Poesie d'Autore migliori


Scritta da: Elisa Iacobellis
in Poesie (Poesie d'Autore)

Il sogno

Per nessun altro, amore, avrei spezzato
questo beato sogno.
Buon tema per la ragione,
troppo forte per la fantasia.
Sei stata saggia a svegliarmi. E tuttavia
tu non spezzi il mio sogno, lo prolunghi.
Tu così vera che pensarti basta
per fare veri i sogni e storia le favole.
Entra tra queste braccia. Se ti sembrò
più giusto per me non sognare tutto il sogno,
ora viviamo il resto.

Come un lampo o un bagliore di candela
i tuoi occhi, non già il rumore, mi destarono.
Così (poiché tu ami il vero)
io ti credetti sulle prime un angelo.
Ma quando vidi che mi vedevi in cuore,
che conoscevi i miei pensieri meglio di un angelo,
quando interpretasti il sogno, sapendo
che la troppa gioia mi avrebbe destato
e venisti, devo confessare
che sarebbe stato sacrilegio crederti altro da te.

Il venire, il restare ti rivelò: tu sola.
Ma ora che ti allontani
dubito che tu non sia più tu.
Debole quell'amore di cui più forte è la paura,
e non è tutto spirito limpido e valoroso
se è misto di timore, di pudore, di onore.
Forse, come le torce
sono prima accese e poi spente, così tu fai con me.
Venisti per accendermi, vai per venire. E io
sognerò nuovamente
quella speranza, ma per non morire.
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    Scritta da: Silvana Stremiz
    in Poesie (Poesie d'Autore)

    Autobiografia (1962)

    Sono nato nel 1902
    non sono più tornato
    nella città natale
    non amo i ritorni indietro
    quando avevo tre anni
    abitavo Alep
    con mio nonno pascià
    a 19 anni studiavo a Mosca
    all'università comunista
    a 49 ero a Mosca di nuovo
    ospite del comitato centrale
    del partito comunista
    e dall'età di 14 anni
    faccio il poeta
    alcuni conoscon bene le varie specie
    delle piante altri quelle dei pesci
    io conosco le separazioni
    alcuni enumerano a memoria i nomi
    delle stelle io delle nostalgie
    ho dormito in prigioni e anche in alberghi di lusso
    ho sofferto la fame compreso lo sciopero della fame
    e non c'è quasi pietanza
    che non abbia assaggiata
    quando avevo trent'anni hanno chiesto
    la mia impiccagione
    a 48 mi hanno proposto
    per la medaglia della Pace
    e me l'hanno data
    a 36 ho traversato in sei mesi
    i quattro metri quadrati
    di cemento
    della segregazione cellulare
    a 59 sono volato
    da Praga all'Avana
    in diciotto ore
    ero di guardia davanti alla bara di Lenin nel '24
    e il mausoleo che visito sono i suoi libri
    han provato a strapparmi dal mio Partito
    e non ci son riusciti
    e non sono rimasto schiacciato
    sotto gl'idoli crollati
    nel 51 con un giovane compagno
    ho camminato verso la morte
    nel 52 col cuore spaccato ho atteso la morte
    per quattro mesi sdraiato sul dorso
    sono stato pazzamente geloso delle donne ch'ho amato
    non ho invidiato nemmeno Charlot
    ho ingannato le mie donne
    non ho sparlato degli amici
    dietro le loro spalle
    ho bevuto ma non sono stato un bevitore
    ho sempre guadagnato il mio pane
    col sudore della mia fronte
    che felicità
    mi sono vergognato per gli altri e ho mentito
    ho mentito per non far pena agli altri
    ma ho anche mentito
    senza nessun motivo
    ho viaggiato in treno in areoplano in macchina
    i più non possono farlo
    sono stato all'Opera
    i più non ci vanno non sanno
    nemmeno che cosa sia
    e dal '21 non sono entrato
    in certi luoghi frequentati dai più
    la moschea la sinagoga la chiesa
    il tempio i maghi le fattucchiere
    ma mi è capitato
    di far leggere la mia sorte
    nei fondi di caffè
    le mie poesie sono pubblicate
    in trenta o quaranta lingue
    ma nella mia Turchia
    nella mia lingua turca
    sono proibite
    il cancro non l'ho ancora avuto
    non è necessario che l'abbia
    non sarò primo ministro
    d'altronde non ne ho voglia
    anche non ho fatto la guerra
    non sono sceso nei ricoveri
    nel mezzo della notte
    non ho camminato per le vie
    sotto gli aerei in picchiata
    ma verso i sessant'anni mi sono innamorato
    in una parola compagni
    anche se oggi a Berlino sono sul punto
    di crepar di tristezza
    posso dire di aver vissuto
    da uomo
    e quanto vivrò ancora
    e quanto vedrò ancora
    chi sa.
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      Scritta da: Edoardo Grimoldi
      in Poesie (Poesie d'Autore)

