Poesie d'Autore migliori


Scritta da: Elisa Iacobellis
in Poesie (Poesie d'Autore)
I ricordi, un inutile infinito,
Ma soli e uniti contro il mare, intatto
In mezzo a rantoli infiniti...

Il mare,
Voce d'una grandezza libera,
Ma innocenza nemica nei ricordi,
Rapido a cancellare le orme dolci
D'un pensiero fedele...

Il mare, le sue blandizie accidiose
Quanto feroci e quanto, quanto attese,
E nella loro agonia,
Presente sempre, rinnovata sempre,
Nel vigile pensiero l'agonia...

I ricordi,
Il riversarsi vano
di sabbia che si muove
Senza pesare sulla sabbia,
Echi brevi protratti,
Senza voci echi degli addii
A minuti che parvero felici...
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    Scritta da: Silvana Stremiz
    in Poesie (Poesie d'Autore)

    Il sole e la lucerna

    In mezzo ad uno scampanare fioco
    sorse e batté su taciturne case
    il sole, e trasse d'ogni vetro il fuoco.
    C'era ad un vetro tuttavia, rossastro
    un lumicino. Ed ecco il sol lo invase,
    lo travolse in un gran folgorìo d'astro.
    E disse, il sole: - Atomo fumido! Io
    guardo, e tu fosti. - A lui l'umile fiamma:
    - Ma questa notte tu non c'eri, o dio;
    e un malatino vide la sua mamma
    alla mia luce, fin che tu sei sorto.
    Oh! grande sei, ma non ti vede: è morto! -
    E poi, guizzando appena:
    - Chiedeva te! Che tosse!
    Voleva te! Che pena!
    Tu ricordavi al cuore
    suo le farfalle rosse
    su le ginestre in fiore!
    Io stavo lì da parte...
    gli rammentavo sere
    lunghe di veglia e carte
    piene di righe nere!
    Stavo velata e trista,
    per fargli il ben non vista. -.
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      Scritta da: Silvana Stremiz
      in Poesie (Poesie d'Autore)

      Meriggiare pallido e assorto

      Meriggiare pallido e assorto
      presso un rovente muro d'orto,
      ascoltare tra i pruni e gli sterpi
      schiocchi di merli, frusci di serpi.

      Nelle crepe del suolo o su la veccia
      spiar le file di rosse formiche
      ch'ora si rompono ed ora s'intrecciano
      a sommo di minuscole biche.

      Osservare tra frondi il palpitare
      lontano di scaglie di mare
      mentre si levano tremuli scricchi
      di cicale dai calvi picchi.

      E andando nel sole che abbaglia
      sentire con triste meraviglia
      com'è tutta la vita e il suo travaglio
      in questo seguitare una muraglia
      che ha in cima cocci aguzzi di bottiglia.
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        Scritta da: Silvana Stremiz
        in Poesie (Poesie d'Autore)

        Dovrei paragonarti ad un giorno d'estate? (Sonetto 18)

        Dovrei paragonarti ad un giorno d'estate?
        Tu sei ben più raggiante e mite:
        venti furiosi scuotono le tenere gemme di maggio
        e il corso dell'estate ha vita troppo breve:
        talvolta troppo cocente splende l'occhio del cielo
        e spesso il suo volto d'oro si rabbuia
        e ogni bello talvolta da beltà si stacca,
        spoglio dal caso o dal mutevol corso di natura.
        Ma la tua eterna estate non dovrà sfiorire
        nè perdere possesso del bello che tu hai;
        nè morte vantarsi che vaghi nella sua ombra,
        perché al tempo contrasterai la tua eternità:
        finché ci sarà un respiro od occhi per vedere
        questi versi avranno luce e ti daranno vita.
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          Scritta da: Silvana Stremiz
          in Poesie (Poesie d'Autore)

