Poesie d'Autore migliori


Scritta da: Mario Biasiotti
in Poesie (Poesie d'Autore)
Se saprai starmi vicino,
e potremo essere diversi,
se il sole illuminerà entrambi
senza che le nostre ombre si sovrappongano,
se riusciremo ad essere "noi" in mezzo al mondo
e insieme al mondo, piangere, ridere, vivere.

Se ogni giorno sarà scoprire quello che siamo
e non il ricordo di come eravamo,
se sapremo darci l'un l'altro
senza sapere chi sarà il primo e chi l'ultimo
se il tuo corpo canterà con il mio perché insieme è gioia...

Allora sarà amore
e non sarà stato vano aspettarsi tanto.
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    in Poesie (Poesie d'Autore)
    Dai il meglio di te
    Se fai il bene, ti attribuiranno
    secondi fini egoistici
    non importa, fa il bene.
    Se realizzi i tuoi obiettivi,
    troverai falsi amici e veri nemici
    non importa realizzali.
    Il bene che fai verrà domani
    dimenticato.
    Non importa fa il bene
    L'onestà e la sincerità ti
    rendono vulnerabile
    non importa, sii franco
    e onesto.
    Dà al mondo il meglio di te, e ti
    prenderanno a calci.
    Non importa, dà il meglio di te.
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      in Poesie (Poesie d'Autore)
      Demoni e meraviglie
      Venti e maree
      Lontano di già si è ritirato il mare
      E tu
      Come alga dolcemente accarezzata dal vento
      Nella sabbia del tuo letto ti agiti sognando
      Demoni e meraviglie
      Venti e maree
      Lontano di già si è ritirato il mare
      Ma nei tuoi occhi socchiusi
      Due piccole onde son rimaste
      Demoni e meraviglie
      Venti e maree
      Due piccole onde per annegarmi.
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        Scritta da: Dario Pautasso
        in Poesie (Poesie d'Autore)

        Un uccello azzurro

        Nel mio cuore c'è un uccello azzurro che
        vuole uscire
        ma con lui sono inflessibile,
        gli dico: rimani dentro, non voglio
        che nessuno ti
        veda.

        nel mio cuore c'è un uccello azzurro che
        vuole uscire
        ma io gli verso addosso whisky e aspiro
        il fumo delle sigarette
        e le puttane e i baristi
        e i commessi del droghiere
        non sanno che
        lì dentro
        c'è lui

        nel mio cuore c'è un uccello azzurro che
        vuole uscire
        ma io con lui sono inflessibile,
        gli dico:
        rimani giù, mi vuoi fare andar fuori
        di testa?
        vuoi mandare all'aria tutto il mio
        lavoro?
        vuoi far saltare le vendite dei miei libri in
        Europa?

        nel mio cuore c'è un uccello azzurro che
        vuole uscire
        ma io sono troppo furbo, lo lascio uscire
        solo di notte qualche volta
        quando dormono tutti.
        gli dico: lo so che ci sei,
        non essere
        triste

        poi lo rimetto a posto,
        ma lui lì dentro un pochino
        canta, mica l'ho fatto davvero
        morire,
        dormiamo insieme
        così col nostro
        patto segreto
        ed è così grazioso da
        far piangere
        un uomo, ma io non
        piango, e
        voi?
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          Scritta da: Cristallina
          in Poesie (Poesie d'Autore)

          Niente è grande come le piccole cose

          Mentre spremi un'arancia
          canta la lavatrice e l'acqua della doccia
          ti riscalda i pensieri
          La vita si offre attraverso uno schermo
          di persuasione mentre c'e chi guarda
          il sole aspettando la luna
          c'è chi si guarda intorno aspettando un
          segnale.
          Basterebbe guardarsi dentro e intristirsi
          per il continuo bisogno di eroi
          da quando mi impediscono di bere, di
          fumare e mi istruiscono
          sull'alimentazione sana e seguono i
          miei passi e le mie conversazioni per
          paura che io mi faccia male
          è lecito domandarsi se ci sia vita su
          Marte.
          Quando chiudi la porta, che tu sia
          dentro o fuori, ricordati che niente è
          grande come le piccole cose e che
          quando incontri qualcuno che ti
          sembra non sappia quello che dica in
          realtà sta semplicemente dicendo quello
          che sa.
          Composta domenica 2 dicembre 2012
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            Scritta da: Silvana Stremiz
            in Poesie (Poesie d'Autore)

            Il Risorgimento

            Credei ch'al tutto fossero
            In me, sul fior degli anni,
            Mancati i dolci affanni
            Della mia prima età:
            I dolci affanni, i teneri
            Moti del cor profondo,
            Qualunque cosa al mondo
            Grato il sentir ci fa.

            Quante querele e lacrime
            Sparsi nel novo stato,
            Quando al mio cor gelato
            Prima il dolor mancò!
            Mancàr gli usati palpiti,
            L'amor mi venne meno,
            E irrigidito il seno
            Di sospirar cessò!

