Poesie d'Autore migliori


Scritta da: Marilù Rossi
in Poesie (Poesie d'Autore)
È difficile per i veri amanti
imparare a giacere senza abbracci né baci
senza un bisbiglio, senza un sospiro, muti
ciascuno scaldandosi alla gloria dell'altro.
Non sottovalutiamo le braccia e le labbra
quali garanzie rinnovate di costanza,
né la parola, comunicazione necessaria
se i cuori oppressi brancolano nel buio.
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    Scritta da: Silvana Stremiz
    in Poesie (Poesie d'Autore)

    Barbara

    Ricordati Barbara
    Pioveva senza tregua quel giorno su Brest
    E tu camminavi sorridente
    Raggiante rapita grondante
    Sotto la pioggia
    Ricordati Barbara
    Pioveva senza tregua su Brest
    E t'ho incontrata in rue de Siam
    Tu sorridevi
    E sorridevo anch'io
    Ricordati Barbara
    Tu che io non conoscevo
    Tu che non mi conoscevi
    Ricordati
    Ricordati comunque di quel giorno
    Non dimenticare
    Un uomo si riparava sotto un portico
    E ha gridato il tuo nome
    Barbara
    E tu sei corsa incontro a lui sotto la pioggia
    Grondante rapita raggiante
    Gettandoti tra le sue braccia
    Ricordati di questo Barbara
    E non volermene se ti do del tu
    Io do del tu a tutti quelli che amo
    Anche se non li ho visti che una sola volta
    Io do del tu a tutti quelli che si amano
    Anche se non li conosco
    Ricordati Barbara
    Non dimenticare
    Questa pioggia buona e felice
    Sul tuo viso felice
    Su questa città felice
    Questa pioggia sul mare
    Sull'arsenale
    Sul battello d'Ouessant
    Oh Barbara
    Che cazzata la guerra
    E cosa sei diventata adesso
    Sotto questa pioggia di ferro
    Di fuoco acciaio sangue
    E lui che ti stringeva fra le braccia
    Amorosamente
    E forse morto disperso o invece
    Vive ancora
    Oh Barbara
    Piove senza tregua su Brest
    Come pioveva prima
    Ma non è più così e tutto si è guastato
    È una pioggia di morte desolata e crudele
    Non è nemmeno più bufera
    Di ferro acciaio sangue
    Ma solamente nuvole
    Che schiattano come cani
    Come cani che spariscono
    Seguendo la corrente su Brest
    E scappano lontano da Brest
    Dove non c'è più niente.
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      Scritta da: Silvana Stremiz
      in Poesie (Poesie d'Autore)