      Spleen

      Quando basso e pesante il cielo grava
      Come un coperchio al gemebondo spirito
      Preda di lunghe accidie, e a noi, abbracciando
      Tutto il cerchio dell'orizzonte, versa
      Un buio lume, più triste che notte;
      Quando la terra si trasforma in umido
      Carcere dove la Speranza, come
      Un pipistrello, se ne va sbattendo
      Contro i muri la sua timida ala,
      Urtando il capo a putridi soffitti;
      Quando la pioggia, stendendo le sue
      Immense strisce, imita le sbarre
      D'una vasta prigione, e un muto popolo
      Di ragni infami al fondo del cervello
      Viene a tenderci le sue reti, - a un tratto
      Campane erompono furiose e lanciano
      Verso il cielo uno spaventoso urlo,
      Come spiriti erranti e senza patria
      Che diano in gemiti, ostinatamente.
      E dei lunghi, funerei cortei
      Vanno sfilando nell'anima mia
      Senza tamburi né musica, lenti.
      È in lacrime, ormai vinta, la Speranza;
      L'atroce Angoscia mi pianta, dispotica,
      Sul cranio chino il suo vessillo nero.
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        Scritta da: Silvana Stremiz
        in Poesie (Poesie d'Autore)

        Il corvo

        Era una cupa mezzanotte e mentre stanco meditavo

        Su bizzarri volumi di un sapere remoto,

        Mentre, il capo reclino, mi ero quasi assopito,

        D'improvviso udii bussare leggermente alla porta.

        "C'è qualcuno" mi dissi " che bussa alla mia porta

        Solo questo e nulla più. "

        Ah, ricordo chiaramente quel dicembre desolato,

        Dalle braci morenti scorgevo i fantasmi al suolo.

        Bramavo il giorno e invano domandavo ai miei libri

        Un sollievo al dolore per la perduta Lenore,

        La rara radiosa fanciulla che gli angeli chiamano Lenore

        E che nessuno, qui, chiamerà mai più.

        E al serico, triste, incerto fruscio delle purpuree tende

        Rabbrividivo, colmo di assurdi tenori inauditi,

        Ebbene ripetessi, per acquietare i battiti del cuore:

        "È qualcuno alla porta, che chiede di entrare,

        Qualcuno attardato, che mi chiede di entrare.

        Ecco: è questo e nulla più"

        Poi mi feci coraggio e senza più esitare

        "Signore, " dissi "o Signora, vi prego, perdonatemi,

        Ma ero un po' assopito ed il vostro lieve tocco,

        Il vostro così debole bussare mi ha fatto dubitare

        Di avervi veramente udito". Qui spalancai la porta:

        C'erano solo tenebre e nulla più. "

        Nelle tenebre a lungo, gli occhi fissi in profondo,

        Stupefatto, impaurito sognai sogni che mai

        Si era osato sognare: ma nessuno violò

        Quel silenzio e soltanto una voce, la mia,

        Bisbigliò la parola "Lenore" e un eco rispose:

        "Lenore". Solo quello e nulla più.

        Rientrai nella mia stanza, l'anima che bruciava.

