Poesie d'Autore migliori


Scritta da: Mario Biasiotti
in Poesie (Poesie d'Autore)
Se saprai starmi vicino,
e potremo essere diversi,
se il sole illuminerà entrambi
senza che le nostre ombre si sovrappongano,
se riusciremo ad essere "noi" in mezzo al mondo
e insieme al mondo, piangere, ridere, vivere.

Se ogni giorno sarà scoprire quello che siamo
e non il ricordo di come eravamo,
se sapremo darci l'un l'altro
senza sapere chi sarà il primo e chi l'ultimo
se il tuo corpo canterà con il mio perché insieme è gioia...

Allora sarà amore
e non sarà stato vano aspettarsi tanto.
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    in Poesie (Poesie d'Autore)
    Dai il meglio di te
    Se fai il bene, ti attribuiranno
    secondi fini egoistici
    non importa, fa il bene.
    Se realizzi i tuoi obiettivi,
    troverai falsi amici e veri nemici
    non importa realizzali.
    Il bene che fai verrà domani
    dimenticato.
    Non importa fa il bene
    L'onestà e la sincerità ti
    rendono vulnerabile
    non importa, sii franco
    e onesto.
    Dà al mondo il meglio di te, e ti
    prenderanno a calci.
    Non importa, dà il meglio di te.
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      in Poesie (Poesie d'Autore)
      Demoni e meraviglie
      Venti e maree
      Lontano di già si è ritirato il mare
      E tu
      Come alga dolcemente accarezzata dal vento
      Nella sabbia del tuo letto ti agiti sognando
      Demoni e meraviglie
      Venti e maree
      Lontano di già si è ritirato il mare
      Ma nei tuoi occhi socchiusi
      Due piccole onde son rimaste
      Demoni e meraviglie
      Venti e maree
      Due piccole onde per annegarmi.
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        Scritta da: Silvana Stremiz
        in Poesie (Poesie d'Autore)
        Se tu dovessi venire in autunno
        mi leverei di torno l'estate
        con un gesto stizzito ed un sorrisetto,
        come fa la massaia con la mosca.

        Se entro un anno potessi rivederti,
        avvolgerei in gomitoli i mesi,
        per poi metterli in cassetti separati -
        per paura che i numeri si mescolino.

        Se mancassero ancora alcuni secoli,
        li conterei ad uno ad uno sulla mano -
        sottraendo, finché non mi cadessero
        le dita nella terra della Tasmania.

        Se fossi certa che, finita questa vita,
        io e te vivremo ancora -
        come una buccia la butterei lontano -
        e accetterei l'eternità all'istante.

        Ma ora, incerta della dimensione
        di questa che sta in mezzo,
        la soffro come l'ape-spiritello
        che non preannuncia quando pungerà.
        (dedicata a F. )
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          Scritta da: Irin Supertramp
          in Poesie (Poesie d'Autore)
          Hai detto tutto questo
          Certo, ho detto tutto questo.
          Cosa vuoi? Voglio bruciare.
          Perché?
          Perché sono infiammabile, sono
          serio.
          Hai detto tutto questo...
          Certo, ho detto tutto questo.
          Non sai cosa vuoi
          E dici che la vita non è abbastanza.
          La vita non è abbastanza.
          Allora cos'è abbastanza?
          Sentire... altrimenti muoio.
          Cosa proverai?
          Il fuoco.
          Allora vai avanti e brucia.
          Ma la vita non è in fiamme.
          Allora muori.
          Fisicamente?

          Sì. Irriverenza.
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            Scritta da: Andrea De Candia
            in Poesie (Poesie d'Autore)

            Ad ognuno un giorno

            A ognuno un giorno muore un proprio caro,
            tra l'essere e il non essere
            è costretto a scegliere il secondo.

            È duro riconoscere che è un fatto banale,
            incluso nel corso degli eventi,
            conforme a procedura,

            prima o poi inserito nell'ordine del giorno,
            della sera, della notte, di un pallido mattino;

            scontato come una voce dell'indice,
            come un paragrafo del codice,
            come una data qualsiasi
            del calendario.

