Poesie d'Autore migliori


Scritta da: Mauro Barazzuol
in Poesie (Poesie d'Autore)
I ragazzi che si amano si baciano in piedi
contro le porte della notte
e i passanti che passano li segnano a dito
ma i ragazzi che si amano
non ci sono per nessuno
ed è la loro ombra soltanto
che trema nella notte
stimolando la rabbia dei passanti
la loro rabbia il loro disprezzo le risa la loro invidia
I ragazzi che si amano non ci sono per nessuno
essi sono altrove molto più lontano della notte
molto più in alto del giorno
nell'abbagliante splendore del loro primo amore.
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    Scritta da: Marilù Rossi
    in Poesie (Poesie d'Autore)
    È difficile per i veri amanti
    imparare a giacere senza abbracci né baci
    senza un bisbiglio, senza un sospiro, muti
    ciascuno scaldandosi alla gloria dell'altro.
    Non sottovalutiamo le braccia e le labbra
    quali garanzie rinnovate di costanza,
    né la parola, comunicazione necessaria
    se i cuori oppressi brancolano nel buio.
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      Scritta da: Silvana Stremiz
      in Poesie (Poesie d'Autore)

      Barbara

      Ricordati Barbara
      Pioveva senza tregua quel giorno su Brest
      E tu camminavi sorridente
      Raggiante rapita grondante
      Sotto la pioggia
      Ricordati Barbara
      Pioveva senza tregua su Brest
      E t'ho incontrata in rue de Siam
      Tu sorridevi
      E sorridevo anch'io
      Ricordati Barbara
      Tu che io non conoscevo
      Tu che non mi conoscevi
      Ricordati
      Ricordati comunque di quel giorno
      Non dimenticare
      Un uomo si riparava sotto un portico
      E ha gridato il tuo nome
      Barbara
      E tu sei corsa incontro a lui sotto la pioggia
      Grondante rapita raggiante
      Gettandoti tra le sue braccia
      Ricordati di questo Barbara
      E non volermene se ti do del tu
      Io do del tu a tutti quelli che amo
      Anche se non li ho visti che una sola volta
      Io do del tu a tutti quelli che si amano
      Anche se non li conosco
      Ricordati Barbara
      Non dimenticare
      Questa pioggia buona e felice
      Sul tuo viso felice
      Su questa città felice
      Questa pioggia sul mare
      Sull'arsenale
      Sul battello d'Ouessant
      Oh Barbara
      Che cazzata la guerra
      E cosa sei diventata adesso
      Sotto questa pioggia di ferro
      Di fuoco acciaio sangue
      E lui che ti stringeva fra le braccia
      Amorosamente
      E forse morto disperso o invece
      Vive ancora
      Oh Barbara
      Piove senza tregua su Brest
      Come pioveva prima
      Ma non è più così e tutto si è guastato
      È una pioggia di morte desolata e crudele
      Non è nemmeno più bufera
      Di ferro acciaio sangue
      Ma solamente nuvole
      Che schiattano come cani
      Come cani che spariscono
      Seguendo la corrente su Brest
      E scappano lontano da Brest
      Dove non c'è più niente.
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        Scritta da: Silvana Stremiz
        in Poesie (Poesie d'Autore)