            Piansi spogliata, esanime
            Fatta per me la vita
            La terra inaridita,
            Chiusa in eterno gel;
            Deserto il dì; la tacita
            Notte più sola e bruna;
            Spenta per me la luna,
            Spente le stelle in ciel.

            Pur di quel pianto origine
            Era l'antico affetto:
            Nell'intimo del petto
            Ancor viveva il cor.
            Chiedea l'usate immagini
            La stanca fantasia;
            E la tristezza mia
            Era dolore ancor.

            Fra poco in me quell'ultimo
            Dolore anco fu spento,
            E di più far lamento
            Valor non mi restò.
            Giacqui: insensato, attonito,
            Non dimandai conforto:
            Quasi perduto e morto,
            Il cor s'abbandonò.

            Qual fui! Quanto dissimile
            Da quel che tanto ardore,
            Che sì beato errore
            Nutrii nell'alma un dì!
            La rondinella vigile,
            Alle finestre intorno
            Cantando al novo giorno,
            Il cor non mi ferì:

            Non all'autunno pallido
            In solitaria villa,
            La vespertina squilla,
            Il fuggitivo Sol.
            Invan brillare il vespero
            Vidi per muto calle,
            Invan sonò la valle
            Del flebile usignol.

            E voi, pupille tenere,
            Sguardi furtivi, erranti,
            Voi dè gentili amanti
            Primo, immortale amor,
            Ed alla mano offertami
            Candida ignuda mano,
            Foste voi pure invano
            Al duro mio sopor.

            D'ogni dolcezza vedovo,
            Tristo; ma non turbato,
            Ma placido il mio stato,
            Il volto era seren.
            Desiderato il termine
            Avrei del viver mio;
            Ma spento era il desio
            Nello spossato sen.

            Qual dell'età decrepita
            L'avanzo ignudo e vile,
            Io conducea l'aprile
            Degli anni miei così:
            Così quegl'ineffabili
            Giorni, o mio cor, traevi,
            Che sì fugaci e brevi
            Il cielo a noi sortì.

            Chi dalla grave, immemore
            Quiete or mi ridesta?
            Che virtù nova è questa,
            Questa che sento in me?
            Moti soavi, immagini,
            Palpiti, error beato,
            Per sempre a voi negato
            Questo mio cor non è?

            Siete pur voi quell'unica
            Luce dè giorni miei?
            Gli affetti ch'io perdei
            Nella novella età?
            Se al ciel, s'ai verdi margini,
            Ovunque il guardo mira,
            Tutto un dolor mi spira,
            Tutto un piacer mi dà.

            Meco ritorna a vivere
            La piaggia, il bosco, il monte;
            Parla al mio core il fonte,
            Meco favella il mar.
            Chi mi ridona il piangere
            Dopo cotanto obblio?
            E come al guardo mio
            Cangiato il mondo appar?

            Forse la speme, o povero
            Mio cor, ti volse un riso?
            Ahi della speme il viso
            Io non vedrò mai più.
            Proprii mi diede i palpiti,
            Natura, e i dolci inganni.
            Sopiro in me gli affanni
            L'ingenita virtù;

            Non l'annullàr: non vinsela
            Il fato e la sventura;
            Non con la vista impura
            L'infausta verità.
            Dalle mie vaghe immagini
            So ben ch'ella discorda:
            So che natura è sorda,
            Che miserar non sa.

            Che non del ben sollecita
            Fu, ma dell'esser solo:
            Purché ci serbi al duolo,
            Or d'altro a lei non cal.
            So che pietà fra gli uomini
            Il misero non trova;
            Che lui, fuggendo, a prova
            Schernisce ogni mortal.

            Che ignora il tristo secolo
            Gl'ingegni e le virtudi;
            Che manca ai degni studi
            L'ignuda gloria ancor.
            E voi, pupille tremule,
            Voi, raggio sovrumano,
            So che splendete invano,
            Che in voi non brilla amor.

            Nessuno ignoto ed intimo
            Affetto in voi non brilla:
            Non chiude una favilla
            Quel bianco petto in sé.
            Anzi d'altrui le tenere
            Cure suol porre in gioco;
            E d'un celeste foco
            Disprezzo è la mercè.

            Pur sento in me rivivere
            Gl'inganni aperti e noti;
            E, dè suoi proprii moti
            Si maraviglia il sen.
            Da te, mio cor, quest'ultimo
            Spirto, e l'ardor natio,
            Ogni conforto mio
            Solo da te mi vien.

            Mancano, il sento, all'anima
            Alta, gentile e pura,
            La sorte, la natura,
            Il mondo e la beltà.
            Ma se tu vivi, o misero,
            Se non concedi al fato,
            Non chiamerò spietato
            Chi lo spirar mi dà.
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              in Poesie (Poesie d'Autore)

              Lancia il dado

              Se hai intenzione di tentare, fallo fino in fondo
              Altrimenti, non cominciare mai.

