitare, a friggere le pizze,
      a scrivere una lettera, ad accendere un fuoco,
      a finire le parole crociate, ti ho versato il vino
      e ho macchiato la tavola,
      non ti ho messo un nipote sulle gambe
      non ti ho fatto bussare a una prigione
      non ancora,
      da te ho imparato il lutto e l'ora di finirlo,
      a tuo padre somiglio, a tuo fratello,
      non sono stato figlio.
      Da te ho preso gli occhi chiari
      Non il loro peso
      a te ho nascosto tutto.
      Ho promesso di bruciare il tuo corpo
      di non darlo alla terra. Ti darò al fuoco
      fratello vulcano che ci orientava il sonno.
      Ti spargerò nell'aria dopo l'acquazzone
      all'ora dell'arcobaleno
      che ti faceva spalancare gli occhi.
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        Scritta da: Andrea De Candia
        in Poesie (Poesie d'Autore)

        Contributo alla statistica

        Su cento persone

        che ne sanno sempre più degli altri
        - cinquantadue;

        insicuri ad ogni passo
        - quasi tutti gli altri;

        pronti ad aiutare
        purché la cosa non duri molto
        - ben quarantanove;

        buoni sempre,
        perché non sanno fare altrimenti
        - quattro, bè, forse cinque;

        propensi ad ammirare senza invidia
        - diciotto;

        viventi con la continua paura
        di qualcuno o qualcosa
        - settantasette;

        dotati per la felicità,
        - al massimo poco più di venti;

        innocui singolarmente,
        che imbarbariscono nella folla
        - di sicuro più della metà;

        crudeli,
        se costretti dalle circostanze
        - è meglio non saperlo
        neppure approssimativamente;

        quelli col senno di poi
        - non molti di più
        di quelli col senno di prima;

        che dalla vita prendono solo cose
        - quaranta,
        anche se vorrei sbagliarmi;

        ripiegati, dolenti
        e senza torcia nel buio
        - ottantatré
        prima o poi;

        degni di compassione
        - novantanove;

        mortali
        - cento su cento.
        Numero al momento invariato.
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          in Poesie (Poesie d'Autore)

          Su gioia e dolore

          Allora una donna disse: Parlaci della Gioia e del Dolore.
          E lui rispose:
          La vostra gioia è il vostro dolore senza maschera,
          E il pozzo da cui scaturisce il vostro riso, è stato sovente colmo di lacrime.
          E come può essere altrimenti?
          Quanto più a fondo vi scava il dolore, tanta più gioia potrete contenere.
          La coppa che contiene il vostro vino non è forse la stessa bruciata nel forno del vasaio?
          E il liuto che rasserena il vostro spirito non è forse lo stesso legno scavato dal coltello?
          Quando siete felici, guardate nel fondo del vostro cuore e scoprirete che è proprio ciò che vi ha dato dolore a darvi ora gioia.
          E quando siete tristi, guardate ancora nel vostro cuore e saprete di piangere per ciò che ieri è stato il vostro godimento.
          Alcuni di voi dicono: "La gioia è più grande del dolore", e altri dicono: "No, è più grande il dolore".
          Ma io vi dico che sono inseparabili.
          Giungono insieme, e se l'una siede con voi alla vostra mensa, ricordate che l'altro è addormentato nel vostro letto.

          In verità voi siete bilance che oscillano tra il dolore e la gioia.
          Soltanto quando siete vuoti, siete equilibrati e saldi.
          Come quando il tesoriere vi solleva per pesare oro e argento, così la vostra gioia e il vostro dolore dovranno sollevarsi oppure ricadere.
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            Scritta da: Silvana Stremiz
            in Poesie (Poesie d'Autore)
            Darei valore alle cose non per quello che valgono
            ma per quello che significano.

            Dormirei poco, sognerei di più.

            So che per ogni minuto che chiudiamo gli occhi
            perdiamo 60 secondi di luce di cioccolata.

            Se Dio mi concedesse un brandello di vita,
            vestito con abiti semplici, mi sdraierei, al sole
            e lascerei a nudo non solo il mio corpo
            ma anche la mia anima.

            Dio mio, se avessi cuore, scriverei il mio odio sul ghiaccio
            e aspetterei che si alzasse il sole.

