Poesie d'Autore migliori


Scritta da: Silvana Stremiz
in Poesie (Poesie d'Autore)

No, non dire mai che il mio cuore è stato falso (Sonetto 109)

No, non dire mai che il mio cuore è stato falso
Anche se l'assenza sembrò ridurre la mia fiamma;
come non è facil ch'io mi stacchi da me stesso,
così è della mia anima che vive nel tuo petto:
quello è il rifugio mio d'amore; se ho vagato
come chi viaggia, io di nuovo lì ritorno
fedelmente puntuale, non mutato dagli eventi,
tanto ch'io stesso porto acqua alle mie colpe.
Non credere mai, pur se in me regnassero
tutte le debolezze che insidiano la carne,
ch'io mi possa macchiare in modo tanto assurdo
da perdere per niente la somma dei tuoi pregi:
perché niente io chiamo questo immenso universo
tranne te, mia rosa; in esso tu sei il mio tutto.
Vota la poesia: Commenta
    Scritta da: Silvana Stremiz
    in Poesie (Poesie d'Autore)

    Desolazione del povero poeta sentimentale

    Perché tu mi dici: poeta?
    Io non sono un poeta.
    Io non sono che un piccolo fanciullo che piange.
    Vedi: non ha che le lagrime da offrire al Silenzio.
    Perché tu mi dici: poeta?
    Le mie tristezze sono povere tristezze comuni.
    Le mie gioie furono semplici,
    sempilci così, che se io dovessi confessarle a te arrossirei.
    Oggi io penso a morire.
    Io voglio morire, solamente perché sono stanco;
    solamente perché i grandi angioli
    su le vetrate delle cattedrali
    mi fanno tremare d'amore e di angoscia;
    solamente perché, io sono, oramai,
    rassegnato come uno specchio,
    come un povero specchio melanconico.
    Vedi che io non sono un poeta:
    sono un fanciullo triste che ha voglia di morire.
    Oh, non meravigliarti della mia tristezza!
    E non domandarmi;
    io non saprei dirti che parole così vane,
    Dio mio così vane,
    che mi verrebbe da piangere come se fossi per morire.
    Le mie lagrime avrebbero l'aria
    di sgranare un rosario di tristezza
    davanti alla mia anima sette volte dolente
    ma io non sarei un poeta;
    sarei semplicemente, un dolce e pensoso fanciullo
    cui avvenisse di pregare, così, come canta e come dorme.
    Io mi comunico del silenzio, cotidianamente, come di Gesù.
    E i sacerdoti del silenzio sono i romori,
    poiché senza di essi io non avrei cercato e trovato il Dio.
    Questa notte ho dormito con le mani in croce.
    Mi sembrò di essere un piccolo e dolce fanciullo
    dimenticato da tutti gli umani,
    povera tenera preda del primo venuto;
    e desiderai di essere venduto,
    di essere battuto
    di essere costretto a digiunare
    per potermi mettere a piangere tutto tutto solo,
    disperatamente triste,
    in un angolo oscuro.
    Io amo la vita semolice delle cose.
    Quante passioni vidi sfogliarsi, a poco a poco,
    per ogni cosa che se ne andava!
    Ma tu non mi comprendi e sorridi.
    E pensi che io sia malato.
    Oh, io sono veramente malato!
    E muoio, un poco, ogni giorno.
    Vedi: come le cose.
    Non sono, dunque, un poeta:
    io so che per esser detto: poeta, conviene
    viver ben altra vita!
    Io non so, Dio mio, che morire.
    Amen.
    Vota la poesia: Commenta
      Scritta da: Gloria Levrini
      in Poesie (Poesie d'Autore)

      La tigre

      Tigre! Tigre! Divampante fulgore
      Nelle foreste della notte,
      Quale fu l'immortale mano o l'occhio
      Ch'ebbe la forza di formare la tua agghiacciante simmetria?

      In quali abissi o in quali cieli
      Accese il fuoco dei tuoi occhi?
      Sopra quali ali osa slanciarsi?
      E quale mano afferra il fuoco?
      Quali spalle, quale arte
      Poté torcerti i tendini del cuore?
      E quando il tuo cuore ebbe il primo palpito,
      Quale tremenda mano? Quale tremendo piede?