            Ma è il diritto e il rovescio della natura.
            Il suo omen e amen distribuiti a caso.
            La sua casistica e la sua onnipotenza.

            Solo ogni tanto
            ci mostra un po' di cortesia -
            i nostri cari morti
            ce li butta nei sogni.
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              Scritta da: Silvana Stremiz
              in Poesie (Poesie d'Autore)

              Il Risorgimento

              Credei ch'al tutto fossero
              In me, sul fior degli anni,
              Mancati i dolci affanni
              Della mia prima età:
              I dolci affanni, i teneri
              Moti del cor profondo,
              Qualunque cosa al mondo
              Grato il sentir ci fa.

              Quante querele e lacrime
              Sparsi nel novo stato,
              Quando al mio cor gelato
              Prima il dolor mancò!
              Mancàr gli usati palpiti,
              L'amor mi venne meno,
              E irrigidito il seno
              Di sospirar cessò!

              Piansi spogliata, esanime
              Fatta per me la vita
              La terra inaridita,
              Chiusa in eterno gel;
              Deserto il dì; la tacita
              Notte più sola e bruna;
              Spenta per me la luna,
              Spente le stelle in ciel.

              Pur di quel pianto origine
              Era l'antico affetto:
              Nell'intimo del petto
              Ancor viveva il cor.
              Chiedea l'usate immagini
              La stanca fantasia;
              E la tristezza mia
              Era dolore ancor.

              Fra poco in me quell'ultimo
              Dolore anco fu spento,
              E di più far lamento
              Valor non mi restò.
              Giacqui: insensato, attonito,
              Non dimandai conforto:
              Quasi perduto e morto,
              Il cor s'abbandonò.

              Qual fui! Quanto dissimile
              Da quel che tanto ardore,
              Che sì beato errore
              Nutrii nell'alma un dì!
              La rondinella vigile,
              Alle finestre intorno
              Cantando al novo giorno,
              Il cor non mi ferì:

              Non all'autunno pallido
              In solitaria villa,
              La vespertina squilla,
              Il fuggitivo Sol.
              Invan brillare il vespero
              Vidi per muto calle,
              Invan sonò la valle
              Del flebile usignol.

              E voi, pupille tenere,
              Sguardi furtivi, erranti,
              Voi dè gentili amanti
              Primo, immortale amor,
              Ed alla mano offertami
              Candida ignuda mano,
              Foste voi pure invano
              Al duro mio sopor.

              D'ogni dolcezza vedovo,
              Tristo; ma non turbato,
              Ma placido il mio stato,
              Il volto era seren.
              Desiderato il termine
              Avrei del viver mio;
              Ma spento era il desio
              Nello spossato sen.

              Qual dell'età decrepita
              L'avanzo ignudo e vile,
              Io conducea l'aprile
              Degli anni miei così:
              Così quegl'ineffabili
              Giorni, o mio cor, traevi,
              Che sì fugaci e brevi
              Il cielo a noi sortì.

              Chi dalla grave, immemore
              Quiete or mi ridesta?
              Che virtù nova è questa,
              Questa che sento in me?
              Moti soavi, immagini,
              Palpiti, error beato,
              Per sempre a voi negato
              Questo mio cor non è?

              Siete pur voi quell'unica
              Luce dè giorni miei?
              Gli affetti ch'io perdei
              Nella novella età?
              Se al ciel, s'ai verdi margini,
              Ovunque il guardo mira,
              Tutto un dolor mi spira,
              Tutto un piacer mi dà.

              Meco ritorna a vivere
              La piaggia, il bosco, il monte;
              Parla al mio core il fonte,
              Meco favella il mar.
              Chi mi ridona il piangere
              Dopo cotanto obblio?
              E come al guardo mio
              Cangiato il mondo appar?

