Quando quaranta inverni assedieranno la tua fronte e profonde trincee solcheranno il campo della tua bellezza, l'orgoglioso manto della gioventù, ora ammirato, sarà a brandelli, tenuto in nessun conto. Allora, se richiesto dove la tua bellezza giace, dove il tesoro dei tuoi gagliardi giorni, rispondere ch'essi s'adagiano infossati nei tuoi occhi per te vergogna bruciante sarebbe e ridicolo vanto. Quanta più lode meriterebbe la tua bellezza, se tu potessi replicare: "Questo mio bel bambino pareggia il conto e fa perdonare il passare degli anni", dando prova che la sua bellezza da te fu data. Sarebbe questo un sentirsi giovane quando sei vecchio, mirare il tuo sangue caldo quand'esso nelle tue vene è freddo.
O bel clivo fiorito Cavallino ch'io varcai cò leggiadri eguali a schiera al mio bel tempo; chi sa dir se l'era d'olmo la tua parlante ombra o di pino? Era busso ricciuto o biancospino, da cui dorata trasparia la sera? C'è un campanile tra una selva nera, che canta, bianco, l'inno mattutino? Non so: ché quando a te s'appressa il vano desìo, per entro il cielo fuggitivo te vedo incerta vision fluire. So ch'or sembri il paese allor lontano lontano, che dal tuo fiorito clivo io rimirai nel limpido avvenire.
Forse un mattino andando in un'aria di vetro, arida, rivolgendomi, vedrò compirsi il miracolo: il nulla alle mie spalle, il vuoto dietro di me, con un terrore da ubriaco.
Poi, come s'uno schermo, s'accamperanno di gitto alberi, case, colli per l'inganno consueto. Ma sarà troppo tardi; ed io me n'andrò zitto tra gli uomini che non si voltano, col mio segreto.
Svevo aveva ragione Fuori dalla penna non c'è salvezza diceva Svevo e io m'accorgo c'aveva ragione se questa è l'unica maniera che m'è rimasta di vivere ben venga tale splendore ornato di pezzi di carta e parole venute dal cuore, un cuore di plastica che scioglie al sole, auto combustibile e pieno di vapore - costretto a evaporare senza alcun pudore, lasciare il mondo cacciato dall'amore.
Svevo aveva ragione che quando scrivo sento vita fluire nient'altro in questo paradiso mi allieta al punto da dire che vi sia qualcosa di meglio di migliaia di pagine da riempire, con svaghi di realtà e di orrore che paion fantasia all'occhi del lettore e che in verità son più reali di qualsiasi attore che impara a memoria un copione per compensare un vuoto interiore.
Siamo attori di noi stessi e ci perdiamo tra i riflessi di una falsa ambizione costruita sulla notte e se mi chiami per nome allora posso dire che mi è concesso l'onore di portare vibrazione un vuoto d'emozione che parla più del sole un'assenza, una canzone una presenza priva di parole.
Svevo aveva ragione non c'è salvezza senza penna senza un cuore lacerato che si apra alla vita e le faccia da antenna.
A volte indugio ascoltando La macchina vitale che Mi pulsa nel corpo: Sento il battito cardiaco Ritmare lievi colpi sordi, Seguo il flusso sanguigno Percependone il tepore, Avverto il palpito delle Viscere e il vellicare Della peluria rada e i guizzi muscolari e la rigidità delle ossa. Ogni volta l'auscultazione Finisce con lo smarrimento Nelle pozze dei pensieri, Umori che come acque ferme Mi ristagnano nel cervello.
Sono entrambi convinti che un sentimento improvviso li unì. È bella una tale certezza ma l'incertezza è più bella.
Non conoscendosi prima, credono che non sia mai successo nulla fra loro. Ma che ne pensano le strade, le scale, i corridoi dove da tempo potevano incrociarsi?
Vorrei chiedere loro se non ricordano - una volta un faccia a faccia forse in una porta girevole? Uno "scusi" nella ressa? Un 'ha sbagliato numerò nella cornetta? - ma conosco la risposta. No, non ricordano.
Li stupirebbe molto sapere che già da parecchio il caso stava giocando con loro.
Non ancora del tutto pronto a mutarsi per loro in destino, li avvicinava, li allontanava, gli tagliava la strada e soffocando un risolino si scansava con un salto.
Vi furono segni, segnali, che importa se indecifrabili. Forse tre anni fa o il martedì scorso una fogliolina volò via da una spalla all'altra? Qualcosa fu perduto e qualcosa raccolto. Chissà, era forse la palla tra i cespugli dell'infanzia?
Vi furono maniglie e campanelli in cui anzitempo un tocco si posava sopra un tocco. Valigie accostate nel deposito bagagli. Una notte, forse, lo stesso sogno, subito confuso al risveglio.
Ogni inizio infatti è solo un seguito e il libro degli eventi è sempre aperto a metà.
La vita – è il solo modo per coprirsi di foglie, prendere fiato sulla sabbia, sollevarsi sulle ali; essere un cane, o carezzarlo sul suo pelo caldo; distinguere il dolore da tutto ciò che dolore non è; stare dentro gli eventi, dileguarsi nelle vedute, cercare il più piccolo errore. Un'occasione eccezionale per ricordare per un attimo di che si è parlato a luce spenta; e almeno per una volta inciampare in una pietra, bagnarsi in qualche pioggia, perdere le chiavi tra l'erba; e seguire con gli occhi una scintilla di vento; e persistere nel non sapere qualcosa d'importante.
Sono un tranquillante, Agisco in casa, funziono in ufficio, affronto gli esami, mi presento all'udienza, incollo con cura le tazze rotte - devi solo prendermi, farmi sciogliere sotto la lingua, devi solo mandarmi giù con un sorso d'acqua. So come trattare l'infelicità, come sopportare una cattiva notizia, ridurre l'ingiustizia, rischiarare l'assenza di Dio, scegliere un bel cappellino da lutto. Che cosa aspetti - fidati della pietà chimica. Sei un uomo (una donna) ancora giovane, dovresti sistemarti in qualche modo. Chi ha detto che la vita va vissuta con coraggio? Consegnami il tuo abisso - lo imbottirò di sonno. Mi sarai grato (grata) per la caduta in piedi. Vendimi la tua anima. Un altro acquirente non capiterà. Un altro diavolo non c'è più.