      La cavalla storna

      Nella Torre il silenzio era già alto.
      Sussurravano i pioppi del Rio Salto.
      I cavalli normanni alle lor poste
      frangean la biada con rumor di croste.
      Là in fondo la cavalla era, selvaggia,
      nata tra i pini su la salsa spiaggia;
      che nelle froge avea del mar gli spruzzi
      ancora, e gli urli negli orecchi aguzzi.
      Con su la greppia un gomito, da essa
      era mia madre; e le dicea sommessa:
      "O cavallina, cavallina storna,
      che portavi colui che non ritorna;
      tu capivi il suo cenno ed il suo detto!
      Egli ha lasciato un figlio giovinetto;
      il primo d'otto tra miei figli e figlie;
      e la sua mano non toccò mai briglie.
      Tu che ti senti ai fianchi l'uragano,
      tu dai retta alla sua piccola mano.
      Tu ch'hai nel cuore la marina brulla,
      tu dai retta alla sua voce fanciulla".
      La cavalla volgea la scarna testa
      verso mia madre, che dicea più mesta:
      "O cavallina, cavallina storna,
      che portavi colui che non ritorna;
      lo so, lo so, che tu l'amavi forte!
      Con lui c'eri tu sola e la sua morte.
      O nata in selve tra l'ondate e il vento,
      tu tenesti nel cuore il tuo spavento;
      sentendo lasso nella bocca il morso,
      nel cuor veloce tu premesti il corso:
      adagio seguitasti la tua via,
      perché facesse in pace l'agonia... "
      La scarna lunga testa era daccanto
      al dolce viso di mia madre in pianto.
      "O cavallina, cavallina storna,
      che portavi colui che non ritorna;
      oh! Due parole egli dové pur dire!
      E tu capisci, ma non sai ridire.
      Tu con le briglie sciolte tra le zampe,
      con dentro gli occhi il fuoco delle vampe,
      con negli orecchi l'eco degli scoppi,
      seguitasti la via tra gli alti pioppi:
      lo riportavi tra il morir del sole,
      perché udissimo noi le sue parole".
      Stava attenta la lunga testa fiera.
      Mia madre l'abbracciò su la criniera
      "O cavallina, cavallina storna,
      portavi a casa sua chi non ritorna!
      A me, chi non ritornerà più mai!
      Tu fosti buona... Ma parlar non sai!
      Tu non sai, poverina; altri non osa.
      Oh! ma tu devi dirmi una cosa!
      Tu l'hai veduto l'uomo che l'uccise:
      esso t'è qui nelle pupille fise.
      Chi fu? Chi è? Ti voglio dire un nome.
      E tu fa cenno. Dio t'insegni, come".
      Ora, i cavalli non frangean la biada:
      dormian sognando il bianco della strada.
      La paglia non battean con l'unghie vuote:
      dormian sognando il rullo delle ruote.
      Mia madre alzò nel gran silenzio un dito:
      disse un nome... Sonò alto un nitrito.
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        Scritta da: Silvana Stremiz
        in Poesie (Poesie d'Autore)

        Edge

        The woman is perfected.
        Her dead
        Body wears the smile of accomplishment,
        The illusion of a Greek necessity
        Flows in the scrolls of her toga,
        Her bare
        Feet seem to be saying:
        We have come so far, it is over.
        Each dead child coiled, a white serpent,
        One at each little
        Pitcher of milk, now empty.
        She has folded
        Them back into her body as petals
        Of a rose close when the garden
        Stiffens and odors bleed
        From the sweet, deep throats of the night flower.
        The moon has nothing to be sad about,
        Staring from her hood of bone.
        She is used to this sort of thing.
        Her blacks crackle and drag.
        Orlo
        -Sylvia Plath

        La donna è a perfezione.
        Il suo morto

        Corpo ha il sorriso del compimento,
        un'illusione di greca necessità

        scorre lungo i drappeggi della sua toga,
        i suoi nudi

        piedi sembran dire:
        abbiamo tanto camminato, è finita.

        Si sono rannicchiati i morti infanti ciascuno
        come un bianco serpente a una delle due piccole

        tazze del latte, ora vuote.
        Lei li ha riavvolti

        Dentro il suo corpo come petali
        di una rosa richiusa quando il giardino

        s'intorpidisce e sanguinano odori
        dalle dolci, profonde gole del fiore della notte.

        Niente di cui rattristarsi ha la luna
        che guarda dal suo cappuccio d'osso.

        A certe cose è ormai abituata.
        Crepitano, si tendono le sue macchie nere.
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          Scritta da: Silvana Stremiz
          in Poesie (Poesie d'Autore)
          Se proprio devi odiarmi
          fallo ora,
          ora che il mondo è intento
          a contrastare ciò che faccio,
          unisciti all'ostilità della fortuna,
          piegami
          non essere l'ultimo colpo
          che arriva all'improvviso
          Ah quando il mio cuore
          avrà superato questa tristezza.
          Non essere la retroguardia
          di un dolore ormai vinto
          non far seguire ad una notte ventosa
          un piovoso mattino
          non far indugiare un rigetto già deciso.
          Se vuoi lasciarmi
          non lasciarmi per ultimo
          quando altri dolori meschini
          avran fatto il loro danno
          ma vieni per primo
          così che io assaggi fin dall'inizio
          il peggio della forza del destino
          e le altri dolenti note
          che ora sembrano dolenti
          smetteranno di esserlo
          di fronte la tua perdita.
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            in Poesie (Poesie d'Autore)
            Non aspettare di finire l'università,
            di innamorarti,
            di trovare lavoro,
            di sposarti,
            di avere figli,
            di vederli sistemati,
            di perdere quei dieci chili,
            che arrivi il venerdì sera o la domenica mattina,
            la primavera,
            l'estate,
            l'autunno o l'inverno.
            Non c'è momento migliore di questo per essere felice.
            La felicità è un percorso, non una destinazione.
            Lavora come se non avessi bisogno di denaro,
            ama come se non ti avessero mai ferito e balla, come se non ti vedesse nessuno.
            Ricordati che la pelle avvizzisce,
            i capelli diventano bianchi e i giorni diventano anni.
            Ma l'importante non cambia: la tua forza e la tua convinzione non hanno età.
            Il tuo spirito è il piumino che tira via qualsiasi ragnatela.
            Dietro ogni traguardo c'è una nuova partenza.
            Dietro ogni risultato c'è un'altra sfida. Finché sei vivo, sentiti vivo.
            Vai avanti, anche quando tutti si aspettano che lasci perdere.
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              in Poesie (Poesie d'Autore)