            Dipingerei le stelle con un sogno di Van Gogh.
            con un poema di Benedetti, una canzone di Serrat
            sarebbe la mia serenata alla luna.

            Bagnerei con le mie lacrime le rose
            per sentire il dolore delle spine
            ed il bacio vermiglio dei petali.

            Dio mio, se io avessi ancora un brandello di vita
            non lascerei passare un solo giorno
            senza dire alla gente che io amo, io amo la gente.

            Convincerei ogni uomo ed ogni donna
            che sono i miei favoriti
            e vivrei innamorato dell'amore.

            E dimostrerei agli uomini quanto sbagliano
            quando pensano di smettere di innamorarsi
            quando invecchiano senza sapere che invecchiano
            quando smettono di innamorarsi.

            Darei ad ogni bambino le ali
            ma lo lascerei imparare, da solo, a volare.

            Ai vecchi insegnerei che la morte
            non arriva con la vecchiaia ma con l'oblio.

            Ho imparato molte cose da voi, dagli uomini...
            Ho imparato che tutti, al mondo,
            vogliono vivere in cima alla montagna
            senza sapere che la vera felicità
            sta in come si sale la china.

            Ho imparato che quando un neonato afferra,
            per la prima volta, con il suo piccolo pugno,
            il dito di suo padre, lo terrà prigioniero per sempre.

            Ho imparato che un uomo
            ha diritto di guardare un altro uomo
            dall'alto verso il basso solo quando lo aiuta a rialzarsi.

            Sono tante le cose che ho potuto imparare da voi
            ma non mi serviranno davvero più a molto
            perché quando guarderanno in questa mia valigia,
            infelicemente io starò morendo.
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              Scritta da: Lorenzo Mariani
              in Poesie (Poesie d'Autore)

              Malasorte

              Per sollevare un così grande peso,
              Sisifo, il tuo coraggio ci vorrebbe!
              Per quanto ardore s'abbia nell'impresa,
              l'arte è lunga e il tempo è breve.

              Lontano dalle sepolture celebri,
              verso un cimitero isolato,
              il mio cuore, tamburo velato,
              va battendo marce funebri.

              -Quanti gioielli dormono sepolti
              nell'oblio e nelle tenebre,
              lontano dalle zappe e dalle sonde;

              quanti fiori effondono il profumo,
              dolce come un segreto, con rimpianto,
              nelle solitudini profonde.

              Malasorte.
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                in Poesie (Poesie d'Autore)
                Chiedo scusa al caso se lo chiamo necessità.
                Chiedo scusa alla necessità se tuttavia mi sbaglio.
                Non si arrabbi la felicità se la prendo per mia.
                Mi perdonino i morti se ardono appena nella mia memoria.
                Chiedo scusa al tempo per tutto il mondo che mi sfugge a ogni istante.
                Chiedo scusa al vecchio amore se do la precedenza al nuovo.
                Perdonatemi, guerre lontane, se porto fiori a casa.
                Perdonatemi, ferite aperte, se mi pungo un dito.
                Chiedo scusa a chi grida dagli abissi per il disco col minuetto.
                Chiedo scusa alla gente nelle stazioni se dormo alle cinque del mattino.
                Perdonami, speranza braccata, se a volte rido.
                Perdonatemi, deserti, se non corro con un cucchiaio d'acqua.
                E tu, falcone, da anni lo stesso, nella stessa gabbia,
                immobile con lo sguardo fisso sempre nello stesso punto,
                assolvimi, anche se tu fossi un uccello impagliato.
                Chiedo scusa all'albero abbattuto per le quattro gambe del tavolo.
                Chiedo scusa alle grandi domande per le piccole risposte.
                Verità, non prestarmi troppa attenzione.
                Serietà, sii magnanima con me.
                Sopporta, mistero dell'esistenza, se strappo fili dal tuo strascico.
                Non accusarmi, anima, se ti possiedo di rado.
                Chiedo scusa al tutto se non posso essere ovunque.
                Chiedo scusa a tutti se non so essere ognuno e ognuna.
                So che finché vivo niente mi giustifica,
                perché io stessa mi sono d'ostacolo.
                Non avermene, lingua, se prendo in prestito parole patetiche,
                e poi fatico per farle sembrare leggere.
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