        La cavalla storna

        Nella Torre il silenzio era già alto.
        Sussurravano i pioppi del Rio Salto.
        I cavalli normanni alle lor poste
        frangean la biada con rumor di croste.
        Là in fondo la cavalla era, selvaggia,
        nata tra i pini su la salsa spiaggia;
        che nelle froge avea del mar gli spruzzi
        ancora, e gli urli negli orecchi aguzzi.
        Con su la greppia un gomito, da essa
        era mia madre; e le dicea sommessa:
        "O cavallina, cavallina storna,
        che portavi colui che non ritorna;
        tu capivi il suo cenno ed il suo detto!
        Egli ha lasciato un figlio giovinetto;
        il primo d'otto tra miei figli e figlie;
        e la sua mano non toccò mai briglie.
        Tu che ti senti ai fianchi l'uragano,
        tu dai retta alla sua piccola mano.
        Tu ch'hai nel cuore la marina brulla,
        tu dai retta alla sua voce fanciulla".
        La cavalla volgea la scarna testa
        verso mia madre, che dicea più mesta:
        "O cavallina, cavallina storna,
        che portavi colui che non ritorna;
        lo so, lo so, che tu l'amavi forte!
        Con lui c'eri tu sola e la sua morte.
        O nata in selve tra l'ondate e il vento,
        tu tenesti nel cuore il tuo spavento;
        sentendo lasso nella bocca il morso,
        nel cuor veloce tu premesti il corso:
        adagio seguitasti la tua via,
        perché facesse in pace l'agonia... "
        La scarna lunga testa era daccanto
        al dolce viso di mia madre in pianto.
        "O cavallina, cavallina storna,
        che portavi colui che non ritorna;
        oh! Due parole egli dové pur dire!
        E tu capisci, ma non sai ridire.
        Tu con le briglie sciolte tra le zampe,
        con dentro gli occhi il fuoco delle vampe,
        con negli orecchi l'eco degli scoppi,
        seguitasti la via tra gli alti pioppi:
        lo riportavi tra il morir del sole,
        perché udissimo noi le sue parole".
        Stava attenta la lunga testa fiera.
        Mia madre l'abbracciò su la criniera
        "O cavallina, cavallina storna,
        portavi a casa sua chi non ritorna!
        A me, chi non ritornerà più mai!
        Tu fosti buona... Ma parlar non sai!
        Tu non sai, poverina; altri non osa.
        Oh! ma tu devi dirmi una cosa!
        Tu l'hai veduto l'uomo che l'uccise:
        esso t'è qui nelle pupille fise.
        Chi fu? Chi è? Ti voglio dire un nome.
        E tu fa cenno. Dio t'insegni, come".
        Ora, i cavalli non frangean la biada:
        dormian sognando il bianco della strada.
        La paglia non battean con l'unghie vuote:
        dormian sognando il rullo delle ruote.
        Mia madre alzò nel gran silenzio un dito:
        disse un nome... Sonò alto un nitrito.
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          Scritta da: Barbara Brussa
          in Poesie (Poesie d'Autore)

          Veleggio come un'ombra

          Veleggio come un'ombra
          nel sonno del giorno
          e senza sapere
          mi riconosco come tanti
          schierata su un altare
          per essere mangiata da chissà chi.
          Io penso che l'inferno
          sia illuminato di queste stesse
          strane lampadine.
          Vogliono cibarsi della mia pena
          perché la loro forse
          non s'addormenta mai.
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            Scritta da: Silvana Stremiz
            in Poesie (Poesie d'Autore)

            Edge

            The woman is perfected.
            Her dead
            Body wears the smile of accomplishment,
            The illusion of a Greek necessity
            Flows in the scrolls of her toga,
            Her bare
            Feet seem to be saying:
            We have come so far, it is over.
            Each dead child coiled, a white serpent,
            One at each little
            Pitcher of milk, now empty.
            She has folded
            Them back into her body as petals
            Of a rose close when the garden
            Stiffens and odors bleed
            From the sweet, deep throats of the night flower.
            The moon has nothing to be sad about,
            Staring from her hood of bone.
            She is used to this sort of thing.
            Her blacks crackle and drag.
            Orlo
            -Sylvia Plath

            La donna è a perfezione.
            Il suo morto

            Corpo ha il sorriso del compimento,
            un'illusione di greca necessità

            scorre lungo i drappeggi della sua toga,
            i suoi nudi

            piedi sembran dire:
            abbiamo tanto camminato, è finita.

            Si sono rannicchiati i morti infanti ciascuno
            come un bianco serpente a una delle due piccole

            tazze del latte, ora vuote.
            Lei li ha riavvolti

            Dentro il suo corpo come petali
            di una rosa richiusa quando il giardino

            s'intorpidisce e sanguinano odori
            dalle dolci, profonde gole del fiore della notte.

            Niente di cui rattristarsi ha la luna
            che guarda dal suo cappuccio d'osso.