      Quale mazza e quale catena?
      Il tuo cervello fu in quale fornace?
      E quale incudine?
      Quale morsa robusta osò serrarne i terrori funesti?

      Mentre gli astri perdevano le lance tirandole alla terra
      e il paradiso empivano di pianti?
      Fu nel sorriso che ebbe osservando compiuto il suo lavoro,
      Chi l'Agnello creò, creò anche te?

      Tigre! Tigre! Divampante fulgore
      Nelle foreste della notte,
      Quale mano, quale immortale spia
      Osa formare la tua agghiacciante simmetria?
      Vota la poesia: Commenta
        in Poesie (Poesie d'Autore)
        Seduto accanto al fuoco, rifletto
        Su tutto quel che ho visto,
        Sulle farfalle ed i fiori dei campi
        In estati ormai da me distanti;

        Penso alle foglie gialle e tele di ragno
        In autunni che più non torneranno;
        Alle nebbiose mattine, e al sole d'argento,
        E ai miei capelli agiatati dal vento.

        Seduto accanto al fuoco, rifletto
        Al mondo che sarà,
        Quando l'inverno un giorno giungerà,
        Ma della primavera io non vedrò l'aspetto.

        Vi sono infatti tante e tante cose
        Che io purtroppo ancora non conosco:
        Diversi in ogni prato ed ogni bosco
        Il verde e il profumo delle rose.

        Seduto accanto al fuoco, rifletto
        Ai popoli vissuti tanto tempo fa,
        Ed a coloro che vedranno un mondo
        Che a me per sempre ignoto resterà.

        Ma mentre lì seduto rifletto
        Sui tempi che fuggiron veloci,
        Ascolto in ansia ed aspetto
        Il ritorno di passi e di voci.
        Vota la poesia: Commenta
          Scritta da: Gabriella Stigliano
          in Poesie (Poesie d'Autore)

          Vi è un piacere nei boschi inesplorati

          Vi è un piacere nei boschi inesplorati
          e un'estasi nelle spiagge deserte,
          vi è una compagnia che nessuno può turbare
          presso il mare profondo,
          e una musica nel suo ruggito;
          non amo meno l'uomo ma di più la natura
          dopo questi colloqui dove fuggo
          da quel che sono o prima sono stato
          per confondermi con l'universo e lì sentire
          ciò che mai posso esprimere
          né del tutto celare.
          Vota la poesia: Commenta
            Scritta da: Andrea De Candia
            in Poesie (Poesie d'Autore)

            Amami

            Amami
            e nel ricordo prendi la fionda antica
            e battimi i capelli. Mi vedrai crescere
            nera come la foresta dell'Amazzonia,
            ma se scosti i miei rami vedrai nella mia lingua
            uccelli variopinti e paradisi terrestri.
            Allora non pregare il Signore,
            perché la dovizia del mio canto
            io l'ho rubata a lui in un giorno di distrazione.
            Composta domenica 12 aprile 2015
            Vota la poesia: Commenta
              Scritta da: Paul Mehis
              in Poesie (Poesie d'Autore)

              Per la vecchia denti-storti

              Conosco una donna
              che compera continuamente puzzle
              cinesi
              puzzle
              cubi
              cavi
              pezzi che alla fine s'incastrano
              in un ordine
              li completa
              matematicamente
              risolve tutti i suoi
              puzzle
              vive giù in riva al mare
              mette lo zucchero fuori per le formiche
              e crede
              alla fin fine
              in un mondo migliore.
              Ha i capelli bianchi
              li pettina di rado
              ha i denti storti
              e indossa ampie tute informi
              su un corpo che molte
              donne vorrebbero avere.
              Per anni mi ha irritato
              con quelle che giudicavo
              eccentricità - come i gusci d'uovo a mollo
              (per nutrire le piante
              col calcio).
              Ma infine quando penso alla sua
              vita
              e la paragono alle altre vite
              più eccitanti, più belle
              e originali
              mi accorgo che lei ha ferito meno
              gente di tutti quelli che conosco
              (e per ferire intendo semplicemente ferire).
              Ha passato periodi tremendi,
              periodi in cui avrei forse potuto
              aiutarla di più
              perché è la madre della mia unica figlia
              e siamo stati un tempo grandi amanti,
              ma ne è uscita,
              come ho detto
              ha ferito meno gente di
              tutti quelli che conosco,
              e se guardi le cose così,
              beh,
              ha creato un mondo migliore.
              Ha vinto.
              Composta martedì 21 luglio 2009
              Vota la poesia: Commenta
                Scritta da: Davide Bidin
                in Poesie (Poesie d'Autore)

