Poesie d'Autore migliori


Scritta da: Mario Biasiotti
in Poesie (Poesie d'Autore)
Se saprai starmi vicino,
e potremo essere diversi,
se il sole illuminerà entrambi
senza che le nostre ombre si sovrappongano,
se riusciremo ad essere "noi" in mezzo al mondo
e insieme al mondo, piangere, ridere, vivere.

Se ogni giorno sarà scoprire quello che siamo
e non il ricordo di come eravamo,
se sapremo darci l'un l'altro
senza sapere chi sarà il primo e chi l'ultimo
se il tuo corpo canterà con il mio perché insieme è gioia...

Allora sarà amore
e non sarà stato vano aspettarsi tanto.
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    Scritta da: Silvana Stremiz
    in Poesie (Poesie d'Autore)

    Il Risorgimento

    Credei ch'al tutto fossero
    In me, sul fior degli anni,
    Mancati i dolci affanni
    Della mia prima età:
    I dolci affanni, i teneri
    Moti del cor profondo,
    Qualunque cosa al mondo
    Grato il sentir ci fa.

    Quante querele e lacrime
    Sparsi nel novo stato,
    Quando al mio cor gelato
    Prima il dolor mancò!
    Mancàr gli usati palpiti,
    L'amor mi venne meno,
    E irrigidito il seno
    Di sospirar cessò!

    Piansi spogliata, esanime
    Fatta per me la vita
    La terra inaridita,
    Chiusa in eterno gel;
    Deserto il dì; la tacita
    Notte più sola e bruna;
    Spenta per me la luna,
    Spente le stelle in ciel.

    Pur di quel pianto origine
    Era l'antico affetto:
    Nell'intimo del petto
    Ancor viveva il cor.
    Chiedea l'usate immagini
    La stanca fantasia;
    E la tristezza mia
    Era dolore ancor.

    Fra poco in me quell'ultimo
    Dolore anco fu spento,
    E di più far lamento
    Valor non mi restò.
    Giacqui: insensato, attonito,
    Non dimandai conforto:
    Quasi perduto e morto,
    Il cor s'abbandonò.

    Qual fui! Quanto dissimile
    Da quel che tanto ardore,
    Che sì beato errore
    Nutrii nell'alma un dì!
    La rondinella vigile,
    Alle finestre intorno
    Cantando al novo giorno,
    Il cor non mi ferì:

    Non all'autunno pallido
    In solitaria villa,
    La vespertina squilla,
    Il fuggitivo Sol.
    Invan brillare il vespero
    Vidi per muto calle,
    Invan sonò la valle
    Del flebile usignol.

    E voi, pupille tenere,
    Sguardi furtivi, erranti,
    Voi dè gentili amanti
    Primo, immortale amor,
    Ed alla mano offertami
    Candida ignuda mano,
    Foste voi pure invano
    Al duro mio sopor.

    D'ogni dolcezza vedovo,
    Tristo; ma non turbato,
    Ma placido il mio stato,
    Il volto era seren.
    Desiderato il termine
    Avrei del viver mio;
    Ma spento era il desio
    Nello spossato sen.

    Qual dell'età decrepita
    L'avanzo ignudo e vile,
    Io conducea l'aprile
    Degli anni miei così:
    Così quegl'ineffabili
    Giorni, o mio cor, traevi,
    Che sì fugaci e brevi
    Il cielo a noi sortì.

    Chi dalla grave, immemore
    Quiete or mi ridesta?
    Che virtù nova è questa,
    Questa che sento in me?
    Moti soavi, immagini,
    Palpiti, error beato,
    Per sempre a voi negato
    Questo mio cor non è?

    Siete pur voi quell'unica
    Luce dè giorni miei?
    Gli affetti ch'io perdei
    Nella novella età?
    Se al ciel, s'ai verdi margini,
    Ovunque il guardo mira,
    Tutto un dolor mi spira,
    Tutto un piacer mi dà.

    Meco ritorna a vivere
    La piaggia, il bosco, il monte;
    Parla al mio core il fonte,
    Meco favella il mar.
    Chi mi ridona il piangere
    Dopo cotanto obblio?
    E come al guardo mio
    Cangiato il mondo appar?

    Forse la speme, o povero
    Mio cor, ti volse un riso?
    Ahi della speme il viso
    Io non vedrò mai più.
    Proprii mi diede i palpiti,
    Natura, e i dolci inganni.
    Sopiro in me gli affanni
    L'ingenita virtù;

    Non l'annullàr: non vinsela
    Il fato e la sventura;
    Non con la vista impura
    L'infausta verità.
    Dalle mie vaghe immagini
    So ben ch'ella discorda:
    So che natura è sorda,
    Che miserar non sa.