            A certe cose è ormai abituata.
            Crepitano, si tendono le sue macchie nere.
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              Scritta da: Silvana Stremiz
              in Poesie (Poesie d'Autore)
              Se proprio devi odiarmi
              fallo ora,
              ora che il mondo è intento
              a contrastare ciò che faccio,
              unisciti all'ostilità della fortuna,
              piegami
              non essere l'ultimo colpo
              che arriva all'improvviso
              Ah quando il mio cuore
              avrà superato questa tristezza.
              Non essere la retroguardia
              di un dolore ormai vinto
              non far seguire ad una notte ventosa
              un piovoso mattino
              non far indugiare un rigetto già deciso.
              Se vuoi lasciarmi
              non lasciarmi per ultimo
              quando altri dolori meschini
              avran fatto il loro danno
              ma vieni per primo
              così che io assaggi fin dall'inizio
              il peggio della forza del destino
              e le altri dolenti note
              che ora sembrano dolenti
              smetteranno di esserlo
              di fronte la tua perdita.
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                in Poesie (Poesie d'Autore)

                il mio amico William

                Il mio amico William è un uomo fortunato:
                non ha abbastanza immaginazione per soffrire.

                Ha conservato il suo primo impiego,
                la sua prima moglie.

                È capace di guidare per 50.000 miglia
                senza una frenata.

                Balla come un cigno
                e ha gli occhi più belli e inespressivi
                che ci siano da El Paso fino a qui.

                Il suo giardino è un paradiso,
                i tacchi delle sue scarpe sono sempre allo stesso livello
                e la sua stretta di mano è vigorosa.

                La gente gli vuol bene.

                Quando il mio amico William morirà
                non sarà certo di cancro o di pazzia,

                passerà davanti al diavolo
                per andare in paradiso.

                Stasera lo vedrete alla festa
                sorridere
                davanti al suo Martini

                beato e contento
                mentre qualcuno
                gli chiava la moglie
                nel bagno.
                Composta mercoledì 25 settembre 2013
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                  Scritta da: Andrea De Candia
                  in Poesie (Poesie d'Autore)

                  L'odio

                  Guardate com'è sempre efficiente,
                  come si mantiene in forma
                  nel nostro secolo l'odio.
                  Con quanta facilità supera gli ostacoli.
                  Come gli è facile avventarsi, agguantare.

                  Non è come gli altri sentimenti.
                  Insieme più vecchio e più giovane di loro.
                  Da solo genera le cause
                  che lo fanno nascere.
                  Se si addormenta, il suo non è mai un sonno eterno.
                  L'insonnia non lo indebolisce, ma lo rafforza.

                  Religione o non religione -
                  purché ci si inginocchi per il via.
                  Patria o no -
                  purché si scatti alla partenza.
                  Anche la giustizia va bene all'inizio.
                  Poi corre tutto solo.
                  L'odio. L'odio.
                  Una smorfia di estasi amorosa
                  gli deforma il viso.

                  Oh, quegli altri sentimenti -
                  malaticci e fiacchi.
                  Da quando la fratellanza
                  può contare sulle folle?
                  La compassione è mai
                  giunta prima al traguardo?
                  Il dubbio quanti volenterosi trascina?
                  Lui solo trascina, che sa il fatto suo.

                  Capace, sveglio, molto laborioso.
                  Occorre dire quanti canzoni ha composto?
                  Quante pagine ha scritto nei libri di storia?
                  Quanti tappeti umani ha disteso
                  su quante piazze, stadi?

                  Diciamoci la verità:
                  sa creare bellezza.
                  Splendidi i suoi bagliori nella notte nera.
                  Magnifiche le nubi degli scoppi nell'alba rosata.
                  Innegabile è il pathos delle rovine
                  e l'umorismo grasso
                  della colonna che vigorosa le sovrasta.

                  è un maestro del contrasto
                  tra fracasso e silenzio,
                  tra sangue rosso e neve bianca.
                  E soprattutto non lo annoia mai
                  il motivo del lindo carnefice
                  sopra la vittima insozzata.

                  In ogni istante è pronto a nuovi compiti.
                  Se deve aspettare, aspetterà.
                  Lo dicono cieco. Cieco?
                  Ha la vista acuta del cecchino
                  e guarda risoluto al futuro
                  - lui solo.
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