              il mio amico William

              Il mio amico William è un uomo fortunato:
              non ha abbastanza immaginazione per soffrire.

              Ha conservato il suo primo impiego,
              la sua prima moglie.

              È capace di guidare per 50.000 miglia
              senza una frenata.

              Balla come un cigno
              e ha gli occhi più belli e inespressivi
              che ci siano da El Paso fino a qui.

              Il suo giardino è un paradiso,
              i tacchi delle sue scarpe sono sempre allo stesso livello
              e la sua stretta di mano è vigorosa.

              La gente gli vuol bene.

              Quando il mio amico William morirà
              non sarà certo di cancro o di pazzia,

              passerà davanti al diavolo
              per andare in paradiso.

              Stasera lo vedrete alla festa
              sorridere
              davanti al suo Martini

              beato e contento
              mentre qualcuno
              gli chiava la moglie
              nel bagno.
              Composta mercoledì 25 settembre 2013
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                Scritta da: Andrea De Candia
                in Poesie (Poesie d'Autore)

                L'odio

                Guardate com'è sempre efficiente,
                come si mantiene in forma
                nel nostro secolo l'odio.
                Con quanta facilità supera gli ostacoli.
                Come gli è facile avventarsi, agguantare.

                Non è come gli altri sentimenti.
                Insieme più vecchio e più giovane di loro.
                Da solo genera le cause
                che lo fanno nascere.
                Se si addormenta, il suo non è mai un sonno eterno.
                L'insonnia non lo indebolisce, ma lo rafforza.

                Religione o non religione -
                purché ci si inginocchi per il via.
                Patria o no -
                purché si scatti alla partenza.
                Anche la giustizia va bene all'inizio.
                Poi corre tutto solo.
                L'odio. L'odio.
                Una smorfia di estasi amorosa
                gli deforma il viso.

                Oh, quegli altri sentimenti -
                malaticci e fiacchi.
                Da quando la fratellanza
                può contare sulle folle?
                La compassione è mai
                giunta prima al traguardo?
                Il dubbio quanti volenterosi trascina?
                Lui solo trascina, che sa il fatto suo.

                Capace, sveglio, molto laborioso.
                Occorre dire quanti canzoni ha composto?
                Quante pagine ha scritto nei libri di storia?
                Quanti tappeti umani ha disteso
                su quante piazze, stadi?

                Diciamoci la verità:
                sa creare bellezza.
                Splendidi i suoi bagliori nella notte nera.
                Magnifiche le nubi degli scoppi nell'alba rosata.
                Innegabile è il pathos delle rovine
                e l'umorismo grasso
                della colonna che vigorosa le sovrasta.

                è un maestro del contrasto
                tra fracasso e silenzio,
                tra sangue rosso e neve bianca.
                E soprattutto non lo annoia mai
                il motivo del lindo carnefice
                sopra la vittima insozzata.

                In ogni istante è pronto a nuovi compiti.
                Se deve aspettare, aspetterà.
                Lo dicono cieco. Cieco?
                Ha la vista acuta del cecchino
                e guarda risoluto al futuro
                - lui solo.
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