          L'Infinito

          Sempre caro mi fu quest'ermo colle,
          e questa siepe, che da tanta parte
          dell'ultimo orizzonte il guardo esclude.
          Ma sedendo e mirando, interminati
          spazi di là da quella, e sovrumani
          silenzi, e profondissima quiete
          io nel pensier mi fingo; ove per poco
          il cor non si spaura. E come il vento
          odo stormir tra queste piante, io quello
          infinito silenzio a questa voce
          vo comparando: e mi sovvien l'eterno,
          e le morte stagioni, e la presente
          e viva, e il suon di lei. Così tra questa
          immensità s'annega il pensier mio:
          e il naufragar m'è dolce in questo mare.
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            Scritta da: Silvana Stremiz
            in Poesie (Poesie d'Autore)

            L'Azzurro

            Del sempiterno azzurro la serena ironia
            Perséguita, indolente e bella come i fiori,
            Il poeta impotente di genio e di follia
            Attraverso un deserto sterile di Dolori.

            Fuggendo, gli occhi chiusi, io lo sento che scruta
            Intensamente, come un rimorso atterrante,
            L'anima vuota. Dove fuggire? E quale cupa
            Notte gettare a brani sul suo spregio straziante?

            Nebbie, salite! Ceneri e monotoni veli
            Versate, ad annegare questi autunni fangosi,
            Lunghi cenci di bruma per i lividi cieli
            Ed alzate soffitti immensi e silenziosi!

            E tu, esci dai morti stagni letei e porta
            Con te la verde melma e i pallidi canneti,
            Caro Tedio, per chiudere con una mano accorta
            I grandi buchi azzurri degli uccelli crudeli.

            Ed ancora! Che senza sosta i tristi camini
            Fùmino, e di caligine una prigione errante
            Estingua nell'orrore dei suoi neri confini
            Il sole ormai morente giallastro all'orizzonte!

            -Il cielo è morto. - A te, materia, accorro! Dammi
            L'oblio dell'Ideale crudele e del Peccato:
            Questo martire viene a divider lo strame
            Dove il gregge degli uomini felice è coricato.

            Io voglio, poiché infine il mio cervello, vuoto
            Come il vaso d'unguento gettato lungo il muro,
            Più non sa agghindare il pensiero stentato,
            Lugubre sbadigliare verso un trapasso oscuro…

            Invano! Ecco trionfa l'Azzurro nella gloria
            Delle campane. Anima, ecco, voce diventa
            Per più farci paura con malvagia vittoria,
            Ed esce azzurro angelus dal metallo vivente!

            Si espande tra la nebbia, antico ed attraversa
            La tua agonia nativa, come un gladio sicuro:
            Dove andare, in rivolta inutile e perversa?
            Mia ossessione. Azzurro! Azzurro! Azzurro! Azzurro!
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              Scritta da: Silvana Stremiz
              in Poesie (Poesie d'Autore)

              An die Melancholie / Alla malinconia

              Zum Wein, zu Freunden bin ich dir entflohn,
              Da mir vor deinem dunklen Auge graute,
              In Liebesarmen und beim Kiang der Laute
              Vergaß ich dich, dein ungetreuer Sohn.

              Du aber gingest mir verschwiegen nach
              Und warst im Wein, den ich verzweifelt zechte,
              Warst in der Schwüle meiner Liebesnächte
              Und warest noch im Hohn, den ich dir sprach.

              Nun kühlst du die erschöpften Glieder mir
              Und hast mein Haupt in deinen Schoß genommen,
              Da ich von meinen Fahrten heimgekommen:
              Denn all mein Irren war ein Weg zu dir.


              Fuggendo da te mi sono dato ad amici e vino,
              perché dei tuoi occhi oscuri avevo paura,
              e nelle braccia dell'amore ed ascoltando il liuto
              ti dimenticai, io tuo figlio infedele.

              Tu però in silenzio mi seguivi,
              ed eri nel vino che disperato bevevo,
              ed eri nel calore delle mie notti d'amore,
              ed eri anche nello scherno, che t'esprimevo.

