Poesie d'Autore migliori


Scritta da: Silvana Stremiz
in Poesie (Poesie d'Autore)

Quanto ancor più bella sembra la bellezza (Sonetto 54)

Quanto ancor più bella sembra la bellezza,
per quel ricco ornamento che virtù le dona!
Bella ci appar la rosa, ma più bella la pensiamo
per la soave essenza che vive dentro a lei.
Anche le selvatiche hanno tinte molto intense
simili al colore delle rose profumate,
hanno le stesse spine e giocano con lo stesso brio
quando la brezza d'estate ne schiude gli ascosi boccioli:
ma poiché il loro pregio è solo l'apparenza,
abbandonate vivono, sfioriscono neglette e
solitarie muoiono. Non così per le fragranti rose:
la loro dolce morte divien soavissimo profumo:
e così è; per te, fiore stupendo e ambito,
come appassirai, i miei versi stilleran la tua virtù.
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    Scritta da: Silvana Stremiz
    in Poesie (Poesie d'Autore)

    La morte di Tantalo

    Noi sedemmo sull'orlo
    della fontana nella vigna d'oro.
    Sedemmo lacrimosi in silenzio.
    Le palpebre della mia dolce amica
    si gonfiavano dietro le lagrime
    come due vele
    dietro una leggera brezza marina.
    Il nostro dolore non era dolore d'amore
    né dolore di nostalgia
    né dolore carnale.
    Noi morivamo tutti i giorni
    cercando una causa divina
    il mio dolce bene ed io.

    Ma quel giorno già vanía
    e la causa della nostra morte
    non era stata rivenuta.

    E calò la sera su la vigna d'oro
    e tanto essa era oscura
    che alle nostre anime apparve
    una nevicata di stelle.

    Assaporammo tutta la notte
    i meravigliosi grappoli.
    Bevemmo l'acqua d'oro,
    e l'alba ci trovò seduti
    sull'orlo della fontana
    nella vigna non piú d'oro.

    O dolce mio amore,
    confessa al viandante
    che non abbiamo saputo morire
    negandoci il frutto saporoso
    e l'acqua d'oro, come la luna.

    E aggiungi che non morremo piú
    e che andremo per la vita
    errando per sempre.
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      in Poesie (Poesie d'Autore)
      Seduto accanto al fuoco, rifletto
      Su tutto quel che ho visto,
      Sulle farfalle ed i fiori dei campi
      In estati ormai da me distanti;

      Penso alle foglie gialle e tele di ragno
      In autunni che più non torneranno;
      Alle nebbiose mattine, e al sole d'argento,
      E ai miei capelli agiatati dal vento.

      Seduto accanto al fuoco, rifletto
      Al mondo che sarà,
      Quando l'inverno un giorno giungerà,
      Ma della primavera io non vedrò l'aspetto.

      Vi sono infatti tante e tante cose
      Che io purtroppo ancora non conosco:
      Diversi in ogni prato ed ogni bosco
      Il verde e il profumo delle rose.

      Seduto accanto al fuoco, rifletto
      Ai popoli vissuti tanto tempo fa,
      Ed a coloro che vedranno un mondo
      Che a me per sempre ignoto resterà.

      Ma mentre lì seduto rifletto
      Sui tempi che fuggiron veloci,
      Ascolto in ansia ed aspetto
      Il ritorno di passi e di voci.
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        Scritta da: Paul Mehis
        in Poesie (Poesie d'Autore)

        Per la vecchia denti-storti

        Conosco una donna
        che compera continuamente puzzle
        cinesi
        puzzle
        cubi
        cavi
        pezzi che alla fine s'incastrano
        in un ordine
        li completa
        matematicamente
        risolve tutti i suoi
        puzzle
        vive giù in riva al mare
        mette lo zucchero fuori per le formiche
        e crede
        alla fin fine
        in un mondo migliore.
        Ha i capelli bianchi
        li pettina di rado
        ha i denti storti
        e indossa ampie tute informi
        su un corpo che molte
        donne vorrebbero avere.
        Per anni mi ha irritato
        con quelle che giudicavo
        eccentricità - come i gusci d'uovo a mollo
        (per nutrire le piante
        col calcio).
        Ma infine quando penso alla sua
        vita
        e la paragono alle altre vite
        più eccitanti, più belle
        e originali
        mi accorgo che lei ha ferito meno
        gente di tutti quelli che conosco
        (e per ferire intendo semplicemente ferire).
        Ha passato periodi tremendi,
        periodi in cui avrei forse potuto
        aiutarla di più
        perché è la madre della mia unica figlia
        e siamo stati un tempo grandi amanti,
        ma ne è uscita,
        come ho detto
        ha ferito meno gente di
        tutti quelli che conosco,
        e se guardi le cose così,
        beh,
        ha creato un mondo migliore.
        Ha vinto.
        Composta martedì 21 luglio 2009
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          Scritta da: Gabriella Stigliano
          in Poesie (Poesie d'Autore)

