Poesie d'Autore migliori


Scritta da: Silvana Stremiz
in Poesie (Poesie d'Autore)

Forse un mattino

Forse un mattino andando in un'aria di vetro,
arida, rivolgendomi, vedrò compirsi il miracolo:
il nulla alle mie spalle, il vuoto dietro
di me, con un terrore da ubriaco.

Poi, come s'uno schermo, s'accamperanno di gitto
alberi, case, colli per l'inganno consueto.
Ma sarà troppo tardi; ed io me n'andrò zitto
tra gli uomini che non si voltano, col mio segreto.
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    Scritta da: Silvana Stremiz
    in Poesie (Poesie d'Autore)

    Desolazione del povero poeta sentimentale

    Perché tu mi dici: poeta?
    Io non sono un poeta.
    Io non sono che un piccolo fanciullo che piange.
    Vedi: non ha che le lagrime da offrire al Silenzio.
    Perché tu mi dici: poeta?
    Le mie tristezze sono povere tristezze comuni.
    Le mie gioie furono semplici,
    sempilci così, che se io dovessi confessarle a te arrossirei.
    Oggi io penso a morire.
    Io voglio morire, solamente perché sono stanco;
    solamente perché i grandi angioli
    su le vetrate delle cattedrali
    mi fanno tremare d'amore e di angoscia;
    solamente perché, io sono, oramai,
    rassegnato come uno specchio,
    come un povero specchio melanconico.
    Vedi che io non sono un poeta:
    sono un fanciullo triste che ha voglia di morire.
    Oh, non meravigliarti della mia tristezza!
    E non domandarmi;
    io non saprei dirti che parole così vane,
    Dio mio così vane,
    che mi verrebbe da piangere come se fossi per morire.
    Le mie lagrime avrebbero l'aria
    di sgranare un rosario di tristezza
    davanti alla mia anima sette volte dolente
    ma io non sarei un poeta;
    sarei semplicemente, un dolce e pensoso fanciullo
    cui avvenisse di pregare, così, come canta e come dorme.
    Io mi comunico del silenzio, cotidianamente, come di Gesù.
    E i sacerdoti del silenzio sono i romori,
    poiché senza di essi io non avrei cercato e trovato il Dio.
    Questa notte ho dormito con le mani in croce.
    Mi sembrò di essere un piccolo e dolce fanciullo
    dimenticato da tutti gli umani,
    povera tenera preda del primo venuto;
    e desiderai di essere venduto,
    di essere battuto
    di essere costretto a digiunare
    per potermi mettere a piangere tutto tutto solo,
    disperatamente triste,
    in un angolo oscuro.
    Io amo la vita semolice delle cose.
    Quante passioni vidi sfogliarsi, a poco a poco,
    per ogni cosa che se ne andava!
    Ma tu non mi comprendi e sorridi.
    E pensi che io sia malato.
    Oh, io sono veramente malato!
    E muoio, un poco, ogni giorno.
    Vedi: come le cose.
    Non sono, dunque, un poeta:
    io so che per esser detto: poeta, conviene
    viver ben altra vita!
    Io non so, Dio mio, che morire.
    Amen.
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      Scritta da: Gloria Levrini
      in Poesie (Poesie d'Autore)

      La tigre

      Tigre! Tigre! Divampante fulgore
      Nelle foreste della notte,
      Quale fu l'immortale mano o l'occhio
      Ch'ebbe la forza di formare la tua agghiacciante simmetria?

      In quali abissi o in quali cieli
      Accese il fuoco dei tuoi occhi?
      Sopra quali ali osa slanciarsi?
      E quale mano afferra il fuoco?
      Quali spalle, quale arte
      Poté torcerti i tendini del cuore?
      E quando il tuo cuore ebbe il primo palpito,
      Quale tremenda mano? Quale tremendo piede?

      Quale mazza e quale catena?
      Il tuo cervello fu in quale fornace?
      E quale incudine?
      Quale morsa robusta osò serrarne i terrori funesti?

      Mentre gli astri perdevano le lance tirandole alla terra
      e il paradiso empivano di pianti?
      Fu nel sorriso che ebbe osservando compiuto il suo lavoro,
      Chi l'Agnello creò, creò anche te?

      Tigre! Tigre! Divampante fulgore
      Nelle foreste della notte,
      Quale mano, quale immortale spia
      Osa formare la tua agghiacciante simmetria?
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        Scritta da: Barbara Brussa
        in Poesie (Poesie d'Autore)

        Ai giovani

        Bella ridente e giovane
        con il tuo ventre scoperto,
        e una medaglia d'oro
        sull'ombelico,
        mi dici che fai l'amore ogni giorno
        e sei felice e io penso che il tuo ventre
        è vergine mentre il mio
        è un groviglio di vipere
        che voi chiamate poesia
        ed è soltanto tutto l'amore
        che non ho avuto
        vedendoti io ho maledetto
        la sorte di essere un poeta.
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          Scritta da: mor-joy
          in Poesie (Poesie d'Autore)

          Sull'Amore

          Si chiama Amore ogni superiorità,
          ogni capacità di comprensione,
          ogni capacità di sorridere nel dolore.
          Amore per noi stessi e per il nostro destino,
          affettuosa adesione
          a ciò che l'Imperscrutabile
          vuole fare di noi
          anche quando
          non siamo ancora in grado di vederlo
          e di comprenderlo.
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            Scritta da: Gabriella Stigliano
            in Poesie (Poesie d'Autore)

            Passa radiosa, come la notte tersa

            Passa radiosa, come la notte tersa
            dai cieli stellati;
            il meglio del buio e del fulgore
            si incontra nei suoi occhi
            addolciti a quella tenera luce
            che il cielo nega allo sforzo del giorno.
            Un'ombra in più, un raggio in meno, avrebbero
            in parte guastato la grazia senza nome
            che si posa sui capelli neri
            o illumina il volto con dolcezza,
            dove pensieri limpidi
            svelano pura e preziosa dimora.
            Su quella guancia, sopra quella fronte serena
            sorrisi e colori parlano di pacifici giorni,
            di un intelletto in armonia con tutto,
            di un cuore che ama innocente.
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              Scritta da: Andrea De Candia
              in Poesie (Poesie d'Autore)

              Paura dei tuoi occhi

              Paura dei tuoi occhi,
              di quel vertice puro
              entro cui batte il pensiero,
              paura del tuo sguardo
              nascosto velluto d'algebra
              col quale mi percorri,
              paura delle tue mani
              calamite leggere
              che chiedono linfa,
              paura dei tuoi ginocchi
              che premono il mio grembo
              e poi ancora paura
              sempre sempre paura,
              finché il mare sommerge
              questa mia debole carne
              e io giaccio sfinita
              su te che diventi spiaggia
              e io che divento onda
              che tu percuoti e percuoti
              con il tuo remo d'Amore.
              Composta martedì 4 agosto 2015
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