    Che non del ben sollecita
    Fu, ma dell'esser solo:
    Purché ci serbi al duolo,
    Or d'altro a lei non cal.
    So che pietà fra gli uomini
    Il misero non trova;
    Che lui, fuggendo, a prova
    Schernisce ogni mortal.

    Che ignora il tristo secolo
    Gl'ingegni e le virtudi;
    Che manca ai degni studi
    L'ignuda gloria ancor.
    E voi, pupille tremule,
    Voi, raggio sovrumano,
    So che splendete invano,
    Che in voi non brilla amor.

    Nessuno ignoto ed intimo
    Affetto in voi non brilla:
    Non chiude una favilla
    Quel bianco petto in sé.
    Anzi d'altrui le tenere
    Cure suol porre in gioco;
    E d'un celeste foco
    Disprezzo è la mercè.

    Pur sento in me rivivere
    Gl'inganni aperti e noti;
    E, dè suoi proprii moti
    Si maraviglia il sen.
    Da te, mio cor, quest'ultimo
    Spirto, e l'ardor natio,
    Ogni conforto mio
    Solo da te mi vien.

    Mancano, il sento, all'anima
    Alta, gentile e pura,
    La sorte, la natura,
    Il mondo e la beltà.
    Ma se tu vivi, o misero,
    Se non concedi al fato,
    Non chiamerò spietato
    Chi lo spirar mi dà.
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      in Poesie (Poesie d'Autore)
      Buongiorno a te
      che sono tre minuti che sei sveglia
      ma è già da un'ora che rifletti.
      Che questa notte hai chiuso gli occhi
      ma senza riposare.
      Ed hai il caffè che fuma sopra il tavolo.
      Buongiorno a te.
      Che di motivi per fermarti
      eccome se ne avresti.
      E invece no.
      Tu hai scelto di lottare.
      Di non scappare.
      Da questa vita che non ha risposte
      e a volte ti fa male.
      Buongiorno a te
      che ti rimbocchi occhi e cuore.
      E nonostante tutto.
      Ti dedichi ogni giorno la tua dolcezza.
      Il tuo coraggio.
      Il tuo sorriso migliore.
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        Scritta da: Silvana Stremiz
        in Poesie (Poesie d'Autore)
        Se tu dovessi venire in autunno
        mi leverei di torno l'estate
        con un gesto stizzito ed un sorrisetto,
        come fa la massaia con la mosca.

        Se entro un anno potessi rivederti,
        avvolgerei in gomitoli i mesi,
        per poi metterli in cassetti separati -
        per paura che i numeri si mescolino.

        Se mancassero ancora alcuni secoli,
        li conterei ad uno ad uno sulla mano -
        sottraendo, finché non mi cadessero
        le dita nella terra della Tasmania.

        Se fossi certa che, finita questa vita,
        io e te vivremo ancora -
        come una buccia la butterei lontano -
        e accetterei l'eternità all'istante.

        Ma ora, incerta della dimensione
        di questa che sta in mezzo,
        la soffro come l'ape-spiritello
        che non preannuncia quando pungerà.
        (dedicata a F. )
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          Scritta da: Cheope
          in Poesie (Poesie d'Autore)

          Infinità d'amore

          Se ancor non ho tutto l'amore tuo,
          cara, giammai tutto l'avrò;
          non posso esalare un altro sospiro per intenerirti,
          né posso implorare un'altra lacrima a che sgorghi;
          ormai tutto il tesoro che avevo per acquistarti
          - sospiri, lacrime, e voti e lettere - l'ho consumato.
          Eppure non può essermi dovuto
          più di quanto fu inteso alla stipulazione del contratto;
          se allora il tuo dono d'amore fu parziale,
          si che parte a me toccasse, parte ad altri,
          cara giammai tutta ti avrò

          Ma se allora tu mi cedesti tutto,
          quel tutto non fu che il tutto di cui allora tu disponevi;
          ma se nel cuore tuo, in seguito, sia stato o sarà
          generato amor nuovo, ad opera di altri,
          che ancor possiedono intatte le lor sostanze, e possono di lacrime,
          di sospiri, di voti, di lettere, fare offerte maggiori,
          codesto amore nuovo può produrre nuove ansie,
          poiché codesto amore non fu da te impegnato.
          Eppur lo fu, dacché la tua donazione fu totale:
          il terreno, cioè il tuo cuore, è mio; quanto ivi cresca,
          cara, dovrebbe tutto spettare a me.