          Non mi accorsi del momento

          Non mi accorsi del momento in cui varcai
          per la prima volta la soglia
          di questa vita
          Quale fu la potenza che mi schiuse
          in questo vasto mistero
          come sboccia un fiore
          in una foresta a mezzanotte?
          Quando al mattino guardai la luce,
          subito sentii che non ero
          uno straniero in questo mondo,
          che l'inscrutabile, senza nome e forma
          mi aveva preso tra le sue braccia
          sotto l'aspetto di mia madre.
          Così, nella morte, lo stesso sconosciuto
          m'apparirà come sempre a me noto.
          e poiché amo questa vita
          so che amerò anche in morte.
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            Scritta da: Andrea De Candia
            in Poesie (Poesie d'Autore)
            Come crepiti nelle mie mani.
            Da quando ti ho conosciuto
            ho perso i valori estremi della vita.
            Sai quanto pesa una carezza?
            Sai cosa sono le mani?
            Sono uccelli che cercano orizzonti,
            sono uccelli che cercano pace,
            sono le mani dell'intelligenza e della ritrosia,
            sono il pane quotidiano degli angeli,
            sono le ali che cercano refrigerio.
            Il tuo volto è un nido d'aria
            attraverso il quale io trovo il mio nulla.
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              in Poesie (Poesie d'Autore)

              Mamm'Emilia

              In te sono stato albume, uovo, pesce,
              le ere sconfinate della terra
              ho attraversato nella tua placenta,
              fuori di te sono contato a giorni.

              In te sono passato da cellula a scheletro
              un milione di volte mi sono ingrandito,
              fuori di te l'accrescimento è stato immensamente meno.
              Sono sgusciato dalla tua pienezza
              senza lasciarti vuota perché il vuoto
              l'ho portato con me.

              Sono venuto nudo, mi hai coperto
              così ho imparato nudità e pudore
              il latte e la sua assenza.
              Mi hai messo in bocca tutte le parole
              a cucchiaini, tranne una: mamma.
              Quella l'inventa il figlio sbattendo le due labbra
              quella l'insegna il figlio.
              Da te ho preso le voci del mio luogo,
              le canzoni, le ingiurie, gli scongiuri,
              da te ho ascoltato il primo libro
              dietro la febbre della scarlattina.
              Ti ho dato aiuto a vomitare, a friggere le pizze,
              a scrivere una lettera, ad accendere un fuoco,
              a finire le parole crociate, ti ho versato il vino
              e ho macchiato la tavola,
              non ti ho messo un nipote sulle gambe
              non ti ho fatto bussare a una prigione
              non ancora,
              da te ho imparato il lutto e l'ora di finirlo,
              a tuo padre somiglio, a tuo fratello,
              non sono stato figlio.
              Da te ho preso gli occhi chiari
              Non il loro peso
              a te ho nascosto tutto.
              Ho promesso di bruciare il tuo corpo
              di non darlo alla terra. Ti darò al fuoco
              fratello vulcano che ci orientava il sonno.
              Ti spargerò nell'aria dopo l'acquazzone
              all'ora dell'arcobaleno
              che ti faceva spalancare gli occhi.
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                Scritta da: Andrea De Candia
                in Poesie (Poesie d'Autore)

                Contributo alla statistica

                Su cento persone

                che ne sanno sempre più degli altri
                - cinquantadue;

                insicuri ad ogni passo
                - quasi tutti gli altri;

                pronti ad aiutare
                purché la cosa non duri molto
                - ben quarantanove;

                buoni sempre,
                perché non sanno fare altrimenti
                - quattro, bè, forse cinque;

                propensi ad ammirare senza invidia
                - diciotto;

                viventi con la continua paura
                di qualcuno o qualcosa
                - settantasette;

                dotati per la felicità,
                - al massimo poco più di venti;

                innocui singolarmente,
                che imbarbariscono nella folla
                - di sicuro più della metà;

                crudeli,
                se costretti dalle circostanze
                - è meglio non saperlo
                neppure approssimativamente;

                quelli col senno di poi
                - non molti di più
                di quelli col senno di prima;

                che dalla vita prendono solo cose
                - quaranta,
                anche se vorrei sbagliarmi;

                ripiegati, dolenti
                e senza torcia nel buio
                - ottantatré
                prima o poi;

                degni di compassione
                - novantanove;

                mortali
                - cento su cento.
                Numero al momento invariato.
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