              Ora mi rinfreschi le mie membra sfinite
              ed accolto hai nel tuo grembo il mio capo,
              ora che dai miei viaggi son tornato:
              tutto il mio vagare dunque era un cammino verso di te.
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                Scritta da: mor-joy
                in Poesie (Poesie d'Autore)

                E ti vengo a cercare

                E ti vengo a cercare
                anche solo per vederti o parlare
                perché ho bisogno della tua presenza
                per capire meglio la mia essenza.
                Questo sentimento popolare
                nasce da meccaniche divine
                un rapimento mistico e sensuale
                mi imprigiona a te.
                Dovrei cambiare l'oggetto dei miei desideri
                non accontentarmi di piccole gioie quotidiane
                fare come un eremita
                che rinuncia a sé.
                E ti vengo a cercare
                con la scusa di doverti parlare
                perché mi piace ciò che pensi e che dici
                perché in te vedo le mie radici.
                Questo secolo oramai alla fine
                saturo di parassiti senza dignità
                mi spinge solo ad essere migliore
                con più volontà.
                Emanciparmi dall'incubo delle passioni
                cercare l'Uno al di sopra del Bene e del Male
                essere un'immagine divina
                di questa realtà.
                E ti vengo a cercare
                perché sto bene con te
                perché ho bisogno della tua presenza.
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                  Scritta da: Alessandro Rossini
                  in Poesie (Poesie d'Autore)

                  Le cose che fanno la domenica

                  L'odore caldo del pane che si cuoce dentro il forno.
                  Il canto del gallo nel pollaio.
                  Il gorgheggio dei canarini alle finestre.
                  L'urto dei secchi contro il pozzo e il cigolìo della puleggia.
                  La biancheria distesa nel prato.
                  Il sole sulle soglie.
                  La tovaglia nuova nella tavola.
                  Gli specchi nelle camere.
                  I fiori nei bicchieri.
                  Il girovago che fa piangere la sua armonica.
                  Il grido dello spazzacamino.
                  L'elemosina.
                  La neve.
                  Il canale gelato.
                  Il suono delle campane.
                  Le donne vestite di nero.
                  Le comunicanti.
                  Il suono bianco e nero del pianoforte.
                  Le suore bianche bendate come ferite.
                  I preti neri.
                  I ricoverati grigi.
                  L'azzurro del cielo sereno.
                  Le passeggiate degli amanti.
                  Le passeggiate dei malati.
                  Lo stormire degli alberi.
                  I gatti bianchi contro i vetri.
                  Il prillare delle rosse ventarole.
                  Lo sbattere delle finestre e delle porte.
                  Le bucce d'oro degli aranci sul selciato.
                  I bambini che giuocano nei viali al cerchio.
                  Le fontane aperte nei giardini.
                  Gli aquiloni librati sulle case.
                  I soldati che fanno la manovra azzurra.
                  I cavalli che scalpitano sulle pietre.
                  Le fanciulle che vendono le viole.
                  Il pavone che apre la ruota sopra la scalèa rossa.
                  Le colombe che tubano sul tetto.
                  I mandorli fioriti nel convento.
                  Gli oleandri rosei nei vestibuli.
                  Le tendine bianche che si muovono al vento.
                  Composta domenica 18 ottobre 2015
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                    in Poesie (Poesie d'Autore)
                    Accetterò il tuo caos.
                    Non cercherò di fare ordine
                    e mettere equilibrio.
                    Dovrai restare così.
                    Imperfetta e unica.
                    Semplice e bellissima.
                    Porterò poesia nelle tue stanze buie.
                    Ho così tante paure
                    che ormai le ho smesse di contare.
                    Non mi spaventano le tue.
                    Non passi un bel periodo, lo so.
                    Sei così stanca
                    che ormai nascondi il cuore
                    per paura che la felicità lo trovi.
                    E poi finisca chissà dove.
                    Lo so.
                    Dove ti trovi fa un freddo micidiale.
                    Ci sono stato anch'io.
                    E non ti va di uscirne fuori.
                    E invece no.
                    Devi rischiare.
                    Lasciami entrare.
                    Ci penso io a ricordarti
                    a che miracolo appartieni.
                    Vieni via da lì.
                    Ricominciamo insieme
                    da dove ti sei persa.
                    Da dove non riesci più a tornare.
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