        Ma ben presto, di nuovo, si udì battere fuori,

        E più forte di prima. "Certo" dissi "è qualcosa

        Proprio alla mia finestra: esplorerò il mistero,

        Renderò pace al cuore, esplorerò il mistero.

        Ma è solo il vento, nulla più. "

        Allora spalancai le imposte e sbattendo le ali

        Entrò un Corvo maestoso dei santi tempi antichi

        Che non fece un inchino, né si fermò un istante.

        E con aria di dame o di gran gentiluomo

        Si appollaiò su un busto di Palladie sulla porta

        Si posò, si sedette, e nulla più.

        Poi quell'uccello d'ebano, col suo austero decoro,

        Indusse ad un sorriso le mie fantasie meste,

        "Perché" dissi "rasata sia la tua cresta, un vile

        Non sei, orrido, antico Corvo venuto da notturne rive.

        Qual è il tuo nome nobile sulle plutonie rive? "

        Disse il Corvo: "Mai più".

        Ma quel corvo posato solitario sul placido busto,

        Come se tutta l'anima versasse in quelle parole,

        Altro non disse, immobile, senza agitare piuma,

        Finché non mormorai: "Altri amici di già sono volati via:

        Lui se ne andrà domani, volando con le mie speranze"

        Allora disse il Corvo: "Mai più".

        Trasalii al silenzio interrotto da un dire tanto esatto,

        "Parole" mi dissi "che sono la sua scorta sottratta

        A un padrone braccato dal Disastro, perseguitato

        Finché un solo ritornello non ebbe i suoi canti,

        Un ritornello cupo, i canti funebri della sua speranza:

        Mai, mai più".

        Rasserenando ancora il Corvo le mie fantasie,

        Sospinsi verso di lui, verso quel busto e la porta,

        Una poltrona dove affondai tra fantasie diverse,

        Pensando cosa mai l'infausto uccello del tempo antico.

        Cosa mai quel sinistro, infausto e torvo anomale antico

        Potesse voler dire gracchiando "Mai più".

        Sedevo in congetture senza dire parola

        All'uccello i cui occhi di fuoco mi ardevano in cuore;

        Cercavo di capire, chino il capo sul velluto

        Dei cuscini dove assidua la lampada occhieggiava,

        Sul viola del velluto dove la lampada luceva

        E che purtroppo Lei non premerà mai più.

        Parve più densa l'aria, profumata da un occulto

        Turibolo, oscillato da leggeri serafini

        Tintinnanti sul tappeto. "Infelice" esclamai "Dio ti manda

        Un nepente dagli angeli a lenire il ricordo di Lei,

        Dunque bevilo e dimentica la perduta tua Lenore! "

        Disse il Corvo "Mai più".

        "Profeta, figlio del male e tuttavia profeta, se uccello

        Tu sei o demonio, se il maligno" io dissi "ti manda

        O la tempesta, desolato ma indomito su una deserta landa

        Incantata, in questa casa inseguita dall'Onore,

        Io ti imploro, c'è un balsamo, dimmi, un balsamo in Galaad? "

        Disse il Corvo: "Mai più".

        "Profeta, figlio del male e tuttavia profeta, se uccello

        Tu sei o demonio, per il Cielo che si china su noi,

        Per il Dio che entrambi adoriamo, dì a quest'anima afflitta

        Se nell'Eden lontano riavrà quella santa fanciulla,

        La rara raggiante fanciulla che gli angeli chiamano Lenore".

        Disse il Corvo: "Mai più".

        "Siano queste parole d'addio" alzandomi gridai

        "uccello o creatura del male, ritorna alla tempesta,

        Alle plutonie rive e non lasciare una sola piuma in segno

        Della tua menzogna. Intatta lascia la mia solitudine,

        Togli il becco dal mio cuore e la tua figura dalla porta"

        Disse il Corvo: "Mai più".

        E quel Corvo senza un volo siede ancora, siede ancora

        Sul pallido busto di Pallade sulla mia porta.