              Se hai intenzione di tentare, fallo fino in fondo
              Ciò potrebbe significare perdere fidanzate,
              mogli, parenti, impieghi
              e forse la tua mente.

              Fallo fino in fondo.

              Potrebbe significare non mangiare per 3 o 4 giorni.
              Potrebbe significare gelare su una panchina del parco.
              Potrebbe significare prigione, potrebbe significare derisione, scherno, isolamento.

              L'isolamento è il regalo, le altre sono una prova della tua resistenza, di quanto tu realmente voglia farlo.

              E lo farai a dispetto dell'emarginazione e delle peggiori diseguaglianze. E ciò sarà migliore di qualsiasi altra cosa tu possa immaginare.

              Se hai intenzione di tentare,
              fallo fino in fondo.
              Non esiste sensazione altrettanto bella.
              Sarai solo con gli Dei.
              E le notti arderanno tra le fiamme

              Fallo, fallo, fallo.
              FALLO!

              Fino in fondo,
              fino in fondo

              Cavalcherai la vita fino alla risata perfetta
              È l'unica battaglia giusta che esista.
              Composta lunedì 4 novembre 2013
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                Scritta da: Andrea De Candia
                in Poesie (Poesie d'Autore)

                Una vita all'istante

                Una vita all'istante.
                Spettacolo senza prove.
                Corpo senza modifiche.
                Testa senza riflessione.

                Non conosco la parte che recito.
                So solo che è la mia, non mutabile.

                Il soggetto della pièce
                va indovinato direttamente in scena.

                Mal preparata all'onore di vivere,
                reggo a fatica il ritmo imposto dell'azione.
                Improvviso, benché detesti improvvisare.
                Inciampo a ogni passo nella mia ignoranza.
                Il mio modo di fare sa di provinciale.
                I miei istinti hanno del dilettante.
                L'agitazione, che mi scusa, tanto più mi umilia.
                Sento come crudeli le attenuanti.

                Parole e impulsi non revocabili,
                stelle non calcolate,
                il carattere come un capotto abbandonato in corsa -
                ecco gli esiti penosi di tale fulmineità.

                Poter provare prima, almeno un mercoledì,
                o replicare ancora una volta, almeno un giovedì!
                Ma qui già sopraggiunge il venerdì
                con un copione che non conosco.
                Mi chiedo se sia giusto
                (con voce rauca,
                perché neanche l'ho potuta schiarire tra le quinte).

                Illusorio pensare che sia solo un esame superficiale,
                fatto in un locale provvisorio. No.

                Sto sulla scena e vedo quant'è solida.
                Mi colpisce la precisione di ogni attrezzo.
                Il girevole è già in funzione da tempo.
                Anche le nebulose più lontane sono state accese.
                Oh, non ho dubbi che questa sia la prima.
                E qualunque cosa io faccia,
                si muterà per sempre in ciò che ho fatto.
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                  in Poesie (Poesie d'Autore)
                  Ma poi che c'è di strano
                  non siamo più vicini
                  ma ancora ci pensiamo.
                  Sembriamo due cretini.
                  Un po' mi fa star bene sapere che non ti rivedrò.
                  Però vorrei sapere dove sei
                  e se ti manco un po'.
                  Desiderarsi troppo può essere un miraggio.
                  Assomigliarsi troppo può essere un disastro.
                  Le cose belle sono sempre di passaggio.
                  Adesso che ci penso
                  sapevo che toccarti era stare in mare aperto
                  sapevo che baciarti era acqua nel deserto.
                  Intreccio un po' di fame d'aria e di speranza
                  non può far male così tanto
                  una persona a cui hai donato amore
                  e chi ti è stata accanto.
                  Quando si soffre si torna un po' bambini
                  e penso a tutti i calci che non ci siamo dati
                  e penso a tutti i posti dove non siamo stati
                  e penso che tutti ne sanno più di me.
                  Non mi capirai mai mi dicevi
                  ma io ti capivo e tu lo sapevi.
                  Non mi va di provare ad essere forte.
                  Di fare promesse che non so mantenere.
                  Non mi va di guardarmi dentro
                  di sentirmi speciale.
                  E se urli troppo forte tu
                  a me va via la voce.
                  E se stai male tu
                  ho quella sensazione
                  che se ti chiedono: che hai?
                  Poi non lo sai spiegare.
                  Vorrei dimenticarti, però non lo so fare.
                  Ma poi che c'è di strano.
                  Sicuramente sei felice.
                  Cancelleremo tutto.
                  Le sere senza uscire
                  i baci sopra gli occhi
                  e graffi sulla schiena
                  che ci facevano impazzire.
                  E gli altri non lo sanno
                  quello che siamo stati.
                  Ma che ne sanno gli altri
                  cosa vuol dire amarsi
                  amarsi fino a perdersi.
                  Ma che ne sanno gli altri
                  cosa vuol dire aversi.
                  Quand'è impossibile distrarsi.
                  Quand'è impossibile dimenticarsi.
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