                Alle porte di Madrid

                Non ascoltare le voci delle sfere dell'aldilà,
                né intrecciare nella trama delle righe,
                "poesie ermetiche"
                né cercare
                con pazienza di orafo
                rime graziose
                e fini espressioni,
                stasera, grazie al cielo, io sto più su.
                di tutto ciò.

                Stasera io
                sono un cantastorie di strada.
                La mia voce è semplice, senza artifici,
                e tu
                non puoi udire la mia canzone...

                È notte.
                Nevica.
                Tu sei alle porte di Madrid.
                Davanti a te hai l'armata dei nemici,
                che è venuta per uccidere
                tutto ciò che c'è di più bello:
                la libertà,
                il sogno,
                la speranza
                e i ragazzi.

                E nevica.
                E forse,
                i tuoi piedi nudi gelano.

                Nevica...
                Ed ecco,
                in quest'istante
                che io penso a te con tutto il mio cuore,
                forse
                una pallottola spezzerà la tua vita
                e per te non ci sarà più
                neve
                né vento
                né notte
                né giorno...

                E nevica.
                So
                che anche prima di gridare
                "No pasaran"
                e di montare la guardia
                alle porte di Madrid,
                tu esistevi!

                Chi eri,
                di dove sei venuto?
                Forse
                dalle miniere delle Asturie?
                Forse
                una benda insanguinata sulla tua fronte
                ha coperto
                una ferita che ti sei presa al Nord?
                Forse
                sei tu quello che per ultimo
                sparò nella notte che gli junker
                bombardavano Bilbao?
                O servivi come bracciante
                nelle tenute di un qualche
                conte Pernando Valesquero di Cortolon?
                O avevi una botteguccia
                alla Porta del Sole
                e vendevi le frutta dai colori spagnoli?
                Forse, non avevi alcun talento,
                o forse avevi una bella voce?
                O eri uno studente,
                un futuro giurista,
                e i tuoi libri
                sotto i cingoli d'un carro armato italiano
                son rimasti
                nella città universitaria?
                Forse non credevi in Dio,
                e forse invece portavi una piccola croce di rame
                a un cordino di seta?

                Chi sei,
                come ti chiami,
                quanti anni hai?
                Non ho visto la tua faccia,
                e non la vedrò.

                Forse
                essa ricorda le facce di quelli
                che batterono le bande di Kolciak in Siberia?
                O, in qualche tratto,
                tu ricordi coloro
                che sono caduti
                a Domlupinar?

                O somigli a Robespierre?
                Non hai udito il mio nome,
                e non l'udrai.

                Tra noi due, fratello,
                ci sono i mari e i monti,
                e le mie maledette catene,
                e le prescrizioni
                del comitato di non intervento...
                Non posso venire da te,
                non posso mandarti di qui
                né una cassa di cartucce
                né uova
                né un paio di calze di lana...

                So
                che in questo gelo
                i tuoi piedi nudi,
                là, alle porte di Madrid,
                come due bimbi
                gelano al vento...

                E so
                che tutto ciò che in questo mondo
                c'è di grande
                e di bello,
                tutto ciò che sarà fatto dagli uomini,
                tutta la Verità futura
                e la Grandezza,
                che io aspetto con tanta ansia nel cuore,
                tutto questo riluce nei tuoi occhi,
                sentinella mia,
                stanotte
                alle porte di Madrid...

                E so
                che oggi non posso,
                come non potei ieri
                e non potrò domani,
                fare nient'altro
                che pensare a te
                e amarti.
                Vota la poesia: Commenta