          Tuttavia ancor non vorrei avere tutto;
          chi tutto ha non può aver altro,
          e dacché il mio amore ammette quotidianamente
          nuovo accrescimento, tu dovresti avere in serbo nuove ricompense;
          tu non puoi darmi ogni giorno il tuo cuore:
          se puoi darlo, vuol dire che non l'hai mai dato.
          il paradosso d'amore consiste nel fatto che, sebbene il tuo cuore si diparta,
          tuttavia rimane, e tu col perderlo lo conservi.
          Ma noi terremo un modo più liberale
          di quello di scambiar cuori: li uniremo; così saremo
          un solo essere, e il Tutto l'un dell'altro.
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            Scritta da: Andrew Ricooked
            in Poesie (Poesie d'Autore)

            Fuori posto

            Brucia all'inferno
            questa parte di me che non si trova bene in nessun posto
            mentre le altre persone trovano cose
            da fare
            nel tempo che hanno
            posti dove andare
            insieme
            cose da
            dirsi.

            Io sto
            bruciando all'inferno
            da qualche parte nel nord del Messico.
            Qui i fiori non crescono.

            Non sono come
            gli altri
            gli altri sono come
            gli altri.

            Si assomigliano tutti:
            si riuniscano
            si ritrovano
            si accalcano
            sono
            allegri e soddisfatti
            e io sto
            bruciando all'inferno.

            Il mio cuore ha mille anni.
            Non sono come
            gli altri.
            Morirei nei loro prati da picnic
            soffocato dalle loro bandiere
            indebolito dalle loro canzoni
            non amato dai loro soldati
            trafitto dal loro umorismo
            assassinato dalle loro preoccupazioni.

            Non sono come
            gli altri.
            Io sto
            bruciando all'inferno.

            L'inferno di
            me stesso.
            Composta domenica 3 gennaio 2010
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              Scritta da: Dario Pautasso
              in Poesie (Poesie d'Autore)

              La morte si fuma i miei sigari

              Sai com'è: sono qui ubriaco ancora
              una volta
              e ascolto Chajkovskij
              alla radio.
              Gesù, lo sentivo quarantasette anni
              fa
              quando ero uno scrittore morto di fame
              ed eccolo qui
              di nuovo
              ora io sono uno scrittore con un po'
              di successo
              e la morte va
              su e giù
              per questa stanza
              e si fuma i miei sigari
              beve qualche sorso del mio
              vino
              mentre il vecchio Pietro continua a darci dentro
              con la sua "Patetica",
              ho fatto un bel pezzo di strada
              e se ho avuto fortuna è
              perché ho tirato bene
              i dadi:
              ho fatto la fame per l'arte, ho fatto la fame per
              riuscire a guadagnare cinque dannati minuti, cinque ore,
              cinque giorni,
              volevo soltanto buttare giù qualche
              frase,
              il successo, il denaro non importavano:
              io volevo scrivere
              e loro volevano che stessi alla pressa meccanica,
              in fabbrica alla catena di montaggio
              volevano che facessi il fattorino in un
              grande magazzino.

              Bè, dice la morte, passandomi accanto,
              ti prenderò comunque,
              non importa quello che sei stato:
              scrittore, tassista, pappone, macellaio,
              paracadutista acrobatico, io ti
              prenderò...
              okay, baby, le dico io.
              Adesso ci beviamo qualcosa insieme
              mentre l'una di notte diventano
              le due
              e lei solo sa
              quando verrà il
              momento, ma oggi sono
              riuscito a fregarla: mi sono preso
              altri cinque dannati minuti
              e molto di
              più.
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                Scritta da: Dario Pautasso
                in Poesie (Poesie d'Autore)

                Stile

                Lo stile è una risposta a tutto.
                un nuovo modo di affrontare un giorno noioso o pericoloso
                fare una cosa noiosa con stile è meglio che fare una cosa pericolosa senza stile.
                fare una cosa pericolosa con stile è ciò che io chiamo arte.
                La corrida può essere arte
                Boxare può essere arte.
                Amare può essere arte.
                Aprire una scatola di sardine può essere arte.
                Non molti hanno stile.
                Non molti possono mantenere lo stile.
                Ho visto cani con più stile degli uomini,
                Sebbene non molti cani abbiano stile.
                I gatti ne hanno in abbondanza.

                Quando Hemingway si è fatto saltare le cervella con un fucile, quello era stile.
                Alcune persone ti insegnano lo stile.
                Giovanna d'Arco aveva stile.
                Giovanni il Battista.
                Gesù
                Socrate.
                Cesare.
                García Lorca.
                In prigione ho conosciuto uomini con stile.
                Ho conosciuto più uomini con stile in prigione che fuori di prigione.
                Lo stile è una differenza, un modo di fare, un modo di esser fatto.
                Sei aironi tranquilli in uno specchio d'acqua, o tu, mentre esci dal bagno nuda senza
                vedermi.
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