        E sembrano i suoi occhi quelli di un diavolo sognante

        E la luce della lampada getta a terra la sua ombra.

        E l'anima mia dall'ombra che galleggia sul pavimento

        Non si solleverà "Mai più" mai più.
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          in Poesie (Poesie d'Autore)

          Io non mi sento italiano

          L'Italia è una repubblica democratica fondata... sulla pasta!

          Io G. G. sono nato e vivo a Milano.
          Io non mi sento italiano
          ma per fortuna o purtroppo lo sono.

          Mi scusi Presidente
          non è per colpa mia
          ma questa nostra Patria
          non so che cosa sia.
          Può darsi che mi sbagli
          che sia una bella idea
          ma temo che diventi
          una brutta poesia.
          Mi scusi Presidente
          non sento un gran bisogno
          dell'inno nazionale
          di cui un po' mi vergogno.
          In quanto ai calciatori
          non voglio giudicare
          i nostri non lo sanno
          o hanno più pudore.

          Io non mi sento italiano
          ma per fortuna o purtroppo lo sono.

          Mi scusi Presidente
          se arrivo all'impudenza
          di dire che non sento
          alcuna appartenenza.
          E tranne Garibaldi
          e altri eroi gloriosi
          non vedo alcun motivo
          per essere orgogliosi.
          Mi scusi Presidente
          ma ho in mente il fanatismo
          delle camicie nere
          al tempo del fascismo.
          Da cui un bel giorno nacque
          questa democrazia
          che a farle i complimenti
          ci vuole fantasia.

          Io non mi sento italiano
          ma per fortuna o purtroppo lo sono.

          Questo bel Paese
          pieno di poesia
          ha tante pretese
          ma nel nostro mondo occidentale
          è la periferia.

          Mi scusi Presidente
          ma questo nostro Stato
          che voi rappresentate
          mi sembra un po' sfasciato.
          È anche troppo chiaro
          agli occhi della gente
          che tutto è calcolato
          e non funziona niente.
          Sarà che gli italiani
          per lunga tradizione
          son troppo appassionati
          di ogni discussione.
          Persino in parlamento
          c'è un'aria incandescente
          si scannano su tutto
          e poi non cambia niente.

          Io non mi sento italiano
          ma per fortuna o purtroppo lo sono.

          Mi scusi Presidente
          dovete convenire
          che i limiti che abbiamo
          ce li dobbiamo dire.
          Ma a parte il disfattismo
          noi siamo quel che siamo
          e abbiamo anche un passato
          che non dimentichiamo.
          Mi scusi Presidente
          ma forse noi italiani
          per gli altri siamo solo
          spaghetti e mandolini.
          Allora qui mi incazzo
          son fiero e me ne vanto
          gli sbatto sulla faccia
          cos'è il Rinascimento.

          Io non mi sento italiano
          ma per fortuna o purtroppo lo sono.

          Questo bel Paese
          forse è poco saggio
          ha le idee confuse
          ma se fossi nato in altri luoghi
          poteva andarmi peggio.

          Mi scusi Presidente
          ormai ne ho dette tante
          c'è un'altra osservazione
          che credo sia importante.
          Rispetto agli stranieri
          noi ci crediamo meno
          ma forse abbiam capito
          che il mondo è un teatrino.
          Mi scusi Presidente
          lo so che non gioite
          se il grido "Italia, Italia"
          c'è solo alle partite.
          Ma un po' per non morire
          o forse un po' per celia
          abbiam fatto l'Europa
          facciamo anche l'Italia.

          Io non mi sento italiano
          ma per fortuna o purtroppo lo sono.

          Io non mi sento italiano
          ma per fortuna o purtroppo
          per fortuna o purtroppo
          per fortuna
          per fortuna lo sono.
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            in Poesie (Poesie d'Autore)

            La più bella storia d'amore

            L'ultimo suono del tuo addio,
            mi disse che non sapevo nulla
            e che era giunto
            il tempo necessario
            di imparare i perché della materia.