              Forse la speme, o povero
              Mio cor, ti volse un riso?
              Ahi della speme il viso
              Io non vedrò mai più.
              Proprii mi diede i palpiti,
              Natura, e i dolci inganni.
              Sopiro in me gli affanni
              L'ingenita virtù;

              Non l'annullàr: non vinsela
              Il fato e la sventura;
              Non con la vista impura
              L'infausta verità.
              Dalle mie vaghe immagini
              So ben ch'ella discorda:
              So che natura è sorda,
              Che miserar non sa.

              Che non del ben sollecita
              Fu, ma dell'esser solo:
              Purché ci serbi al duolo,
              Or d'altro a lei non cal.
              So che pietà fra gli uomini
              Il misero non trova;
              Che lui, fuggendo, a prova
              Schernisce ogni mortal.

              Che ignora il tristo secolo
              Gl'ingegni e le virtudi;
              Che manca ai degni studi
              L'ignuda gloria ancor.
              E voi, pupille tremule,
              Voi, raggio sovrumano,
              So che splendete invano,
              Che in voi non brilla amor.

              Nessuno ignoto ed intimo
              Affetto in voi non brilla:
              Non chiude una favilla
              Quel bianco petto in sé.
              Anzi d'altrui le tenere
              Cure suol porre in gioco;
              E d'un celeste foco
              Disprezzo è la mercè.

              Pur sento in me rivivere
              Gl'inganni aperti e noti;
              E, dè suoi proprii moti
              Si maraviglia il sen.
              Da te, mio cor, quest'ultimo
              Spirto, e l'ardor natio,
              Ogni conforto mio
              Solo da te mi vien.

              Mancano, il sento, all'anima
              Alta, gentile e pura,
              La sorte, la natura,
              Il mondo e la beltà.
              Ma se tu vivi, o misero,
              Se non concedi al fato,
              Non chiamerò spietato
              Chi lo spirar mi dà.
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                Scritta da: Cheope
                in Poesie (Poesie d'Autore)

                Infinità d'amore

                Se ancor non ho tutto l'amore tuo,
                cara, giammai tutto l'avrò;
                non posso esalare un altro sospiro per intenerirti,
                né posso implorare un'altra lacrima a che sgorghi;
                ormai tutto il tesoro che avevo per acquistarti
                - sospiri, lacrime, e voti e lettere - l'ho consumato.
                Eppure non può essermi dovuto
                più di quanto fu inteso alla stipulazione del contratto;
                se allora il tuo dono d'amore fu parziale,
                si che parte a me toccasse, parte ad altri,
                cara giammai tutta ti avrò

                Ma se allora tu mi cedesti tutto,
                quel tutto non fu che il tutto di cui allora tu disponevi;
                ma se nel cuore tuo, in seguito, sia stato o sarà
                generato amor nuovo, ad opera di altri,
                che ancor possiedono intatte le lor sostanze, e possono di lacrime,
                di sospiri, di voti, di lettere, fare offerte maggiori,
                codesto amore nuovo può produrre nuove ansie,
                poiché codesto amore non fu da te impegnato.
                Eppur lo fu, dacché la tua donazione fu totale:
                il terreno, cioè il tuo cuore, è mio; quanto ivi cresca,
                cara, dovrebbe tutto spettare a me.

                Tuttavia ancor non vorrei avere tutto;
                chi tutto ha non può aver altro,
                e dacché il mio amore ammette quotidianamente
                nuovo accrescimento, tu dovresti avere in serbo nuove ricompense;
                tu non puoi darmi ogni giorno il tuo cuore:
                se puoi darlo, vuol dire che non l'hai mai dato.
                il paradosso d'amore consiste nel fatto che, sebbene il tuo cuore si diparta,
                tuttavia rimane, e tu col perderlo lo conservi.
                Ma noi terremo un modo più liberale
                di quello di scambiar cuori: li uniremo; così saremo
                un solo essere, e il Tutto l'un dell'altro.
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