            Così, tra pietra e pietra
            seppi che sommare è unire
            e che sottrarre ci lascia
            soli e vuoti.
            Che i colori riflettono
            l'ingenua volontà dell'occhio.

            Che i solfeggi e i sol
            implorano la fame dell'udito.
            Che le strade e la polvere
            sono la ragione dei passi.

            Che la strada più breve
            fra due punti
            è il cerchio che li unisce
            in un abbraccio sorpreso.

            Che due più due
            può essere un brano di Vivaldi.
            Che i geni amabili
            abitano le bottiglie del buon vino.

            Con tutto questo già appreso
            tornai a disfare l'eco del tuo addio
            e al suo posto palpitante a scrivere
            La Più Bella Storia d'Amore
            ma, come dice l'adagio
            non si finisce mai
            di imparare e di dubitare.

            E così, ancora una volta
            tanto facilmente come nasce una rosa
            o si morde la coda una stella fugace,
            seppi che la mia opera era stata scritta
            perché La Più Bella Storia d'Amore
            è possibile solo
            nella serena e inquietante
            calligrafia dei tuoi occhi.
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              Scritta da: Andrea De Candia
              in Poesie (Poesie d'Autore)

              Del non leggere

              In libreria con l'opera di Proust
              non ti danno un telecomando,
              non puoi cambiare
              sulla partita di calcio
              o sul telequiz con in premio una Volvo.

              Viviamo più a lungo,
              ma con minor esattezza
              e con frasi più brevi.

              Viaggiamo più veloci, più spesso, più lontano
              e torniamo con foto invece di ricordi.
              Qui sono io con uno.
              Là, credo, è il mio ex.
              Qui sono tutti nudi,
              quindi di certo in spiaggia.

              Sette volumi - pietà.
              Non si potrebbe riassumerli, abbreviarli
              o meglio ancora mostrarli in immagini?
              Una volta hanno trasmesso un serial, La bambola,
              ma per mia cognata è di un altro che inizia con la P.

              E poi tra parentesi, chi mai era costui.
              Scriveva, dicono, a letto, per interi anni.
              Un foglio dopo l'altro,
              a velocità ridotta.
              Noi invece andiamo in quinta
              e - toccando ferro - stiamo bene.
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                Scritta da: Alessandro Rossini
                in Poesie (Poesie d'Autore)

                Le cose che fanno la domenica

                L'odore caldo del pane che si cuoce dentro il forno.
                Il canto del gallo nel pollaio.
                Il gorgheggio dei canarini alle finestre.
                L'urto dei secchi contro il pozzo e il cigolìo della puleggia.
                La biancheria distesa nel prato.
                Il sole sulle soglie.
                La tovaglia nuova nella tavola.
                Gli specchi nelle camere.
                I fiori nei bicchieri.
                Il girovago che fa piangere la sua armonica.
                Il grido dello spazzacamino.
                L'elemosina.
                La neve.
                Il canale gelato.
                Il suono delle campane.
                Le donne vestite di nero.
                Le comunicanti.
                Il suono bianco e nero del pianoforte.
                Le suore bianche bendate come ferite.
                I preti neri.
                I ricoverati grigi.
                L'azzurro del cielo sereno.
                Le passeggiate degli amanti.
                Le passeggiate dei malati.
                Lo stormire degli alberi.
                I gatti bianchi contro i vetri.
                Il prillare delle rosse ventarole.
                Lo sbattere delle finestre e delle porte.
                Le bucce d'oro degli aranci sul selciato.
                I bambini che giuocano nei viali al cerchio.
                Le fontane aperte nei giardini.
                Gli aquiloni librati sulle case.
                I soldati che fanno la manovra azzurra.
                I cavalli che scalpitano sulle pietre.
                Le fanciulle che vendono le viole.
                Il pavone che apre la ruota sopra la scalèa rossa.
                Le colombe che tubano sul tetto.
                I mandorli fioriti nel convento.
                Gli oleandri rosei nei vestibuli.
                Le tendine bianche che si muovono al vento.
                Composta domenica 18 ottobre 2015
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